venerdì 8 aprile 2022

Il liberalismo stupido del “liberal”

 


Un esempio di liberalismo stupido? Anzi, diciamo tre.

Il primo. Discutere per settimane, mentre tuona il canone russo in Ucrania, sulla scelta tra carbone e petrolio, per poi scegliere il carbone, per non irritare troppo la Russia.

Il secondo. Distinguere – dibattito tuttora in corso – a proposito delle armi da inviare all’Ucraina, tra armi offensive e difensive, perdendo così altro tempo prezioso in stupidaggini.

Il terzo. Accusare Putin di essere un criminale di guerra (cosa giusta tra l’altro), evocando inchieste e tribunali per processarlo, senza però sapere e indicare come e quando, significa metterlo nell’angolo mediatico. Il che è molto spettacolare e nobile, come le maratone per la pace. Però si rischia che Putin, sentendosi sempre più minacciato, prema, convinto di giocarsi tutto, il grilletto atomico.

La vera questione, non è tanto chi dica certe stupidaggini. Anche se per il liberale stupido esiste una definizione precisa: negli Usa sono chiamati “liberal”, in genere si tratta di intellettuali di sinistra, cosiddetti illuminati, molti liberalsocialisti, cristiani “democratici”, pacifisti di varie tendenze che ritengono di avere il segreto della pace in tasca… Dialogare, dialogare, dialogare.

La vera questione dicevamo, rinvia alla stupidità di non voler comprendere che c’è un tempo per il dialogo e un tempo per il cannone.

Ciò non significa condividere le idee di chi al dialogo preferisca sempre il cannone. Insomma, stare dalla parte di dittatori, militaristi e nemici del liberalismo. Assolutamente no.

Quel che va evitato è il dibattito stupido dinanzi al nemico armato, situazione che invece imporrebbe non l’uso della parole a vanvera, ma del cannone. E se proprio di sanzioni, si deve parlare, devono essere tali, durissime, costi quel che costi.

Il “liberal” crede invece che sedendosi intorno a un tavolo si possa risolvere tutto. Come si fa con  i sindacati, rilasciando dopo graziose interviste. Insomma, che basti discutere. Il che in parte è vero, ma non può valere quando il nemico ci indica con l’unghia adunca o addirittura sparando contro di noi all’impazzata.

Una cosa è discutere di fisco e diritti civili, un’altra spiegare a chi invade, bombardando la popolazione, che pace e dialogo sono la via maestra, eccetera, eccetera. Diciamo pure che si tratta di un atteggiamento stupido e quasi criminale, verso chi sia sotto le bombe, come l’atto di coloro che fanno uso delle bombe.

Il “liberal” non ha imparato nulla dalla Seconda guerra mondiale. Che esplose in modo così devastante anche perché si era creduto, nei circoli illuminati del tempo, oggi si direbbe liberal, di poter tramutare Hitler, in fondo un buon patriota, accontentandolo con qualche cessione territoriale, in perfetto uomo di pace.

Purtroppo la versione liberal del liberalismo non è in  grado di pensare la guerra. O meglio è capace di pensarla se tramuta il nemico non soltanto in criminale (il che può anche avere una sua ragione) ma soprattutto in pazzo (cosa invece, come vedremo, molto pericolosa).

Il liberal non capisce che si può fare uso chirurgico e limitato della forza proprio per evitare che le cose precipitino. Il nemico va trattato come tale, senza però scivolare nella tragica farsa della sua follia.

Per capirsi, il liberal esagera sempre: ondeggia tra la pace assoluta e la guerra assoluta. Le bombe in Serbia di Clinton, contro quel “pazzo di Milosevic”, come allora si declamava, sono un modello di guerra liberal.

Per contro, la Prima Guerra del Golfo resta un esempio di guerra liberale e di strategia politico-militare: a Saddam fu data una seconda opportunità.

Infine, la Seconda guerra del Golfo e l’invasione dell’Afghanistan furono frutto di una aggressione esterna, furono guerre di getto, di reazione, gestite in chiave piuttosto confusa da alcuni presidenti americani, tra l’altro, di orientamento politico differente. E i risultati si sono visti.

Quanto al conflitto in corso nell’Ucraina aggredita, per ora, l’approccio è liberal ma solo sul piano delle parole. Si faccia però molta attenzione a quando Biden dichiarerà Putin, oltre che criminale, soprattutto pazzo. Da quel momento in poi, tutto sarà possibile. Anche una guerra atomica.

In sintesi, l’approccio liberale si riconosce nell’antico “si vis pacem, para bellum”; l’approccio liberal invece nel “si vis pacem, para pacem”, fino a quando però – attenzione – non si dichiara  il nemico pazzo: a quel punto si rischia lo scatenamento di una guerra. E totale, perché il pazzo è un fuorilegge della logica liberal. Quindi non merita alcun rispetto. Al pazzo non puoi spiegare la bontà del dialogo. È hors-la-loi morale della pace.

Non stiamo scherzando, si noti il dibattito in corso all’interno dei servizi segreti occidentali sulla salute mentale di Putin. Per il liberal non è un gioco.

Carlo Gambescia

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