venerdì 23 febbraio 2024

Modernità e dintorni. Il nuovo numero del “Corriere metapolitico”


 

Iniziamo dalla fine. “Il Corriere metapolitico” deve diventare una lettura assidua  per quanti si occupino, e in modo serio, dell’argomento. Il suo direttore Aldo La Fata, oltre ad essere un fine studioso di filosofia e cultura della religione (si spera che l’amico Aldo sia d’accordo con questa nostra definizione, forse troppo “generalista”), riprende, sviluppa e rilancia la lezione, di un pensatore metapolitico per eccellenza, Silvano Panunzio (1918-2018).

Un geniale filosofo, dal sapere enciclopedico (non “enciclopedista”) che scorgeva nella metapolitica un ponte verso la metafisica cristiana, non chiusa però alla lezione del fatti. Resta fondamentale, comunque la si pensi, la sua tripartizione concettuale, tra metapolitica (il lato alto e direttivo della politica), politica (il lato medio diciamo della politica, basato sulle dure repliche della storia e dei fatti), criptopolitica (il lato basso, se non infimo, della politica come corruzione e pervertimento delle cose umane).

Di qui la particolare importanza, per venire al punto, dell’ultimo fascicolo del “Corriere”, il numero 21 (dicembre 2023, anno VII), che si distingue, tra l’altro,  per la nuova bella veste grafica.

Il nuovo numero ruota riccamente intorno, per più della metà delle sue pagine, alla figura di Silvano Panunzio (“Forum di metapolitica”, pp. 7-93). Risplende di luce propria grazie agli eccellenti saggi di Giuseppe Palomba (riproposizione di un testo uscito nel 1979), Aldo La Fata, Roberto Russano (nuovi di zecca). Ai quali si aggiunge il pirotecnico scritto di Alberto Buela sul dissenso come strumento di una metapolitica dell’azione, testo tratto dal suo Epítome de Metapolítica, uscito in Argentina nel 2022. A chiusura del “forum” la riproposizione di due voci enciclopediche su e di Panunzio, uscite in Brasile.

Tra i vari contributi, distribuiti nelle sezioni che seguono, ricordiamo quello, molto brillante, di Bruno Bérard sul rapporto non del tutto scontato, talvolta conflittuale, ma necessario per alzare il tono euristico, tra metafisica e teologia (pp. 94-101). Non meno interessante il dotto contributo di Vincenzo Nuzzo (pp. 102-129). Uno scritto che si muove, pur come sottotesto (così crediamo), sui sentieri cognitivi del rapporto, da molti giudicato  innaturale ( ma non da chi  scrive), tra idealismo e realismo, incentrandolo su due figure, apparentemente lontane, anche nel tempo, come quelle del fisico Wolfgang Smith e di un filosofo, cognitivamente, problematico come Malebranche, al quale Augusto Del Noce, dedicò giustamente tempo e intelligenza, in cerca  delle tracce  nel mondo cartesiano e postcartesiano  di una modernità filosofica alternativa, ma modernità.

Su quest’ultimo argomento, ricordiamo il nitido saggio, diremmo addirittura metodologicamente esemplare, di Nuccio D’Anna. Dedicato a un Gabriel Marcel padre del novecentesco esistenzialismo cristiano (pp. 148-162), filosofo capace di tornare alla lezione dei fatti. Marcel, almeno così crediamo di intuire, taglia in due, concettualmente, il nodo della modernità: carcere e libertà dell’uomo di oggi. Marcel sembra però propendere per il carcere. Perché la vera libertà è in Dio. Il suo  Homo Viator, viaggia e vola altissimo.

Facendo un passo a ritroso, visto che siamo giunti a pagina 162 del fascicolo, consigliamo la lettura dell’ ”Intermezzo” di Dario Chioli sull’importanza di ragionare e argomentare (pp. 136-139), facoltà ricondotte a Logos e Sophía, come giusta lotta a “una mente asservita alle consuetudini”. Un dato sociologico, quest’ultimo, sul quale riflettere.

Seguono infine la rubrica delle recensioni e della novità editoriali (pp. 163-181).

Come il lettore può intuire non sono poche le buone ragioni per ricevere e leggere con assiduità “Il Corriere metapolitico” (alafata@yahoo.com). Non ultima, certamente, la motivazione esposta da Aldo La Fata nel suo editoriale, citando, immeritatamente, la nostra ultima fatica, il Trattato di metapolitica, nonché, più che giustamente, l’ Epítome de metapolitica dell’ intellettualmente instancabile Alberto Buela.

Scrive La Fata, riferendosi ovviamente anche al grande lavoro di ricerca svolto dalla rivista: 

“L’insieme di tutti questi studi apre così nuovi orizzonti interpretativi ai ricercatori e comprova l’importanza di prospettive di vetta che sanno guardare senza timore oltre le colonne d’Ercole della finitezza e della storia, spingendosi verso gli estremi limiti del mondo conosciuto e inerpicandosi sulle sue maggiori alture. È là che fiorisce rigogliosa la metapolitica” (p. 6).

Questo obiettivo, ci permettiamo di aggiungere, non può non passare attraverso un serrato confronto, che quindi non può essere di radicale rifiuto, con quella modernità, che più sopra abbiamo definito carcere e libertà dell’uomo di oggi. Il che può apparire contraddittorio. Ma, per dirla banalmente, senza carcere non c’è libertà. E senza libertà c’è solo carcere. Si dirà pure che senza carcere, esiste solo la licenza. Qui però resta lecito chiedersi che cosa sia la libertà. Difficile, se non addirittura impossibile, dare disposte definitive in argomento. Anche perché, per usare il lessico teologico-religioso, le società di santi per forza sono pericolose quanto quelle di peccatori per obbligo.

Lasciamo allora che ognuno decida liberamente. Del resto vi sarà sempre un margine di errore, di imperfezione criptopolitica, per dirla con Silvano Panunzio. Le società, pur tra alti e bassi, trovano da sole il proprio equilibrio, per selezione istituzionale. Non esistono società perfette, costruite dall’alto, qualunque sia la fonte della sovranità in senso lato: la tradizione  o la democrazia .

Esistono però società meno imperfette di altre. Il vero problema cognitivo è che lo si capisce solo secoli dopo.  Passeggiando  tra le  rovine...  

Di qui però l’importanza della metapolitica, come scienza dei limiti, delle regolarità e dell’ironia.

Carlo Gambescia

 


Nessun commento:

Posta un commento