venerdì 22 aprile 2022

Sul concetto di “ordine mondiale dell’Occidente”

 


Ieri, leggendo qui e là, sono rimasto colpito da un’ espressione: “ordine mondiale dell’Occidente”. Una terminologia che risale agli anni della dissoluzione del comunismo sovietico. Quando negli Stati Uniti, ai tempi della presidenza di George W. Bush (1989-1993), si usò tale termine per definire la costruzione di un nuovo ordine di rapporti di natura pacifica con la Russia. L’espressione rimbalzò nei più diversi ambienti politici assumendo, secondo la vulgata politica, significato positivo o negativo.

A dire il vero, la terminologia resta interessante, perché riassume, come altre forme ideologiche storiche, la volontà, tipicamente umana di dare un senso alle vicende politiche e al tempo stesso di forgiarle.

Quante sono le chances umane di realizzare progetti politici finalizzati su larga scala? Cioè di progetti, fin dall’inizio, costruiti a tavolino secondo finalità precise?

Un passo indietro, anzi una precisazione. In realtà, come prova lo sviluppo afinalistico di grandi e complessi aggregati politici e sociali come il diritto moderno, il capitalismo, la società liberale, oppure per andare più indietro ancora, il feudalesimo, l’ impero romano, il cristianesimo, gli unici due progetti espliciti di costruzione e attuazione – insomma finalistici – di un nuovo ordine, addirittura politico, per limitarsi al Novecento, rinviano all’esperienza totalitaria del nazifascismo e del comunismo.

Per inciso, nel 1945, solo in opposizione a queste tremende ideologie, si parlò in Occidente – ad esempio Churchill – di un nuovo ordine liberal-democratico da opporre alla sfida totalitaria del comunismo sovietico.

Dicevamo delle chances, ebbene sono poche, molto poche. Soprattutto in politica internazionale, dove in termini di antropologia politica regna il disordine più assoluto dalla notte dei tempi perché molto spesso parlano le armi.

Il che non significa che gli uomini non possano immaginare, soprattutto nell’era della scienza e della tecnica, la costruzione di “nuovi ordini” anche in modo “pacifico”. Si pensi a un fenomeno, tutto sommato solidaristico, come il welfare state, ma costruito dall’alto, i cui perversi effetti di ricaduta, dalla crisi fiscale dello stato, sono sotto gli occhi di tutti.

Sarebbe perciò cosa saggia, astenersi, dal momento che i processi sociali finalizzati, soprattutto quando e se militarizzati, o comunque giocoforza burocratizzati, sono marcati dall’ imprevedibilità sul piano degli effetti di ricaduta.

Si pensi all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Lo scopo latente era quello di sfidare la Nato e dividere l’’Ue, mentre quello manifesto di riprendersi l’Ucraina o parti di essa.

Che è accaduto invece? L’esatto contrario. Che, pur secondo il canone occidentale della diluizione politica a lento rilascio, l’Occidente si è stretto intorno all’Ucraina e l’offensiva russa sembra perdere colpi.

Cosa vogliamo dire? Che sarebbe stato meglio per la Russia accettare lo scivolamento dell’Ucraina verso l’Occidente, frutto di un processo spontaneo (quindi non finalistico) di evoluzione-selezione di valori ed istituzioni che attraggono gli ucraini più dei valori e delle istituzioni russe.

La saggezza dei grandi uomini politici è quella di assecondare gli sviluppi pacifici delle cose umane, in particolare quando il progetto nasce dal basso e spontaneamente attraverso l’interazione tra milioni di individui, che senza alcun accordo finalistico imposto dall’alto, scelgono liberamente ciò che è bene per se stessi. Un bene, che quando rinvia a processi selettivi pacifici, ricade a cascata su tutti. Si dice anche “lasciar fare, lasciar passare”.

Diciamo che, paradossalmente, il nuovo ordine occidentale è basato sul disordine. che poi è apparente (ma si viene a sapere solo “dopo”, dopo secoli), disordine determinato dagli effetti, spesso a breve, delle singole decisioni umane.

Sotto questo aspetto, se proprio di nuovo ordine Occidentale si deve parlare, il senso originario rimanda a quel fenomeno spontaneo legato allo sviluppo dei commerci e al crescente scambio di idee, conosciuto giornalisticamente come “globalizzazione”.

Processo che, a folate, viene da lontano, dagli inizi della Rivoluzione industriale, ripartito, alla grande, dopo la caduta della Cortina di ferro. Un processo che anche la Cina sembra apprezzare. Almeno finora.

Ovviamente, la politica nuda (senza orpelli istituzionali e morali) rinvia alla logica di potenza e alle categorie carnivore di amico e nemico. Delle quali, piaccia o meno, si deve tenere conto. Il che significa lasciare spazio cognitivo, nel senso di studiarle in chiave metapolitica per addomesticarle, al costruttivismo politico-militare delle logiche egemoniche, militarmente egemoniche.

Solo facendo così, ad esempio, si sarebbe compreso che ciò che la Russia prospettava con il dito adunco all’Ucraina, in termini di sovranità culturale ed economica limitata, avrebbe portato guai. Infatti, il riflesso carnivoro russo ha inevitabilmente provocato, per ora a metà, altre reazioni carnivore in Occidente, e così via. Le cose, piuttosto gravi, sono sotto gli occhi di tutti.

Dopo di che, per ragioni di pura e semplice propaganda politica, soprattutto da parte russa, e comunque dei nemici dei valori liberal-democratici, si è tornato a parlare di “ordine mondiale dell’Occidente”, mettendo, e ingiustamente, sullo stesso piano, l’integrazione pacifica sulla base di valori condivisi e l’allargamento egemonico, politico-militare, fondato sulla pura violenza.

Un disegno al quale l’Occidente, sebbene malvolentieri, quasi tirato per i capelli, dovrà comunque opporsi, come Churchill si oppose a Hitler. E non per la difesa di uno pseudo ordine mondiale dell’Occidente, come sostengono i suoi nemici, ma per la libertà di tutti i popoli.

Diciamo, in ultima istanza, se si vuole metterla sul piano conoscitivo, che l’Occidente deve contrastare questo disegno per questioni di metodo: spontaneismo vs costruttivismo.

Per essere ancora più precisi dovrà ricorrere a dosi di costruttivismo militare per difendere lo spontaneismo sociale. Il che, ovviamente, può avere i suoi risvolti negativi, sociologici, in termini di militarizzazione e burocratizzazione delle società occidentali. Ancora più pericolosi, soprattutto dopo un’ overdose di burocratizzazione da epidemia, pardon pandemia.

Ma questa è un’altra storia. O per dire meglio, cari lettori, una pena al giorno.

Carlo Gambescia

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