martedì 27 febbraio 2024

Voto in Sardegna. Che tristezza

 


Incipit che non c’entra quasi nulla con il resto del pezzo.  Quasi, attenzione.

Maurizio Belpietro ha stoffa del vero giornalista di regime. Si pensi, come esempio, ai direttori dell’ ”Unità” degli anni Cinquanta dello scorso secolo, abilissimi nel nascondere ogni notizia sfavorevole all’Unione Sovietica. Però dietro  “L' Unità”, c’era un partito totalitario.

Per contro dietro Belpietro, che nasconde la sconfitta della destra in Sardegna (micro taglio basso di prima, boxinato, quasi invisibile, con dubbi trumpiani sulla regolarità delle elezioni), non c’è nessuno. Se non il fantasma di Marat.
Livore puro. Frammisto, forse, a delirio di onnipotenza,  Si chiama giacobinismo giornalistico, poi perfezionato da Napoleone: si trasforma l’avversario in nemico assoluto. E ogni mezzo è buono per distruggerlo. Soprattutto la menzogna. La destra ha perso 1 a 0 , non si dice, però si avanza l’idea maligna che l’arbitro abbia truccato la partita (*).

Roba da manuale delle vecchie marmotte della guerra civile. Altro che il fair play liberale… Che tristezza. Anche perché Belpietro ha la spudoratezza di definirsi liberale. Però, così è. Italia, anno di grazia, 2024.

Il lettore penserà, perché essere tristi? La destra ha perso le regionali sarde. Qui veniamo all’argomento di oggi.

E invece siamo tristi come prima, anzi più di prima. E per una semplice ragione. Assenza di sbocchi politici. Perché l’Italia è finita in un vicolo cieco. Infatti è vero che ha vinto la sinistra, ma si tratta della sinistra populista del Pd e del M5S: il “campo largo” è un impasto di autoritarismo, statalismo, giustizialismo. Solo per dirne una: sarà governatore della Sardegna, un ex ministro a Cinque Stelle.

Certo, una vittoria della destra avrebbe rafforzato la linea politica di FdI. Un nuovo successo da sbandierare in pubblico per i manganellatori riuniti di Palazzo Chigi. Però il vero punto della questione è che la linea politica della destra è altrettanto statalista, autoritarista e giustizialista. Per dirla  alla buona: “ammazza ammazza è tutta ‘na razza”.

Purtroppo, il problema di fondo è dettato da un fatto preciso: che ormai la scelta dell’ elettore italiano è tra il populismo di destra e il populismo di sinistra. Tra una destra razzista e una sinistra welfarista. Ad esempio, a proposito di welfare, l’unica differenza tra destra e sinistra in materia è nel fatto che destra vuole riservare il welfare solo agli italiani, la sinistra vuole invece estenderlo ai migranti. Comunque la si metta, l’utilità della costosa gabbia welfarista è condivisa dalla destra e dalla sinistra.

Ora il lettore, che già sta  facendo il conto alla rovescia, si aspetta i soliti tuoni e fulmini di Gambescia sul deficit italiano di liberalismo, eccetera, eccetera.

A dire il vero, avvertiamo solo una grande tristezza. Perché vedere l’Italia perseverare negli stessi errori è avvilente. Sicché Gambescia oggi non se la sente. Niente tirate. Solo va l’uomo in frack…

Carlo Gambescia

(*) Per il titolo de “La Verità” e per un raffronto di titolazione si veda qui: https://www.giornalone.it/ .

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