giovedì 1 aprile 2010

Il libro della settimana:  Carl Schmitt, Cattolicesimo romano e forma politica , il Mulino, Bologna 2010, pp. 96, euro 10,00 . 


https://www.mulino.it/isbn/9788815134080


Diciamo la verità, è sempre malinconico scorgere la figuretta del nano appollaiato sulla spalla del gigante. Perché il gigante, neppure se ne accorge del sovrappeso, mentre il nanetto si gode, anche troppo, il suo minuto di “alta visibilità”… Ed è quello che abbiamo pensato leggendo la postfazione di Carlo Galli, alla comunque opportuna ripubblicazione di Cattolicesimo romano e forma politica , scritto dal “gigante” Carl Schmitt nel 1923 (il Mulino, Bologna 2010, pp. 96, euro 10,00).
Non condividiamo nulla dell’interpretazione veicolata dal professore bolognese: un Carl Schmitt, nazista non per caso; antisemita mai pentito; opportunista sempre; profeta, ma fuori tempo, di un mondo svanito. Un pensiero, insomma, al massimo buono per elucubrazioni filosofiche ad alto tasso decostruttivo, in stile nichilistico-narcisistico, come appunto quelle di Galli.
Pertanto consigliamo ai lettori di ignorare la postfazione e concentrarsi invece sul testo. Cattolicesimo romano e forma politica - sorvolando su suoi aspetti biografici e critici ( ormai ghiotto boccone, per dirla con Sciascia, solo per i “professionisti di Schmitt…) - è di un’attualità sconcertante. E può essere utilissimo per capire la intrigante longevità “sociologica” della Chiesa. Ma anche per comprendere la sua infinita capacità di reazione a sfide che va affrontando da duemila anni. E il più delle volte in modo vincente grazie, appunto, al suo essere complexio oppositorum .
Schmitt, infatti, chiarisce in modo esemplare l’essenza “metapolitica” della Chiesa:

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“Considerata dal punto di vista dell’idea politica del cattolicesimo, l’essenza di questa complexio oppositorum romano-cattolica consiste in una specifica superiorità formale nei confronti della materia della vita umana, quale finora nessun impero ha conosciuto. In questo caso ad una formazione sostanziale della realtà storica e sociale è riuscito - nonostante il suo carattere formale - di rimanere dentro l’esistenza concreta, di essere piena di vita e tuttavia razionale nel grado più alto. Questa peculiarità formale del cattolicesimo romano si basa sulla rigorosa attuazione del principio di rappresentazione”.
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Ma di quale “rappresentazione si parla?
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La Chiesa è la concreta rappresentazione personale di una personalità concreta. Tutti quelli che l’hanno conosciuta hanno sempre ammesso che è la depositaria, in grande stile, dello spirito giuridico, e la vera erede della giurisprudenza romana. Nella sua capacità di forma giuridica sta uno dei suoi segreti sociologici. Ma la forza di attuare questa forma, come ogni altra, la Chiesa la possiede solo in quanto ha la forza della rappresentazione. La Chiesa rappresenta la civitas humana, rappresenta in ogni attimo il rapporto storico con l’incarnazione e con il sacrificio in croce di Cristo, rappresenta Cristo stesso in forma personale, il Dio che si è fatto uomo nella realtà storica. Nel rappresentare, sta la sua superiorità su di un’epoca di pensiero economico” .
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Ora, come lascia intuire Schmitt, che i suoi avversari la combattano come portatrice di superate superstizioni, non è importante, mentre resta fondamentale il fatto che la Chiesa, nonostante tutto, mostri di essere capace - oggi qualcuno potrebbe dire per Dna… - di incarnare “strutturalmente”, forma (idea) e rappresentazione (esistenza). Il che, se ci si passa l’espressione, le conferisce una “marcia in più” rispetto alle altre istituzioni sociali e politiche, spiegandone pure la longevità.
E’, ovvio, che a chiunque ami passeggiare troppo fra le rovine, come Carlo Galli, qualsiasi attribuzione di sovranità sociologica e politologica (in una parola metapolitica) alla Chiesa Cattolica, possa non piacere. Ma l’ elemento di forza del libro di Schmitt - e di riflesso del cattolicesimo romano - è proprio nel mostrare tutta la misteriosa e sovrana potenza sociale racchiusa nel collegamento strutturale tra forma e realtà. Che il teologo, non può non rinviare a un piano ultraterreno, molto lontano. Sul quale però Schmitt non si pronuncia.
Il che però impone di non meravigliarsi quando il Vicario di Cristo, come è capitato, chiede scusa per i passati errori della Chiesa. Quando si viene da lontano e soprattutto quando si è assolutamente consapevoli di venire da lontano: forma (Croce) ed esistenza (Perdono) non possono non coincidere

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