sabato 24 febbraio 2024

A due anni dall’aggressione russa. Sull’ “ammuina” di Giorgia Meloni e altre cose

 


Sarà pure un nostro pregiudizio ma la proclamata vicinanza di Giorgia Meloni all’Ucraina a reti unificate non ci convince. E Salvini a parte, almeno per tre ragioni.

In primo luogo, perché l’Italia, pur inviando aiuti, anche militari, all’interno della Nato o meno, non ha la sufficiente forza, come del resto gli altri paesi Ue, per favorire la vittoria dell’Ucraina. Precisazione: vittoria nel senso di espulsione delle truppe russe dal territorio ucraino (con una forte opzione militare sulla reintegrazione della Crimea). Insomma come stop, o schiaffone, all’imperialismo militare russo. Senza però penetrare di un centimetro in territorio russo.

Pertanto, in secondo luogo, l’ attivismo italiano, più nei principi che altro, sembra essere un’ “ammuina” diplomatica, nel senso di agitarsi per attrarre la benevola attenzione dei superiori: gli Stati Uniti.

In terzo luogo, perché la debolezza militare – di questo si tratta – unita ad altre debolezze militari, quelle Ue e Nato (con gli Usa con il freno tirato), non fa la forza, ma produce una debolezza moltiplicata per il numero degli alleati. Oltre, ovviamente alla normale presenza, in un’alleanza militare, di problemi inerenti alla direzione tattica, strategica , alla coesione ideologica, al bilancio economico, eccetera, eccetera.

In realtà, nonostante la vigorosa propaganda anti-Zelensky dei russi e dei filorussi europei, l’Ucraina ha ricevuto aiuti americani ed europei (militari, finanziari, umanitari) mediocri e intermittenti: circa 110 miliardi di euro all’anno (*). Per capire i valori: al 15 gennaio 2024, secondo la Banca d’Italia, il debito pubblico italiano è circa 2.855 miliardi di euro. Se ci si passa il termine, all’Ucraina  hanno inviato i bruscolini. Se Kiev finora ha retto all’aggressione russa il merito è del valore dei suoi soldati e della manifesta e ridicola incapacità dei generali russi. Ovviamente alla lunga l’Ucraina, vista la sproporzione di forze, soprattutto economiche e demografiche, non potrà farcela.

Sono tre aspetti della situazione che Giorgia Meloni conosce molto bene  e sui quali conta per sviluppare una politica verso l’Ucraina di alleanza passiva, e conseguentemente di mani libere in caso di vittoria russa e di cedimento americano. Più che probabile nel caso di vittoria elettorale di Trump, che sul disimpegno statunitense nell’Est europeo, a partire dall’Ucraina, sta costruendo la sua campagna elettorale.

In qualche misura l’ “ammuina’ meloniana”, inclusa la sua presenza oggi a Kiev, alla presidenza del G7 (ma non come pare di 5 leader su 7, compreso Biden in videoconferenza da Washington), va collegata all’attesa dei risultati, prima della campagna l’elettorale (se Trump, verrà condannato), poi eventualmente, dei risultati di novembre (se Trump parteciperà, vincendo come molti osservatori danno quasi per scontato).

Pertanto, in particolare per il passato, culturalmente, missino, parlare dell’atlantismo della Meloni, è come parlare della castità di Don Giovanni. Si tratta di un attesa, tattica diciamo, per gustare meglio, strategicamente, le grazie del Cremlino. O comunque per non gustarsi con nessuno, soprattutto se Trump, che alla destra piace più del “moscio” Biden, dovesse vincere le elezioni e ritirare le truppe. Come in Vietnam e Afghanistan, per fare due esempi.

Purtroppo, a due anni precisi dall’aggressione russa, considerate le limitate risorse militari europee, la responsabilità di una guerra condotta di mala voglia, ovviamente non dagli eroici soldati ucraini, è tutta degli Stati Uniti, che per parafrasare (al contrario) il titolo di un celebre libro di Kipling, non vogliono, da almeno un secolo, farsi re. La corona imperiale è a portata di mano, là in terra, ma niente da fare: Washington non vuole raccoglierla. Esita, si avvicina, la prende, la prova, per poi di nuovo posarla in terra. Tutto il Novecento per capirsi, è distinto da questa politica dei due passi in avanti, uno indietro.

Ciò non significa che, storicamente parlando, non esista una comunità atlantica, culturale, politica, economica, persino militare. La comunità esiste. Ma perché sia tale ci si deve credere.

E gli americani, per primi, tentennano. Il che spiega, di riflesso, l’atteggiamento ondivago o comunque ambiguo di molti alleati europei, che magari ne condividono valori e interessi, ma non si fidano, Figurarsi perciò quando, come nel caso del governo Meloni e di Fratelli d’Italia, si sia ancora rivestiti di embrici missini e neofascisti: Se non si fidano degli Stati Uniti i liberal-democratici,  figurarsi i nipoti dei grandi sconfitti del 1945.

Un atteggiamento ondivago, di tutti a questo punto, anche all’interno della Nato (per non parlare dell’utopistica idea della conversione militare europea dalle rsa per anziani alle caserme militari…).Siamo purtroppo davanti a una pericolosa frammentazione morale e psicologica, prima che politica, sulla quale i russi contano per allungare gli artigli, prima sull’Europa orientale, poi, se dovesse presentarsi l’occasione, sull’Europa occidentale. Si pensi alla Russia, come alla classica valanga di neve che ingrossa precipitando a valle, schiacciando ogni cosa che trova sulla sua strada. Fermarla non sarà facile. Ma si dovrà pur cominciare.

Pertanto l’ ”ammuina” di Giorgia Meloni, a due anni dall’aggressione russa, è patetica e pericolosa per le libertà europee, quindi politiche, culturali, sociali, economiche. Perché si rischia di essere sommersi dalla forza cieca dell’imperialismo militare russo.  Insomma, altro che i giochini alla bella lavanderina di Giorgia Meloni.

Ai tempi della guerra del Vietnam  nei circoli americani si sorrideva di Bob Hope, l’attore comico,  che nicchiava. Poi però andò Saigon. Si diceva scherzando che Hope, noto per il suo impegno nell’intrattenimento delle truppe durante il secondo conflitto mondiale, si sarebbe mosso solo per una World War III.

Ecco, gli Stati Uniti sembrano soffrire della sindrome di Bob Hope. Alla fine vanno. Però prima quanta fatica…

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/ucraina-stella-senza-aiuti-157634 . E qui: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/quanti-aiuti-allucraina-131627 (2023) ; https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/ucraina-a-due-anni-dallinvasione-164678 (2024).

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