martedì 11 febbraio 2020

Grillo e la democrazia diretta
Come parlare a vanvera

Sui risultati della banalizzazione della politica introdotta in Italia da Beppe Grillo,  Roma ne sa qualcosa.  Un Sindaco a Cinque Stelle incapace, un giunta ancora meno. Mentre per il Governo nazionale parlano i fatti. Disastrosi.
La cosiddetta scossa grillina alla politica italiana si è risolta nella caduta verticale del Pil.  L’Italia regge ancora  perché gode  di una proficua  rete  fiduciaria di scambi economici, politici e culturali internazionali. Se dovesse disgregarsi l’Unione Europea e gli Stati Uniti dovessero continuare a marciare per la propria strada, come sta avvenendo, , sarebbe la fine. Si riaffaccerebbero subito  i vecchi demoni  autarchici del nazionalismo in un mondo dove non conteremmo assolutamente nulla. 
Il populismo non funziona. Una volta al  governo, sia nella  versione sinistra che destra,  porta alla paralisi.  A Roma come altrove. E dove ci sono i mezzi economici, come negli Stati Uniti di Trump (altro "Grande Semplificatore"), si  pone l’economia al servizio di prossime venture guerre nazionalistiche prive totalmente di senso.    
Eppure Grillo, come nell’ articolo di ieri (" Il Re dei Ratti"),  continua a inneggiare alla democrazia diretta digitale. Parla di un  fantomatico megapanel  di mille persone, estratte a sorte da un campione rappresentativo della società italiana.  Persone  che dopo breve discussione dovrebbero votare le leggi (*). Il tutto, ovviamente,  in tempo reale:  di ora in ora, di giorno di giorno, in omaggio a una democrazia finalmente  senza partiti, ma nelle solide  mani (si fa per dire)  di una democrazia da mega-assemblea condominiale. 
Grillo non inventa niente, il sistema del tirare a sorte e  delle deliberazioni popolari  fu sperimentato nella città-stato greca del  V secolo e nel comune italiano del Basso medioevo. E come gli storici sanno i risultati non furono buoni:  nell’ipotesi migliore città-stato e comuni  si trasformarono in signorie di un uomo e   nella  peggiore in dure  tirannie, proprio  a causa dell’incapacità manifesta dei cittadini di governarsi da soli. La ferocia delle lotte intestine  in Grecia e nei comuni italiani del Due-Trecento è memorabile.  Altro che templi di libertà. 
Altra cosa che la storia mostra, è che sia nella città stato sia nel comune medievale, il potere  alla fin fine  veniva comunque gestito da pochi. E per ragioni legate alle competenze.  I comandanti militari non venivano tirati a sorte.  Ci si rivolgeva a  capi collaudati. Il che, come per certi  aspetti, prova  l'esperienza storica,  introduceva un fattore di tipo militaristico nella politica,  come provano le figure di Temistocle e  Alcibiade (un democratico e un aristocratico) e dei tanti condottieri divenuti signori, come  quelle  dei  Gonzaga e dei Montefeltro. Nonché sia detto per inciso, e facendo un passo storico indietro, come il  "democraticissimo" Pericle che  in tema di navi e "cannoni" per così dire,  non scherzava. 
Beppe  Grillo che cosa ne  sa?  Parla a vanvera. E non capisce che la democrazia rappresentativa è un magnifico e delicato esperimento liberale   in corso neppure due secoli: un unicum storico, per parlare difficile.  Certo, la democrazia liberale,  può essere integrata e  migliorata, sempre prudentemente, con l’adozione di tecniche come quelle dei  micropanel consultivi (tesi già avanzata dal politologo Robert  Dahl una  ventina di anni fa: nulla di nuovo sotto il sole).  Giammai  puntando, come evoca Grillo, sulla deriva digital-plebiscitaria del macropanel deliberativo di mille persone.
Un serpentone digitale - come insegna  Roberto Michels -   che  finirebbe inevitabilmente,  seppure a rotazione, nelle mani di una specie di élite che però  non avrebbe le qualità dell' élite perché frutto del caso. Ne nascerebbe un’ignoranza diffusa capace solo di condurre  prima al caos e poi all’ascesa  di  tiranni e signori. 
Quest’uomo, Grillo, finge o crede veramente in quel che dice? Nelle sue parole a vanvera? Propendiamo per la prima ipotesi. Finge. Anche perché  tutti sappiamo come funziona la democrazia digitale nel  Movimento Cinque Stelle…

Carlo Gambescia