martedì 15 gennaio 2008

Sul denaro 

(in margine a un articolo di Luigi Copertino)




Stimolati da un interessante intervento sul denaro di Luigi Copertino (http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=2554&parametro=economia;http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=2559&parametro=economia) vorremmo qui intervenire, approfondendo l’argomento da un punto di vista sociologico (ma si veda anche il dibattito che ne è scaturito su http://piccolozaccheo.splinder.com/ ). E perciò non possiamo non partire da un sociologo per eccellenza come Georg Simmel, autore di una importantissima Philosophie des Geldes (1900).
Secondo Simmel, il misterioso fascino esercitato dal miraggio dell’illimitato potere d’acquisto racchiuso nel denaro, ha spinto l’uomo moderno a sormontare antiche distanze sociali. Un tentativo al quale si è però accompagnato il crescente timore collettivo di pericolosi attriti. Un timore suscitato dalla progressiva ed “eccessiva vicinanza” tra ceti e classi con stili diversi ma nominalmente accessibili a tutti.
Di conseguenza il moderno Homo oeconomicus, quanto più ha lottato per procurarsi la più preziosa delle “merci” in vendita nella società di mercato, il denaro, per frapporlo quale “neutro” schermo difensivo tra se stesso e l’altro, tanto più ne è divenuto vittima, condannandosi a una progressiva e dilaniante alienazione sociale. Perciò non si può definire l'ascesa sociale del denaro dei moderni come un innocuo processo di oggettivazione. Tramite il quale il valore di scambio si fissi o cada su un oggetto particolare trasformandolo in denaro. In realtà nel mondo moderno, a tale meccanismo spontaneo di oggettivazione, si è sovrapposto un processo di astrazione. Per mezzo del quale al denaro-oggetto si è progressivamente sostituito un sempre più evanescente denaro-segno. Tra questi due fenomeni vi sono perciò alcune differenze, sfuggite a Simmel , anche per ragioni storiche (scomparve nel 1918).
I processi di oggettivazione rilevabili nelle più diverse società storiche, discendono dalla socialmente fisiologica necessità di disporre, con l’incorporazione del denaro in una base o veicolo materiale (conchiglie, grano, orzo, schiavi e metalli preziosi), di un mezzo di commutazione dei bisogni, individuabile e costante nel tempo.
I processi di astrazione nascono invece nel cuore della società moderna (anche se il dibattito sulle loro radici intellettuali pre-moderne resta aperto): una società patologicamente prigioniera dell’idea di assoluta e astratta calcolabilità numerica di uomini e cose. Questi processi sono perciò connotati dal fatto che il denaro-oggetto, pur continuando a rappresentare la relatività valoriale degli oggetti economici, commuta i valori di mercato, spesso già di per sé astratti come quelli borsistici, trasformandoli in denaro-segno. Vale a dire che il denaro finisce così per incarnare, solo in una prima fase mercantilista o bullionista (dall’inglese, “bullion”: oro, argento in verghe) oggetti misurabili e individuabili fisicamente, esito di una base materiale e produttiva (lingotti d’oro, monete auree). Mentre in una seconda fase (che concerne la seconda metà del Novecento, ma per gli aspetti storici rinviamo a Copertino), una banconota viene messa in circolazione, priva di valore intrinseco apprezzabile; è un titolo di credito, al cui portatore la banca centrale dovrebbe versare un controvalore in realtà inesistente. Tuttavia anche se le autorità monetarie, si convertissero improvvisamente dal Gold Bullion Standard, proposto da Ricardo nel 1811, è intuibile che nessuna banca nazionale oggi potrebbe cambiare in barre d’oro, assegni, banconote e cambiali, qualora ciò venisse richiesto simultaneamente da tutti i possessori.
Insomma il “re è nudo”, ma tutti continuano a far finta di nulla… Perché?
In primo luogo, perché si vive all’insegna di quel “come se” che ben descrive i limiti di certa epistemologia moderna non solo diffusa in ambito accademico ma ormai anche a livello di pre-assunto collettivo. Di conseguenza il fondamento del denaro-segno, succeduto al denaro-oggetto, finisce per risiedere in un volatile ma potente elemento psicologico-fiduciario: l’astratta fictio di una promessa di pagamento. All’origine della quale vi è la necessità dei singoli di confidare nel credenza collettivamente diffusa - fondamentale in una economia dilatata in misura crescente dal consumismo - che il denaro posseduto "oggi" consentirà anche "domani" l’acquisizione di una crescente quantità di beni e servizi. Di conseguenza la fiducia “pre-cognitiva” nel potere d’acquisito della moneta, frutto ovviamente anche di forze sociali inerziali - legate all’umano bisogno di sicurezza - e necessità di consumi crescenti indotta da sistema di mercato, procedono di pari passo nell’accentuare il processo di “astrazione” del denaro. Basti qui ricordare l’ambiguo nesso, attualmente creatosi tra sviluppo delle credit cards e diffusione del credito al consumo. Per giunta il grado di conformismo intellettuale è tale, che nessuno, tranne un pugno di non conformisti, osa più interrogarsi “sociologicamente” ( per non dire, non sia mai, in termini di “ontologia sociale”...) su questo volubile dio-denaro dei nostri tempi, che atterra e affanna gli uomini senza mai consolarli. Per parafrasare, ma solo in parte, Alessandro Manzoni.
In secondo luogo, perché, nonostante per i moderni il denaro sia in grado di volare con le proprie ali, esso in realtà vive in perfetta osmosi con le principali istituzioni del mondo finanziario-capitalistico (borse, istituti di credito, compensazione e scambio). In questo modo, al massimo di astrattezza, esemplificata dall’oscuro e apparentemente perpetuo scorrere dei flussi di denaro elettronico, corrisponde a livello tecnico-economico la concreta autodifesa dei propri concreti interessi da parte di quelle oligarchie che lucrano su questi processi di astrazione del denaro. E che nei momenti di crisi, sono sempre le prime a minacciare di non rispettare la “promessa di pagamento” su cui si fonda il sistema monetario mondiale. Per poter così rifugiarsi sotto le ali protettive della Federal Reserve, della Banca Mondiale e delle altre istituzioni finanziarie sovranazionali.
Organizzazioni, queste ultime, a loro volta ben protette dalla spada imperiale americana. Il che significa, per concludere, che gli attuali processi di astrazione della moneta (e non di fisiologica oggettivazione), in ultima istanza, sono possibili solo perché garantiti dalla minaccia dell’uso della forza da parte dell’unica potenza politica, economica e militare rimasta: gli Stati Uniti.
Pertanto, in definitiva, il problema della moneta è economico, filosofico e "teologico", ma anche sociologico e soprattutto politico. Purtroppo. 

Carlo Gambescia

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