mercoledì 30 gennaio 2008

Il Presidente Napolitano 

e il complesso di Weimar





Si vota? Non si vota? Difficile dire. Ma quel che stupisce è l’atteggiamento del Capo dello Stato. Giorgio Napolitano sembra voler temporeggiare. Vuole evitare le elezioni? Probabilmente. Ma crediamo che si comporti in questo modo, non per volgari interessi di parte come sostiene certa destra, bensì perché Napolitano, culturalmente incarna, ciò che ci piace chiamare il complesso di Weimar. Di che cosa parliamo?
Della Prima Repubblica tedesca, a indirizzo democratico, detta appunto di Weimar, città scelta nel 1919 come sede dell'Assemblea Costituente. Tutti ricordano che Hitler andò al potere nel 1933, determinandone la fine, dopo ripetute e affannose prove elettorali, avvenute nel triennio precedente, al termine delle quali, moltiplicando i suoi voti, risultò vincitore, incoronato dal popolo. Abbiamo qui semplificato, ma per approfondire, basta sfogliare qualsiasi libro di storia della Germania.
Ora la vittoria dell’antidemocrazia grazie alla democrazia, ha determinato nel secondo dopoguerra, e particolarmente nelle forze di tradizione antifascista (includendo perciò oltre a comunisti e socialisti, anche liberali e democratici cristiani), una sorta di timore nei riguardi delle elezioni, soprattutto se ripetute a breve scadenza. Timore che ha assunto forme legislative e caratteristiche politiche differenti nei vari paesi europei, sulle quale non possiamo qui soffermarci. Perché quel che preme sottolineare è la paura, ricorrente, nelle élite politiche antifasciste, che il popolo rischi sempre di consegnare la democrazia nella mani dell’antidemocrazia. Di qui, soprattutto nell’Italia, politicamente magmatica del dopo Tangentopoli, lontana anni luce dalle sistemiche certezze politiche fornite dal passato ideologema dell' “arco costituzionale”, il riproporsi, in misura crescente di questo timore. Sul quale, ovviamente, vanno a incidere, e spesso ad arte, anche questioni tattiche e di interesse, legate di volta in volta all' evoluzione della situazione economica e sociale, ma anche a certo costume politico italiano... E allora invece che di Hitler, si preferisce parlare, cercando di mascherare il "retropensiero", di "rischio-instabilità" per la politica, l'economia, eccetera.
Ma il nocciolo duro, ripetiamo, è costituito dal complesso di Weimar. Per farla breve: dalla paura di facilitare, attraverso l’uso dello strumento democratico per eccellenza, le elezioni, l’ascesa al potere di un altro Hitler. E i "complessi", per metterla sul “clinico-politico” condizionano sempre il comportamento politico consapevole di un individuo, accentuandone gli aspetti morbosi (sempre sul piano politico). Il che per una élite politica, che deve sempre mantenere i nervi saldi, è particolarmente grave.
Questo atteggiamento politico fa male o bene alla democrazia?
Qui bisogna essere realisti. Sussistono, infatti, due possibilità. Davanti a un pericolo oggettivo (squadre di uomini in armi, violenze politiche quotidiane nelle strade, nessuna possibilità di controllo sulle procedure di voto, connivenze provate tra l’amministrazione dello stato e le forze sovversive, eccetera) è giusto limitare il ricorso alle elezioni, per non favorire i nemici della democrazia. Ma in altre situazioni, opporsi ad elezioni, che sicuramente come nel caso italiano, anche ammessa la vittoria del centrodestra, non apriranno le porte a qualche nuovo Hitler, fa decisamente male alla democrazia. Soprattutto perché questa volontà “morbosa” di rinviare le elezioni può essere intesa da cittadini “sani”, come un atto di sfiducia verso la democrazia e in particolare verso le capacità decisionali dell’elettorato.
In conclusione, la paura di un’altra Weimar non giova alla politica. Perciò, e ci scusiamo per il tono forse troppo colloquiale, ci pensi bene Presidente Napolitano, prima di prendere qualsiasi decisione...

Carlo Gambescia 

Nessun commento:

Posta un commento