lunedì 18 aprile 2022

La guerra delle parole e la Civiltà del Contratto

 

“Operazione militare speciale”, ecco la terminologia, con la quale i russi rivendicano l’ “invasione dell’Ucraina”. Quest’ultima invece, sempre virgolettata, è la definizione usata in Europa e negli Stati Uniti.

Sembra uno scherzo: la Russia, una nazione che si estende per milioni di chilometri quadrati dall’Europa al Mar Glaciale Artico, stando a Peskov (*), portavoce di Putin, non si sente sicura al confine ucraino, teme l’installazione di missili Nato. E i missili ipersonici russi a portata lunghissima? In grado di colpire da lontano le principali città europee? Ai quali la Nato ancora non può rispondere adeguatamente? (**).

Cosa chiede Peskov all’ Ucraina? Di interrompere le azioni militari – in pratica di arrendersi -, di incorporare la neutralità nella propria Costituzione, di riconoscere la Crimea come territorio russo e le repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk come Stati indipendenti.

Diciamo subito che, al di là della brutale richiesta di resa, la neutralizzazione dell’Ucraina, in termini difensivi, nulla toglierebbe o aggiungerebbe alla sicurezza della Russia, che si fonda, a prescindere, sui missili ipersonici.

Quanto alle rivendicazioni territoriali, come ogni storico dell’Europa orientale sa bene, sono double-face: dove i russi vedono minoranze oppresse gli ucraini scorgono gli artigli della russificazione, ( a colpi di deportazione) dell’Unione Sovietica, con radici nella politica zarista.

Come si può intuire le richieste della Russia per fermare “in un attimo” l’ “operazione militare speciale” sono un portato della politica di potenza russa che guarda ancora al passato. Non si accettano i nuovi sviluppi della politica internazionale intervenuti dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica. E soprattutto la Civiltà del Contratto.

Un paese normale, diciamo dell’Unione Europea, democratico e liberale, non avrebbe iniziato alcuna “operazione militare speciale” in Ucraina. Se davvero, come tuttora si ripete in Russia, c’è un vero interesse a sviluppare i rapporti economici con l’Europa e gli Stati Uniti, la scelta pro Occidente dell’Ucraina potrebbe solo favorire le relazioni e accrescere la fiducia dell’Occidente euro-americano verso la Russia finalmente partner attendibile come un qualsiasi altro stato europeo, che, semplificando, alla Guerra preferisce il Contratto senza ripensamenti.

La Russia, invece, continua a preferire la Guerra, continua a considerarsi una superpotenza, che, se ci si passa l’espressione, come il macho di una vecchia pubblicità non deve chiedere mai.

Il che spiega l’invasione in atto dell’Ucraina, rigurgito di un imperialismo che non può portare nulla di buono alla Russia, perché il rapporto tra spese militari e tenore di vita della popolazione è inverso. Se aumentano le prime diminuisce il secondo.

Si dirà che in quel che stiamo scrivendo c’è molta ipocrisia, perché anche gli Stati Uniti non sembrano disdegnare la logica da superpotenza proprio come la Russia. Quindi ogni passo indietro della Russia, favorirebbe un passo avanti degli Stati Uniti e viceversa.

Qui il vero punto della questione è che la tesi dell’ imperialismo delle superpotenze avrebbe valore se il modello culturale e sociale americano fosse imposto in Europa, da Ovest a Est, con la forza, come un tempo quello sovietico.

L’Europa dell’Est, appena sfuggita dalla morsa sovietica, ha subito guardato a Ovest con fiducia, proprio come l’Ucraina. Oggi a volersi imporre con la Guerra sono i russi, che invece avrebbero tutto da guadagnare dal Contratto.

L’ipotesi, ventilata da alcuni bizzarri osservatori, di possibili missili russi installati in Messico, e della conseguente invasione degli Stati Uniti dell’Ucraina-Messico, è pura fantasia. Perché ai messicani l’arretrato modello culturale russo non piace. Preferiscono quello americano votando quasi tutti i giorni con i piedi. Per contro l’immigrazione messicana in Russia ha il sapore di una barzelletta.

Discorso che si può estendere ad altri paesi dell’America centrale e meridionale. Al di là della dottrina di Monroe e del corollario Roosevelt (Theodore), il modello culturale americano piace, o comunque fa discutere. Cuba, diciamo la verità, oggi è una specie di reperto archeologico geopolitico.

Ovviamente, gli statunitensi non sono santi, ai tempi della Guerra fredda si doveva essere energici, e probabilmente in Sudamerica il modello sovietico era visto come un’alternativa al capitalismo. Oggi non è più così. Eventualmente, il modello autocratico russo può piacere alle dittature di destra e di sinistra, soprattutto militari, ma non alle popolazioni dell’America centrale e meridionale che votano con i piedi per gli Stati Uniti.

Purtroppo il problema di fondo è che la Russia non accetta la Civiltà del Contratto, anzi disprezza l’Occidente,

Sotto questo profilo la Cina, per ora, sembra più matura e consapevole, comunque pragmatica. Anche se non è ancora chiaro fino a che punto.

Perciò come si può intuire dietro la guerra delle parole si nasconde la guerra di civiltà. E qui si apre un’altra questione. Come conquistare la Russia alla Civiltà del Contratto? Cedendo su tutta la linea in Ucraina come chiedono Peskov e Putin?

La parola ai lettori.

Carlo Gambescia

(*)Per le dichiarazioni di Peskov qui: https://www.agi.it/estero/news/2022-03-07/ucraina-peskov-kiev-accetta-condizioni-mosca-ci-fermiamo-15903263/

(**) Qualche informazione basica qui: https://europa.today.it/fake-fact/missili-russia-scudo-nucleare.html ; https://www.agi.it/estero/news/2022-03-29/nato-disarmata-fronte-missili-ipersonici-russi-16168676/

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