Perché si celebra Pasolini?
Cattiva digestione (della modernità)
Un approfondimento celebrativo dell’Ansa (*) non è sicuramente il modo giusto per approcciarsi a Pasolini, ma
lo è per capire il significato diffuso -
sociologico - di un
preciso fenomeno: quello di un intellettuale romantico - da incasellare tra gli
ottocenteschi avversari della Rivoluzione Industriale - che non poteva non
diventare icona ( o "santino") di una cultura
italiana, prevalentemente antimoderna: cultura che in particolare non ha mai digerito il
progresso economico e sociale italiano post-1945.
Infatti, politicamente, Pasolini
oggi piace ai fascisti, ai comunisti,agli avversari del“materialismo ”,
ai complottisti, agli anticapitalisti. Insomma, agli sconfitti, e giustamente, del Novecento. Che continuano,
come ovvio, ad essere scontenti del secolo troppo breve. Di qui, l’occasione,
per rilanciare, ogni volta, puntando sulla figura aureolata dell’intellettuale pieno di contraddizioni
salutari che aveva “capito tutto ma non aveva le prove”. Il che però, se può
avere a malapena un senso romantico, sul piano politico avalla le posizioni estreme.
Quanto però abbiamo detto (gli
sconfitti, eccetera) non spiega come
mai una grande agenzia stampa quanto di
più ufficiale e rappresentativo dell’establishment italiano, insomma non un sito luddista qualunque, veicoli la vulgata, per farla breve, del Pasolini antimoderno.
Il punto è che le classi
dirigenti italiane (politiche, economiche, intellettuali), salvo qualche
eccezione, non hanno mai del tutto digerito la modernità: si pensi ad
esempio, all’economia, dove ancora si discute dell'importanza di uno stato patriarca,
oppure al mondo della scuola e dell’università, dove privato è tuttora una brutta parola. Ma si pensi anche al faticoso cammino dei diritti civili e delle
stesse istituzioni rappresentative liberali. Un inciso: come gli storici seri ben sanno, non è vero che Pasolini, sbandierasse in
pubblico la sua omosessualità. Si tratta
di una versione postuma ad uso e consumo
dei processi di legittimazione della cultura gay: leggenda comprensibile sul piano della costruzione identitaria (di gruppo) ma non su quello della verità.
Sorprende e addolora ancora oggi, la feroce
avversione di molti intellettuali italiani, in genere di
estrazione cattolica e marxista, tra i
quali Pasolini, verso i processi di
modernizzazione economica, tecnologica, sociale e culturale degli anni Sessanta del secolo
scorso. Certo, esistevano
contraddizioni, ma il Paese, stava finalmente cambiando: si guardava avanti,
con nuova fiducia. Purtroppo, si tratta
di un atteggiamento negativo che persiste: si pensi solo alla campagna della
sinistra, e anche di buona parte del mondo cattolico, contro il diavolo in persona: l “edonismo televisivo berlusconiano”. Battaglia di pura retroguardia che prosegue tuttora nascondendosi dietro la difesa di puro principio della tv pubblica. Difesa, culturalmente a metà strada tra Heidegger e Bernabei.
Ecco, una società di questo tipo,
ancora largamente antimoderna, o comunque contrassegnata da ampie zone grigie, non può non celebrare
mediaticamente, anche a livello ufficiale, Pasolini, che dell’antimodernità fu
alfiere. Il quale, di sicuro, non avrebbe però approvato il matrimonio gay (per
non parlare delle adozioni).
Ma di questo, ovviamente, non si parla.
Carlo Gambescia
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