venerdì 29 maggio 2020

Trump contro Twitter (e Twitter contro Trump)
L’ipocrisia fa male alla libertà di stampa

Le libertà di stampa resta  la  rappresentazione più alta della modernità. Se c’è una differenza tra la libertà degli antichi e la libertà dei moderni,  per riprendere un storica diatriba, questa differenza è nella tutela della  libertà di opinione, messa nero su bianco dai moderni.
Ovviamente,  l’esercizio concreto della  libertà di stampa  è negato e criticato  dai nemici della società aperta (o moderna): fondamentalisti di ogni tipo,  fascisti, comunisti, islamisti, populisti, welfaristi, ecologisti.  Tutti insieme  evocano forme di libertà “più alte”, da opporre alle false e corrotte  libertà  liberali  schiave di un pugno di ricchi capitalisti.
La reazione di Trump, che vuole chiudere la bocca a Twitter,  è liberale  o  fondamentalista?  Prima di rispondere, va riconosciuto che il principio della libertà di stampa non può  conoscere limiti.  Certo, esiste il rischio  della diffusione di notizie tendenziose o false. Un rischio, che con l’avvento dei social,  si è moltiplicato. Che fare allora?  Nulla. Perché,  per dirla fuori dai denti,  al di fuori dello stretto lavoro scientifico, non esistono fatti ma solo opinioni. Di qui, il nostro scetticismo sull’ utopistica  adozione  da parte dei nuovi media, di alcuni criteri come quello del fact checking per combattere la disinformazione. Un   fenomeno quest'ultimo, che purtroppo più che alla "natura" dei fatti resta legato alla  "natura" umana:  alla credulità degli uomini, che al capire preferiscono sempre il credere. Insomma, siamo dinanzi a un fenomeno difficile, se non   impossibile da contrastare,  senza a mettere a rischio la libertà di stampa. Il che è un problema con il quale imparare, finalmente, a convivere. 
Per tornare ai "fatti",   Trump  si è  ritrovato sotto un suo tweet, l’invito ai lettori  della Piattaforma  di andare  verificare su una apposita pagina, assemblata dai redattori di Twitter, la veridicità di   quanto egli  aveva scritto sul voto per posta, presentandolo come  causa certa di brogli. Una pagina dove perciò si metteva in discussione la tesi di Trump.  
Si è trattato  chiaramente di un atto politico: Twitter è contro Trump, e Trump,  replicando  da par suo, ha minacciato, in sostanza,  di introdurre una specie  bavaglio economico-legale contro quelle piattaforme “che vogliono mettere a tacere le voci dei conservatori”.  In pratica, Trump ha firmato un decreto, che ovviamente andrà discusso e votato, in cui  si  propone di  ridurre l’immunità legale delle piattaforme, esponendole, per ciò che terze  parti vi scriveranno,  al rischio di cause milionarie. 
Diciamo che la sproporzione tra quel che è successo e la reazione di Trump è evidente.  Che le  grandi piattaforme  social siano poche, come afferma il Presidente, quindi espressione di un’oligarchia mediatica (questo il concetto sotteso), non è una buona ragione per limitare  la libertà di stampa, perché un provvedimento del genere, andrebbe a ledere la libertà dei  piccoli editori social, che non sono pochi. Insomma, Trump, uomo di estrema destra,   si comporta come Allende, politico di estrema sinistra,  che negava la carta, per ragioni “ufficiali” di “pluralismo  economico”  ai giornali cileni di opposizione, anch’essi giudicati come longa manus dell’oligarchia.  Quella di Trump, non è una reazione liberale...  
Twitter è contro il Presidente? Sì.  E non c’è nulla di male.  Trump ne deve   prendere  atto in nome della  libertà di opinione.   Come  Twitter del resto. Che però dovrebbe  uscire allo scoperto, senza  nascondersi  dietro  le regolette del fact checking.   Come d'altra  parte  Trump,   che invece si acquatta sotto le fresche frasche di norme giuridico-economiche solo in apparenza neutrali.
La libertà di espressione è un valore moderno, probabilmente  fin troppo elevato  per quella che è la natura umana. Dobbiamo prenderne atto. Ma resta, come dicevamo,  una grande conquista dei moderni, di poche nobili menti.  Siamo dinanzi a qualcosa che distingue, dalle altre, la nostra civiltà liberale e di cui andare fieri, qualcosa che va difeso.  E di certo,non con l’ipocrisia.        

Carlo Gambescia