mercoledì 21 ottobre 2015

Perché si celebra Pasolini?
Cattiva digestione (della modernità)



Un approfondimento celebrativo dell’Ansa (*)  non è sicuramente  il modo  giusto per approcciarsi a Pasolini, ma lo è per capire il  significato diffuso  - sociologico -   di un preciso fenomeno: quello di un intellettuale romantico - da incasellare tra gli ottocenteschi avversari della Rivoluzione Industriale - che non poteva non diventare  icona ( o  "santino")  di una cultura italiana, prevalentemente antimoderna: cultura  che in particolare non ha mai digerito il progresso economico e sociale italiano post-1945.
Infatti, politicamente, Pasolini oggi piace ai fascisti, ai comunisti,agli avversari del“materialismo ”,  ai complottisti, agli anticapitalisti. Insomma, agli sconfitti, e giustamente, del Novecento. Che continuano, come ovvio, ad essere scontenti del secolo troppo breve. Di qui, l’occasione, per rilanciare,  ogni volta,  puntando sulla figura aureolata   dell’intellettuale pieno di contraddizioni salutari che aveva “capito tutto ma non aveva le prove”. Il che però, se può avere a malapena un senso romantico,  sul piano politico avalla le posizioni estreme.
Quanto però abbiamo detto (gli sconfitti, eccetera)  non spiega come mai  una grande agenzia stampa quanto di più ufficiale e rappresentativo dell’establishment italiano, insomma non un sito luddista qualunque,  veicoli la vulgata, per farla breve, del Pasolini  antimoderno.
Il punto è che le classi dirigenti italiane (politiche, economiche, intellettuali), salvo qualche eccezione, non hanno  mai del tutto  digerito la modernità: si pensi ad esempio,  all’economia, dove ancora si discute dell'importanza di uno stato patriarca, oppure al mondo della scuola e dell’università, dove privato è tuttora una brutta parola. Ma si pensi anche al faticoso cammino dei diritti civili e delle stesse istituzioni rappresentative liberali. Un inciso: come gli  storici seri ben sanno,  non è vero che Pasolini, sbandierasse in pubblico la sua omosessualità.  Si tratta di una  versione postuma ad uso e consumo dei processi di legittimazione della cultura gay: leggenda comprensibile  sul piano della costruzione identitaria (di gruppo)  ma  non su quello della verità.
Sorprende e addolora  ancora oggi,   la feroce  avversione   di molti intellettuali italiani, in genere di estrazione cattolica e marxista,  tra i quali Pasolini,  verso i processi di modernizzazione economica, tecnologica, sociale e culturale degli anni Sessanta del secolo scorso.  Certo, esistevano contraddizioni, ma il Paese, stava finalmente cambiando: si guardava avanti, con nuova fiducia. Purtroppo,  si tratta di un atteggiamento negativo che persiste: si pensi solo alla campagna della sinistra, e anche di buona parte del mondo cattolico, contro  il diavolo in persona: l “edonismo televisivo berlusconiano”. Battaglia di pura retroguardia che prosegue tuttora  nascondendosi dietro la difesa di puro principio della tv pubblica. Difesa, culturalmente a metà strada tra Heidegger e Bernabei.
Ecco, una società di questo tipo, ancora largamente antimoderna, o comunque contrassegnata da  ampie zone grigie, non può non celebrare mediaticamente, anche a livello ufficiale, Pasolini, che dell’antimodernità fu alfiere.  Il quale, di sicuro,  non avrebbe però approvato il matrimonio gay (per non parlare delle adozioni). 
Ma di questo, ovviamente, non si parla. 

Carlo Gambescia                

                   



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