mercoledì 21 aprile 2010

A proposito del fascismo 
di Ezra Pound




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Se vi fosse sfuggita, ecco un’occasione per leggerla tutta d’un fiato. Di cosa parliamo? Ma dell’intervista al “Corriere della Sera” di Mary de Rachewiltz, figlia di Ezra Pound, “l’Omero americano del Novecento”. Lei stessa raffinata traduttrice, studiosa di letteratura e poesia, oltre che appassionata legataria del pensiero e dell’opera paterne. http://www.corriere.it/cultura/10_aprile_01/ezra-pound-breda_6e7fa504-3d54-11df-9bd9-00144f02aabe.shtml ().
All' Ezra Pound ammiratore di Mussolini, come è noto, si richiama apertamente la destra neofascista. Ma secondo la figlia ( stando almeno a quel che riporta l’intervistatore Marzio Breda):

«Questo è un altro modo di mettere Pound in una gabbia, com'era quella del Disciplinary training center di Pisa dove fu segregato, la Guantanamo del 1945. Un danno enorme, perché nasce da una distorsione del significato del suo lavoro e rischia di comprometterne ancora un pieno riconoscimento critico. Un abuso, perché così lo si relega in una dimensione ambigua che va oltre il reazionario, verso una cifra regressiva. E perché lo si indica, a ragazzi dalle menti confuse, come un profeta tanto più affascinante in quanto pericoloso e proibito». Per l'erede del poeta, insomma, «non si può restare sul diplomatico», nel giudicare coloro che pretendono d'essere i «nipotini di Pound». L'hanno elevato a oggetto di un culto a sfondo quasi mistico-esoterico. E l'hanno inserito tra gli antenati ideali rievocando a mo' di slogan alcune sue frasi «più o meno fiammeggianti pescate qua e là senza logica» dalla stagione in cui sostenne Mussolini. Che «per mio padre fu un momento di frattura molto complesso (…). A lui interessava l'etica più che la politica, e di Mussolini diceva che avrebbe voluto educarlo e che era stato distrutto per non aver seguito i dettami di Confucio» (…). Essendo parte in causa, per lei dovrebbero essere gli anglisti che hanno a cuore la memoria di Pound a «battersi contro certe indebite appropriazioni».

Non parleremmo però di “indebite appropriazioni", Pound fu fascista, certo in modo originale, ma lo fu. Inutile negarlo. E un dettaglio, magari folcloristico ma non privo di importanza, resta quello del suo saluto romano all’arrivo in Italia, di ritorno dalla prigionia americana.
Ma Pound fu soprattutto un grande poeta. Probabilmente il massimo del Novecento. Difficile da leggere, ricco di chiavi e cifre che una volta scoperte lasciano il segno, toccando vette metastoriche, in una parola universali. Mutano infatti le generazioni, ma si continua a leggere la sua poesia. E di regola, prescindendo dal suo credo politico.
Il fascismo entre-deux-guerres - sia detto con il massimo rispetto - è un fatto storicamente transeunte, la poesia, soprattutto quella grande, no. Perché evoca l’ eterno insito nell’ uomo. E Pound, ripetiamo, resta un grande poeta che continuerà a parlare al mondo nei secoli futuri. Come Omero e Dante.
Probabilmente perciò ha ragione Mary de Rachewiltz: se Ezra Pound fu fascista - fascista soprattutto mussoliniano - lo fu per caso, incidentalmente. Certo, con la coerenza che gli era caratteriale. Ma la coerenza è la forma assoluta che trascende contenuti, sempre epocalmente "relativizzabili". Figurarsi per un poeta, ripetiamo, capace più di altri di parlare all'eterno racchiuso nell'uomo.
Però, dal momento che la grande poesia parla a tutti, non può non parlare anche ai fascisti. Perché scandalizzarsi? L'importante è non accettare che la lettura neofascista di Pound - o comunque una lettura politicamente militante - sia l'unica degna di questa nome. O addirittura quella autentica. Tutto qui.

Carlo Gambescia 

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