giovedì 3 gennaio 2008

Sul criterio di "buona vita"

Diritto alla salute?



Il governo laburista di Gordon Brown sta studiando come collegare la fruizione del diritto all’assistenza sanitaria a una "sana condotta di vita" (“http://www.corriere.it/ - 2-1-08 ). E primi a essere nel mirino di possibili pratiche restrittive saranno gli obesi e i fumatori. Si tratta, così affermano fonti ufficiose, di un provvedimento testo a limitare i costi di un’assistenza medica pubblica, finora estesa a tutti i cittadini, che sta divenendo sempre più costosa.
Alcuni penseranno che tutto sommato sia giusto penalizzare, chi con una condotta di vita “pericolosa” si rovini “volontariamente” la salute, per poi rivolgersi in cerca di aiuto medico alle strutture pubbliche, finendo così per pesare sul bilancio sanitario. In realtà si tratta di una questione molto delicata. Vediamo perché.
In primo luogo, l’impiego di criteri utilitaristici ( i risparmi di spesa), da parte del potere politico, è sempre pericoloso, soprattutto se collegato a fattori, tutto sommato, di tipo eugenetico (come individuazione delle "buone" condizioni di riproduzione della specie umana). Dal momento che la scelta eugenetica, implicita nei provvedimenti allo studio in Gran Bretagna, implica non tanto una pura indicazione di “Vita Buona” ( “ Io Stato ti consiglio di non fumare e mangiare troppo, altrimenti ti puoi ammalare e morire”), ma di un vero e proprio ordine di condurre una “Vita Buona” (“ Non devi mangiare troppo e fumare, altrimenti Io Stato ti condanno a morte, privandoti delle cure mediche”).
Il che, in secondo luogo, risulta in contrasto con il diritto all’assistenza medica e in più in generale con quello alla salute, celebrati nelle più diverse Carte dei Diritti e Costituzioni. Inoltre si tratta di un diritto oggi profondamente interiorizzato dal punto di vista individuale e collettivo, come vero e proprio diritto di cittadinanza sociale. In definitiva, se un diritto viene condizionato non è più tale. E sostenere che lo si limita, per permettere ai cittadini "buoni" (secondo i dettami governativi) di fruirne, è semplicemente ripugnante sotto il profilo morale e della libertà individuale. Nonché illegittimo sotto quello dei diritti di cittadinanza sociale. Sulla cui estensione le democrazie post-seconda guerra mondiale hanno fondato (e rafforzato in basso) la propria legittimità politica.
In terzo luogo, si tratta di una scelta che apre a prospettive di tipo totalitario. Perché una volta ammesso il principio che il potere politico, può a suo piacimento decidere ciò che sia o meno “Vita Buona”, tutto può divenire possibile. Un bel giorno il Potere può decidere all’improvviso che leggere troppo sia nocivo alla salute, e così via.
Non siamo ingenui e sappiamo benissimo che in ultima istanza, purtroppo, decide sempre la forza. E che in età moderna la fruizione dei diritti celebrati nelle Carte è sempre stata storicamente condizionata dai reali rapporti di forza - semplificando - tra potere politico e potere economico e sociale. E che nel quadro di quest’ultimo il potere esercitato dai cittadini, in termini di diritti politici, e sempre stato più nominale che reale.

Tuttavia, crediamo, sia giunto il momento di reagire, proprio alla luce di quel che minaccia di accadere nella laburista Gran Bretagna e che potrebbe prima o poi, per emulazione politica, avvenire anche nel resto d’Europa.
Ma come difendersi ? Imponendo in tutte le sedi politiche, anche attraverso democratiche manifestazioni collettive, la sacralità del diritto alla salute. E più in generale del nostro diritto di decidere, individualmente, che cosa sia una “Buona Vita” e non di subire, perché imposti da chi ci comanda, i criteri di definzione di che cosa debba essere per noi, collettivamente, una "Vita Buona".

Carlo Gambescia

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