venerdì 1 maggio 2020

Il Ministro Speranza e le "centraline anti Coronavirus" 
Come monitorare il Covid-19 e bloccare l’Italia

Che amarezza. Perché?  Per la semplice ragione che  si sono  rivelate esatte le nostre previsioni, che risalgono alla fine di gennaio, sul durissimo giro di vite  politico, sociale ed economico causato da un’ inevitabile gestione populista,  autoritaria  e nevrastenica della cosiddetta epidemia da Coronavirus. Amarezza, anche perché avremmo preferito essere smentiti dai fatti. Purtroppo non è andata  così. Gli italiani sono ancora agli arresti domiciliari. Come avevamo previsto.
E non finisce qui. Proprio ieri scrivevamo ironicamente a proposito delle “centraline  da Coronavirus”.  Segnalavamo i pericoli racchiusi in  una metodologia burocratica, pseudo statistica,  per il “monitoraggio” del virus, analoga a quella bislacca contro l' inquinamento cittadino. Come noto,   basata su  fattori standard, burocratizzati,  che dicono troppo o troppo poco, ma che, di fatto, a seguito di decisioni politiche, che si nascondono dietro la pseudoscienza ecologica,  limitano, di fatto e di diritto, la libertà delle persone (*).
Bene, anzi male, questa mattina, appena acceso il computer, scopriamo che il Ministro della Salute, Roberto Speranza,  ha varato un decreto, dove uno dei criteri,  non secondari, del monitoraggio è rappresentato dalla capacità di reattività (ricezione) delle strutture ospedaliere (**). Come se si  pensasse di limitare gli incidenti stradali, impedendo alla vetture di circolare,  in base alla reattività (ricezione) delle carrozzerie.  
L’esempio può apparire  grossolano,  ma in realtà si può far dipendere la libertà delle persone, un fattore ideale, ex ante,   da un fattore organizzativo, ex post,  la ricettività ospedaliera?  La cui soluzione, tra l’altro,  imporrebbe un piano di interventi, minimo decennale, per una montagna di miliardi, ora introvabili. Ovviamente, ammesso e non concesso  che la sanità pubblica sia all’altezza di evolvere.
Ci  spieghiamo meglio: l’Italia sta andando a picco, il Pil  del primo trimestre è  a meno  5 per cento, si dovrebbero riaprire, e in tempi brevissimi, perfino le cantine, e che fa  il Ministro della Salute? Un comunista mai pentito, ora prestato al populismo?  Se ne esce con  un facsimile  del monitoraggio “gretino”, per salvare la faccia del Sistema Sanitario pubblico.  Una struttura burocratizzata, dove, a parte alcune “eccellenze” (come si dice), se una persona si frattura un braccio e va al pronto soccorso, come è capitato e può capitare,  rischia di  ritrovarsi con l'arto storpiato per sempre.
Purtroppo,  la vera  pandemia di cui soffre  l’Italia è quella statalista. Una limacciosa  corrente politica e sociale, molto  diffusa anche tra la gente comune, “il popolo”,  che ha radici cattoliche, socialiste, comuniste, fasciste e persino repubblicane.  Tornata al potere  con le vittorie populiste (a destra come a sinistra).  Uno statalismo feroce, quasi atavico,  che ora   torna  a sciabolare  le nostre libertà,  grazie a un  governo di populisti  nevrastenici che ha trasformato un’epidemia  stagionale di influenza  in “peste nera”.  E anche in occasione per puntare, dopo aver impoverito l’Italia,  su un’economia autarchica e dirigista.
Insomma si  vuole mettere il bavaglio all’Italia intera.   Invece di aprire, si vuole chiudere. E per  che cosa?  Ripetiamo: intanto, e al di là del bersaglio grosso (l’autarchia), per evitare una brutta figura al Sistema Sanitario Nazionale. In attesa, si dice,  di investimenti che invece non arriveranno. E che se proprio dovessero arrivare, sulla scia di qualche fantozziano megagalattico programma decennale, non potrebbero non finire, dopo aver spolpato di tasse gli italiani, nella solita voragine dei burocratismi, degli sprechi, degli scioperi, delle guerre tra primari, dei conflitti accademici, dei lodi amministrativi e delle inchieste penali
E l’Italia, nel frattempo, che fa? Resta attaccata  ai dati delle centraline del Ministro Speranza?

Carlo Gambescia