venerdì 27 marzo 2020

Coronavirus e poteri pubblici
Un solo stile, coercitivo


Roberto Buffagni  in un articolo (*) parla di differenti “stili” di intervento politico nei riguardi del Coronavirus. Semplificando i concetti: tra mondo anglofono in particolare  Gran Bretagna e Stati Uniti e il  resto dell’Europa e del mondo.
Nel pezzo si esprime l'ipotesi  che l’Occidente  anglofono, pur di salvare l’economia capitalistica ( e ovviamente la propria egemonia), di cui è bandiera, si concederebbe   il lusso di qualche morto in più. Per contro il resto del mondo,  in particolare Europa mediterranea e Italia,  pur di salvare tutti i suoi cittadini,  sopprimerebbe persino  il capitalismo. 
Si tratta della solita tesi, magari elegantemente riformulata in chiave weberiana, del “Sangue contro l’Oro”. Che tanto piace alle “frange lunatiche” ,  le stesse  che non vedono l’ora di ballare sulle macerie. 
In realtà, un ottimo articolo de "El País" (**) spiega che, “Perfida Albione” compresa,  il mondo, al di là delle barriere culturali e di religione, dall’India agli Stati Uniti,   si sta trasformando in  carcere a cielo aperto: circa un terzo dell’umanità viene costretta a non uscire di casa. E quel che peggio  a colpi di decreti  governativi.    Segue  il passo che qui interessa particolarmente:

«Hasta el momento, la Covid-19 ha dejado más de 19.000 muertos y ha infectado a cerca de 430.000 personas en unos 175 países, en unas cifras que aumentan por millares diariamente. El foco, originalmente en la provincia china de Hubei —donde se encuentra Wuhan— se ha movido a Europa, y la Organización Mundial de la Salud (OMS) cree que en unas semanas podría desplazarse de nuevo, hacia América. “La pandemia se está acelerando”, ha advertido la OMS. A medida que se extiende, más países adoptan medidas más o menos estrictas para limitar el movimiento de sus habitantes, o confinarlos por completo: al menos 2.600 millones de personas, según los cálculos de la agencia de noticias francesa AFP, se encuentran bajo ese tipo de restricciones. Las escuelas permanecen cerradas en numerosos países, de Chile a Japón.».


Queste cifre non giustificano le misure che sono state prese, indipendentemente  dai presunti stili. Ma provano un’altra cosa. Che a fronte delle emergenze -  reali  o  presunte (qui rinviamo alla legge di Thomas)  -  i poteri pubblici tendono regolarmente  a invadere la sfera della libertà individuale.  Esiste uno studio pionieristico, ricco di eccellenti esempi storici, di Pitirim Sorokin,  su come le emergenze  di ogni tipo (epidemie, terremoti,  guerre,  rivoluzioni, eccetera) provochino inevitabilmente  gravissime restrizioni della libertà. Sono  processi sociali  che una volta avviati, pur avendo limiti legati alla  totale  distruzione delle risorse umane e materiali, si dispiegano senza che nessuno possa far nulla per arrestarli (***).
In questi giorni  stiamo assistendo  alla rapida ascesa di una specie di stato di polizia mondiale, se non  addirittura di assedio, sviluppatosi quasi automaticamente, per rispondere all’emergenza Coronavirus.
Naturalmente non siamo davanti ad alcun  piano organizzato da signori incappucciati, ma più semplicemente a una reazione autodifensiva dei poteri pubblici, che scatta inevitabilmente quando si proclama un’emergenza. Quanto più durerà l’emergenza tanto più i poteri pubblici devasteranno la vita degli individui, rischiando di  distruggere un modello di società civile liberale che ha richiesto alcuni faticosi secoli per essere edificata.
Inutile interrogarsi sul dopo, proponendo magari fantasticherie utopiche o distopiche in un clima da “bar sport”.  La storia umana è contraddistinta,  quasi nella sua totalità,  da sistemi politici coercitivi: l’esperimento liberale è una sorta di eccezione che potrebbe tristemente confermare la regola. Ecco  il nocciolo duro storico e sociologico della questione.
Per spiegarsi meglio: il riflesso condizionato del “politico”, che si trasmette e va oltre l’uomo politico, è quello di comandare ed essere ubbidito.  E quanto più la situazione è emergenziale tanto più si impone il comando. E dove addirittura  è in  gioco la vita -  insomma dove la sfida si fa biopolitica -  il comando si fa assoluto, con tutto quel che ne consegue in termini di crescita asfissiante del  controllo sociale.  Si giunge  però al punto in cui  la società è talmente assuefatta  all’aria viziata dell' obbedienza assoluta  che non è più necessario dare ordini. Ognuno esegue.

Ovviamente le burocrazie sono piene di falle e pasticcione.  Inoltre l’istinto di autoconservazione dell’uomo, quando non si  ha più nulla da perdere,  spinge alla ribellione. Ma sono processi sociali  che richiedono tempo:  decenni (si pensi al sistema sovietico), secoli (si pensi al totalitarismo gerarchico dell’Alto Medioevo), millenni (si pensi alla società egiziana sotto i faraoni o all’universo castale indù).
Dietro la cosiddetta emergenza Coronavirus c’è la mano artigliata dello stato. C’è l’artiglio perché c’è l’emergenza, e l’emergenza perché c’è l’artiglio.
Si doveva allora evitare -  pensiamo  ai politici -  di non  farsi prendere da inutile  panico o comunque di non  assecondarlo.  Ma si può chiedere allo  scorpione  di non pungere la rana?  Se in questa crisi c’è uno stile, si tratta dello stile coercitivo, che, purtroppo, prescinde dalle forme di regime, credo e cultura.  
Carlo Gambescia   

                                           



(***) P.A. Sorokin,  Man and Society in Calamity, Dutton, New York 1942. Di questo notevole volume uscirà a breve  una sintesi  in ebook  nella  neonata  “Biblioteca di Linea”  digitale  diretta da Carlo Pompei.