sabato 22 febbraio 2020

Le epidemie al tempo del populismo

Stando alle prime pagine dei  giornali,  oggi  saremmo in piena  pandemia. Ovviamente non è ancora così,   ma politici per primi,  si sta facendo  veramente del peggio per alimentare un clima di paura e per  facilitare, volenti o nolenti, la  crescente  concentrazione dei poteri pubblici:  la cui prima vittima, cosa fondamentale,  rischia di essere proprio  la nostra libertà.
Ora, davanti alle classiche epidemie di peste del nostro lontano passato, le restrizioni, seppure rozze e ridicole, potevano avere un senso.  Ma dinanzi a qualcosa di curabile, che non ha nulla a che vedere con  le celebri  pagine manzoniane dei  Promessi Sposi sarebbe veramente  sciocco lasciarsi prendere dal panico (*). 
Eppure la politica,  sta agendo,  come se invece del Duemila si fosse nel Seicento. Per non parlare dei mass media… O peggio ancora del Web… 
Come insegna la sociologia,  tutte le emergenze, vere o false che siano, implicano l' accentramento di poteri pubblici e le drastiche diminuzioni di libertà. Pitirim Sorokin, scrisse un magnifico libro,  Man and Society in Calamity (1942), dove,  dati storici  e  sociologici alla mano,  dimostrò il nesso causale tra epidemie,  terremoti, rivoluzioni, guerre e gravissime restrizione alla libertà.  Pertanto,  si dovrebbe prestare grande  attenzione al cosiddetto meccanismo dell'allarme sociale. Tradotto: mai mettere  in moto senza ragioni valide, diciamo oggettive e comprovate,  la macchina, soprattutto se straordinaria,  del controllo sociale.  Che è  mossa  da  puri e semplici automatismi sociali, quasi sempre  acefali, quindi  cripto-totalitari, che  una volta avviati non  si  fermano o  arrestano con un cenno della mano.    

Ad esempio,  la chiusura delle stazioni intorno a Lodi (per quindici casi, non per quindici deceduti…), la necessità  della quarantena, neppure si  fosse nella Milano del Seicento,  la  tremebonda  chiusura, già venti giorni fa, dei  voli da e  per la Cina ,  infine  la minaccia di Conte di nuove misure più severe,  sono tutti esempi di progressive e pericolose  restrizione alla nostra libertà.  Ovviamente, come si dice sempre, per il nostro bene. Per impedire, si dice, che l'epidemia si trasformi in pandemia. Puro gioco di parole... 
Si tratta di  un micidiale mix di isteria mediatica e principio di precauzione. L’isteria mediatica appartiene da sempre all’immaginario sensazionalistico del giornalismo. Il  principio di precauzione fa parte invece dell’immaginario costruttivista della sinistra (e anche della destra statalista). Si vuole maniacalmente mettere tutto sotto controllo in nome di un’idea di bene collettivo, di cui il potere politico  avrebbe le magiche  chiavi: “Io Stato so ciò che è bene per te, o Cittadino”. Detto altrimenti: per il principio di precauzione, peste e influenza pari sono.  

Fortunatamente la gente, spinta dalla normalità quotidiana,  continua, per ora, la propria vita,  dal momento che la diffusione del virus è limitatissima,  quindi inavvertita, anche in  termini di mortalità de facto, praticamente inferiore a quella delle epidemie stagionali di influenza, in Italia come nell'intero Occidente.  
Sotto questo profilo,  il cosiddetto popolo sembra essere più maturo -  certo, per ora -  delle sue élite.  Forse perché capisce i rischi che corre la libertà individuale, o più probabilmente   per rimozione  emotiva.  Insomma,    per non rinunciare alle proprie abitudini.  Talvolta  le abitudini, come bisogno di normalità,  sono più forti di ogni altro sentimento collettivo. Talvolta, non sempre…

Diciamo, infine, che  al  mix di cui sopra (isterismo e principio di precauzione), si somma quel populismo che oggi  sembra essere il collante politico dei governi, di destra o sinistra che siano. Che conduce a fare scemenze,  non tanto per il popolo -   attenzione  - quanto in nome  del popolo. Un atteggiamento che inevitabilmente  agisce da  moltiplicatore del già pericoloso principio di precauzione. Con le possibili  conseguenze  che abbiamo già ricordato.
Buona giornata a tutti.



Carlo Gambescia