venerdì 29 dicembre 2023

Mario Sechi e il culto della personalità


Certe cose non possono passare. Anzi non devono. Però, chi si indigna più? Qui il punto.

Infatti non sarebbe normale (si noti il triste condizionale) che un direttore di un quotidiano pubblichi a tutta pagina la foto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Si lascino subito da parte le battute (ci si crede simpaticamente ironici: “Uomo dell’anno”…) e tre editoriali a tappetino ( dello stesso, Sechi, Capezzone, Specchia) (*).  Roba da Ufficio Stampa della Presidenza del Consiglio. E infatti da lì viene Mario Sechi, l’attuale direttore di “Libero”.

Il fatto grave non è la solita accusa al giornalista che mette la sua penna al servizio di qualcuno. Ma è il culto della personalità sul piano politico (non parliamo di influencer e mitologie varie, parliamo di stanza dei bottoni, di potere vero).

Un culto della personalità che qualsiasi giornale, che si dichiari “liberale” – e “Libero” perfino nella testata – dovrebbe evitare come la peste. Liberale è sinonimo di uomo libero che non si inginocchia davanti a nessuno. E Sechi non sembra rientrare nella tipologia.

Un culto della personalità politica che, cosa peggiore, non rimane confinato dentro la redazione, ma si veicola fuori, ottundendo il cervello della gente. È come se si giocasse con una pistola carica. Il punto è che la pistola è nelle mani di un giornalista professionista, direttore di una testata a larga tiratura come “Libero”. Non parliamo di un gruppetto di estremisti, stretti intorno a un giornaletto, fissati con il culto del capo.

Perché esistono persone come Mario Sechi? Che in precedenza tifava per Monti (l’opposto di Giorgia Meloni).

Perché si sceglie di servire? Per soldi? Quindi per condurre la “dolce vita”? Per finire nell’orbita delle persone influenti all’ombra del capo? Per non essere tagliati fuori dal giro del potere? Perché servire appaga certo servilismo innato che alberga in alcuni uomini? Difficile dire.

Probabilmente si tratta di una velenosa miscela di tutte queste cose. Ora prevale un fattore, ora l’altro.

Il prodotto finale però è sempre lo stesso: culto della personalità. Una malattia gravissima che in un giornalista è mortale. Si crea un clima di complicità pandemica anche con i lettori. Un’ atmosfera mefitica che fa sparire il senso del ridicolo. Regna così l’impermeabilità alle critiche. Noi contro Loro. Si ritiene cosa normalissima adorare e difendere il “capo”. Perché?

Sechi & Co., ripetono che hanno salvato l’Italia dalla sinistra. Di qui l’idea di non fare prigionieri, o comunque di resistere, facendo gruppo, come detto, intorno al capo. Di qui il culto del “Salvatore”. Nel caso della “Salvatrice”.

Però – ecco il vero punto – l’Italia è finita nelle mani di una destra che non si vedeva dal tempo del fascismo. Quando Mussolini giganteggiava in prima pagina. Proprio come oggi Giorgia Meloni.

Se avesse vinto la sinistra, ora si comporterebbe come la destra? Una Schlein in prima pagina su “Repubblica”? Può darsi. Anche la sinistra ha le sue tradizioni in materia… Però una pena al giorno.

Purtroppo, e siamo alle solite, si sente la mancanza di un vero giornalismo nemico del culto della personalità. A destra come a sinistra. Un giornalismo liberale.

Per dirne solo una. Sul vecchio “Giornale” diretto da un vigoroso Montanelli, prima dell’invasione barbarica berlusconiana, regnava la sobrietà.

Quanta acqua è passata sotto i ponti del giornalismo liberale. Da Indro Montanelli a Mario Sechi. 

Che tristezza.

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://www.giornalone.it/prima-pagina-libero/ .

 

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