mercoledì 12 febbraio 2020

Rapporto Istat sulla popolazione
Basta con i piagnistei


Il declino demografico  rende più difficili le guerre. Gli stessi effetti sono prodotti  da un'elevata  età media  della popolazione. Come noto,  l’indice di bellicosità è direttamente proporzionale  alla prevalenza nella popolazione delle classi di età più giovani.  Pertanto i dati  riportati dall’ Istat, nel suo ultimo rapporto, di un’ Italia dall’età media  intorno ai  45, dove nascono meno bambini vanno interpretati in tutt’altro modo   Sicuramente  non in chiave catastrofica, come invece si legge nelle prime pagine di oggi.
Del resto, storicamente parlando, il nesso  tra declino demografico come causa del declino politico non è provato. Per contro  è dimostrato l’altro nesso causale, quello  tra  declino politico e demografico. Guerre e  invasioni, fatti eminentemente politici,  sono la prima causa  del declino demografico.  
La retorica  moralista  sulle  “società che fanno meno figli”, "sulla paura",  "sulle élite egoiste" non ha alcun fondamento reale.  Del resto la demografia storica, come scienza, si avvale  non di puntuali statistiche sulla popolazione, ma di ipotesi estrapolate da una  letteratura storica, spesso frammentaria, che riflette sempre il  modo di pensare del tempo. Un solo dato però è certo: quello che guerre e invasioni sono causa di spopolamento.

Per fare un esempio, della natura ciclica della morale ( e quindi della sua scarsa affidabilità cognitiva),  il cristianesimo che oggi  invoca provvedimenti  in favore delle famiglie,  nei primi secoli della sua esistenza,   difendeva castità,  nubilato e celibato.  E non solo di preti, monaci e monache.  Al riguardo esiste  la testimonianza scritta di numerosi  Padri della Chiesa.
Ovviamente,  non tutto è  così  roseo.  Resta il problema di come difendersi dai popoli  con  alto indice di  bellicosità e basso indice di età.  Come comportarsi?
Sul piano economico e culturale la diffusione del modello di vita  moderno  fondato sulla libertà di scelta  può essere  di grande aiuto. Ad esempio, come provano indagini demoscopiche,  le famiglie di  immigrati  di religione islamica, dunque tradizionaliste, una volta stabilitesi in Occidente, seppure lentamente (dopo una generazione forse due), cambiano costume di vita, uniformandosi ai tassi di natalità delle famiglie moderne. Sul piano politico-militare la superiorità tecnologica, se consapevolmente impiegata,  può addirittura essere  determinante. Oggi  nelle guerre il numero  non fa più la forza.

Quel che riteniamo importante sottolineare  è l’impossibilità di  prevedere  cosa accadrà  in futuro. Perché è vero che  la curva demografica, storicamente parlando, nell’Ottocento e  soprattutto nel Novecento, ha subito una notevolissima impennata, ma è altrettanto vero  che  le catastrofiche previsioni del Rapporto Mit, pubblicato  all'inizio degli  anni Settanta del secolo scorso,  non si sono assolutamente  verificate.  Anzi,  oggi si ravvisa un inversione di tendenza, soprattutto dove si va sviluppando il modello culturale moderno. In questo senso l’Occidente è all’avanguardia.
Pertanto basta con i piagnistei  

Carlo Gambescia