sabato 27 novembre 2021

Massimo Maraviglia e lo spot norvegese sul “Babbo Natale omosessuale” . Una risposta

 


Da Massimo Maraviglia, non si offenda per carità (a grande stima immutata), mi sarei aspettato altro… Il post che segue mi ha veramente sorpreso, e spiacevolmente.

«La disgustosa pubblicità norvegese che ha per protagonista un Babbo Natale omosessuale rappresenta l’ennesimo assalto delle lobbies lgbt all’infanzia. L’immaginario dei più piccoli viene sporcato e imbrattato dalla propaganda di chi, mediante l’inquinamento spirituale delle giovani generazioni e la (omo)sessualizzazione anticipata delle relazioni e della fantasia, intende fare proseliti e procurarsi un consenso a spese della crescita, della serenità, dell’integrità psicologica dei bambini e dei ragazzi. I giornalisti che diffondono in televisione queste porcate sono gli utili idioti al servizio della barbarie » (*).

Per prima cosa sono andato a vedere su YouTube il video, diffuso dalle poste norvegesi, pubbliche, di stato insomma: cosa gravissima questa, come vedremo più avanti, che però Massimo Maraviglia sembra ignorare.

Se però devo fare subito una critica, è che lo spot, per essere tale, è decisamente lungo. Sfora. Quanto allo stilema, per capirsi, è quello del Mulino Bianco. Quindi, una volta visto, lascia in bocca, per così dire, un sapore dolciastro, stucchevole. Il bacio finale è castissimo, in linea con la formula.

Ma non voglio aggirare l’ostacolo, puntando sul tecnico. Veniamo ai contenuti.

Cosa dire nel merito? Che sicuramente lo spot scontenterà, per il contesto ultraborghese, i commandos d’assalto delle lobbies Lgbt, per dirla con Maraviglia.

In realtà però, serve un altro approccio alla questione. Perché viviamo in una società pluralista. Di conseguenza una lobby ne fa parte in termini di pluralismo degli interessi e dei valori. Scelte e posizioni che se restano sul piano legale hanno pieno diritto di manifestarsi.

Ciò che invece non va apprezzato è l’intervento dello stato quando vuole imporre regole e comportamenti che rinviano a questo o quel gruppo di pressione: dai difensori dei diritti dei giocatori di calciobalilla ai santi protettori dei diritti gay. Soprattutto quando la società ne discute ancora, dividendosi (come è giusto che sia), perché il processo evolutivo-selettivo delle idee è ancora in atto e lontano dal concludersi (se mai si concluderà…).

Di conseguenza, se una critica deve essere fatta allo spot norvegese va estesa all’intrusione dello stato nella vita privata delle persone. Lo spot, come detto, è prodotto dalle poste norvegesi per festeggiare i cinquant’anni della depenalizzazione dell’ omosessualità. Come un qualsiasi  francobollo  commemorativo…  Concedo che sulla questione la società norvegese sia meno divisa della nostra, ma ciò non significa che non sia comunque divisa.

Perciò l’intrusione dello stato va criticata perché la materia è magmatica, al centro di conflitti, e lo stato non può e non deve intervenire a gamba tesa. Quel che invece non va criticato è il pluralismo in se stesso, cosa che a Maraviglia sembra sfuggire.

Parlo di un fattore determinante, soprattutto in una società che si vuole aperta. Un fattore che rinvia proprio al ruolo del giornalista, che invece Maraviglia vorrebbe, a sua volta, al servizio di valori che però, a loro volta, non sono condivisi da tutti.

Sicché il rischio è quello di far passare l’idea di un giornalismo non libero, ma eterodiretto, su basi assolutistiche, nel senso della difesa di valori assoluti, anche se opposti.

Per contro, è proprio lo stato che, restando doverosamente neutrale, non deve interferire nella sfera dei rapporti privati tra i cittadini, resistendo ai gruppi di pressione. Come? Evitando accuratamente di recepirne la logica a livello istituzionale in nome del dio dei cieli o del dio liberalsocialista del progresso.

Riassumendo: il punto non è il pluralismo, ma il finto relativismo di stato che fingendosi neutrale sposa invece la causa del gruppo di pressione, tradizionalista o progressista che sia.

Neutralismo vero – attenzione – significa evitare che i gruppi di pressione si impossessino delle leve dello stato, trasformando il relativismo ( che poi relativismo non è perché c’è un vincitore) in dottrina di stato.

Allora che fare? Si deve lasciare che la società, come del resto è accaduto, ed è bene che sia accaduto (giudizio personale), evolva da sola, quindi che i gruppi di pressione confliggano liberamente, e che su tali basi i cittadini da soli possano farsi un’idea, cambiando opinione o meno. Per inciso, ai  bambini, anzi ai minori, pensano i genitori, seguendo le proprie opinioni. Ogni televisore ha un telecomando.

Non si dimentichi mai che alla base dell'”aiutino” di stato, per così dire, c’è l’idea giacobina di obbligare le persone ad essere libere. Ovviamente, secondo una “certa idea” di libertà, ignorata dal popolo bue, eccetera, eccetera.

Perciò, concludendo, certi spot vanno bene, ma non a spese dello stato. Non esistono verità di stato da imporre alla gente. Né un’idea di bene o di male calata dall’alto. Si lasci che la gente decida liberamente. O addirittura che non decida mai.

Certo, comunque sia, serve tempo. Le società evolvono lentamente. E non sempre nella direzione che si preferisce. Bisogna avere pazienza.

Carlo Gambescia

(*) Qui il suo post:   https://www.facebook.com/massimo.maraviglia.1/posts/10227692260037032?from_close_friend=1&notif_id=1637993342934158&notif_t=close_friend_activity&ref=notif

(**) Qui lo spot “incriminato”: https://www.youtube.com/watch?v=vCd5kOGR1Jo

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