lunedì 19 aprile 2010

Un nuovo "partitone" cattolico? 
No, grazie


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A ogni crisi politica, nostalgicamente, alcuni editorialisti tirano fuori l'ever green Prima Repubblica della vecchia Democrazia cristiana che "tutto sommato"... Ma si sa la nostalgia è sempre canaglia: deforma la realtà Soprattutto quando si rimpiange la cara vecchia “Balena Bianca”. Perché dietro la “voglia” di Dc fanno capolino tante Democrazie Cristiane immaginarie… Forse troppe, perché - il lettore si tenga forte - l’ unità politica dei cattolici non è mai esistita.
Non è esistita davanti al fascismo: i famosi clerico-moderati si gettarono nelle braccia di Mussolini. Né davanti al comunismo, come mostra la storia della sinistra cristiana e di quella dossettiana; per non dire delle varie correnti sinistrorse politico-parlamentari.
E’ invece esistito un blocco elettorale fondato su interessi assortiti, soprattutto durante la Prima Repubblica. E molto meno sui valori, se non come foglia di fico. Va perciò subito chiarito un grande equivoco: l’anticomunismo democristiano deve essere ricondotto alla natura corporativa della società italiana, così bene assecondata dalla Dc.
Una società rissosa che ha respinto il comunismo nel Primo come nel Secondo dopoguerra, soprattutto per egoismo E che continuerà a rifiutarlo fino a quando non decollerà, negli anni Settanta, anche grazie allo sviluppo delle Regioni, il consociativismo degli interessi con un Pci omologato e socio di minoranza della Spa Italia a guida Dc.
Il fatto che non vi sia mai stata “vera” battaglia sui valori, se non nel 1948, è abbondantemente dimostrato dalle sconfitte referendarie (divorzio e aborto); scontri politici mai sostenuti da “tutta” la democrazia cristiana.
Si dirà: ma come mai la Dc è rimasta al potere per oltre quarant’anni? Presto detto: mondo diviso in blocchi, ma anche governo degli interessi. Ossia capacità democristiana, questa sì, molto chiesastica, di infilare i propri uomini ovunque, cercando di non scontentare le diverse corporazioni: insegnanti, coltivatori, impiegati, imprenditori, eccetera.
Va da sé che l’ideologia interclassista si coniugava benissimo con l’ecumenismo degli interessi: la Dc, in fondo, di necessità faceva virtù. Altro che ricerca dell’ unità politica in nome dei valori cristiani…
Oggi che spazio può esservi per un partito cattolico? E in una società economicamente divisa, dove i valori cattolici - dispiace dirlo - sono in caduta libera?
Prima qualche cifra. L’Udc, partito che si proclama cattolico, alle ultime politiche ha ricevuto oltre 2 milioni di voti alla Camera e 1 milione e 900 mila al Senato. Mentre La “Balena Bianca” alle ultime elezioni cui si presentò unita, quelle del 1992, prese più di 11 milioni di voti alla Camera e 9 milioni al Senato.
La differenza lascia senza parole. Come risalire la china per recuperare un elettore i cui interessi sono ormai difesi da altri?
Del resto se i voti sono finiti in tutti i partiti principali (dal Pdl, Pd, Lega), con soddisfazione degli elettori come attestano risultati elettorali e ricerche, non si capisce perché gli elettori dovrebbero cambiare cavallo e puntare sull’UdC o su un nuovo Rassemblement? Solo perché lo auspicano alcuni onorevoli scontenti delle “nuove case”? E per giunta in nome dei valori cattolici? Ma quali? Se la Dc si reggeva sugli interessi? Lasciamo perdere… Qui si rischia veramente di fare un’operazione verticistica a fondo perduto.
Ma c’è un’altra questione. Un partito politico-confessionale darebbe subito la stura ad altre formazioni simili (a cominciare da quelle islamiche…). Il rischio, in un paese di immigrazione come l’Italia, è quello di ritrovarsi fra qualche anno con un Parlamento non “Repubblicano” ma delle “Confessioni”.
Un ultimo punto. La stessa Chiesa, con i suoi appelli e interventi, oggi si rivolge ai cattolici presenti nei differenti partiti, e non a un partito unico cattolico. Una scelta intelligente: la Chiesa ha compreso che i rapporti di forza si sono spostati altrove e che gli elettori vanno lasciati liberi di scegliere.
Qualcuno lo spieghi a Casini & Co. Evidentemente molto meno saggi del Papa.

Carlo Gambescia

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