martedì 14 maggio 2013

L’illuminismo intermittente
della dottoressa Boccassini




Non entriamo nel merito del cosiddetto processo Ruby. Come si dice,  c’è sempre un giudice (finale) a Berlino. Al quale ci rimetteremo.
Ciò che invece colpisce e preoccupa è l’illuminismo a sprazzi se non a senso unico (anche questo caro Marco…) della dottoressa Ilda Boccassini. E principalmente nei riguardi di Ruby, al secolo Karima El Mahroug.
Un iIluminismo intermittente e più che  mai  venato  di   perbenismo.  Tipico di chi sia, sotto sotto, prigioniero di pregiudizi sociali. E quindi soggetto, quasi per riflesso pavloviano,  a ergersi non tanto a illuminato giudice penale bensì a censore morale degli altrui usi e costumi etici.
Ma lasciamo la parola al Pubblico Ministero milanese:

« Ruby è stata “vittima del sogno italiano” in negativo, quello che hanno “le ragazze delle ultime generazioni in Italia”, i cui unici obiettivi sono “entrare nel mondo dello spettacolo e fare soldi”. Così Ilda Boccassini ha descritto la giovane marocchina al centro del processo. Il pm ha sottolineato come la ragazza vivesse in Sicilia in “un contesto umile ma di grande decoro”, dal quale però aveva deciso di sfuggire “sfruttando la sua avvenenza e il fatto di essere musulmana” e quindi di potere accreditare, inventandola, la versione di un padre violento e padre-padrone. Ruby era “furba di quella furbizia orientale propria della sua origine”. “I genitori sono persone umili che non riescono a tenerla a freno. Lei ha in mente un solo e unico percorso”, ha sostenuto Boccassini. “Riesce a sfruttare - aggiunge - l'avvenenza fisica da un lato e il fatto di essere musulmana dall'altro, lasciando credere di subire il padre padrone e di essere scappata “ ».


Di grazia, se Karima è vittima del sogno italiano "in negativo", qual è il sogno  "in"  positivo? La domanda presuppone un interrogativo orwelliano: perché deve esserci un sogno “collettivo”, positivo o negativo che sia? Quesito che ne presuppone consequenzialmente un altro: chi decide cosa “sognare” collettivamente nel bene e nel male? La dottoressa Boccassini e il suo milieu borghese parzialmente illuminato, come pare di capire… 
Perché   l' aspirazione  a  diventare modella, velina, attrice, deve essere promossa a  peccato capitale? Ognuno è libero di fare le sue scelte, salvo poi pagarne di persona le conseguenze, anche penali. La grande  eredità  dell’Illuminismo (con la maiuscola), oltre quella dell’eguaglianza davanti alla legge, cara anche chi scrive,  è  l'idea  di libertà individuale,   ben   rappresentata dal  principio che ogni singola persona è  libera di  decidere il proprio destino.
Perché allora attribuire a una giovane il titolo per nulla onorifico,  se ci si perdona il termine, di mignotta predestinata? Solo perché sogna una vita migliore? E, come se non bastasse perché inchiodarla  al peggiore cliché razzista?  Quello della “furbizia orientale propria delle sue origini”?
L’avvenenza è una colpa? No. Nel mondo dello spettacolo può essere una risorsa. E oggi, vivaddio,  attori e  musici (o aspiranti tali),  non sono più sepolti in terra  sconsacrata.  E  anche questa, come lo stato diritto,  è una vittoria dei Lumi.  O no? 
Inoltre, quando si proviene come Karima da una famiglia intrisa  di cultura tradizionale,  la via della fuga non è la  soluzione più facile.  Anzi…  Il rischio, più che certo, è quello dell’espulsione dalla comunità. Che si paga con l’isolamento, e per giunta in terra straniera.  Del resto,  l’idea islamica di contegno  è assai lontana da quella di certa borghesia italiana, più o meno illuminata. L’ “umile decoro” islamico implica la ferrea subordinazione di moglie e figlie al padre e ai maschi della famiglia. E spesso anche attraverso l’uso della forza. Fino all’omicidio, come provano le cronache.
Perché,  quel che vale,  in termini di comprensione, aiuti e solidarietà, per tante giovani musulmane che hanno scelto l’Occidente, moderno e illuminato,  non deve valere per Karima?
Una risposta ce l’avremmo…

Carlo Gambescia - 

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