giovedì 27 febbraio 2020

Coronavirus, un  caso di  procurato allarme
Chi pagherà?    


La storia, come fenomeno macro, si compone di tante micro-storie.  Anche personali. Ad esempio, mia figlia che vive e lavora al Nord da quasi dieci anni, ha dovuto rinunciare  a  un viaggio a Roma,  per evitare, pur non avendo alcun sintomo, né provenendo da “zona rossa”,  testuale  “di  non poter più tornare indietro o di ritrovarsi bloccata, per ragioni di sicurezza su qualche treno, lungo la rete ferroviaria”…
Come mia figlia, chissà quante altre persone avranno disdetto… E con che danni per l’economia.
Si dirà che è l’ individuo che decide. Perfetto.  Mia figlia poteva venire comunque a Roma,  nessuno le aveva vietato di viaggiare… Eppure ha preferito, perché,  sempre testuale:  “Cari mamma e papà,  noto segni di squilibrio”.
Mia figlia è psicologa. Ma diciamo pure  “gabbia di matti”.  E i matti sono imprevedibili. Di qui, quell'alea crescente, che sul piano decisionale implica scelte individuali di tipo difensivo, comparando, come nel caso di mia figlia,  i costi da affrontare, attenzione, non nei riguardi dell'epidemia in sé,  ma degli effetti di ricaduta di  sempre possibili strampalate misure politiche prese da  autorità che mostrano "segni di squilibrio".      
In che senso squilibrio?  Sociologicamente parlando,  di polarizzazione  dei comportamenti politici. Fino a ieri l'Italia sembrava in ginocchio.  Oggi invece, del resto giustamente,  sta entrando nella fase: “Contrordine compagni sul Coronavirus abbiamo esagerato”.  
E qui viene il bello.  Chi ha esagerato? Sul punto prepariamoci da subito allo scaricabarile tra Governo, Ministeri ,Regioni. E come al solito non  se  ne verrà  a  capo.      
Una cosa però  è certa. L’articolo 658 del Codice Penale contempla il reato di “procurato allarme”, con esso si intende il compimento di atti che fanno scattare le procedure di emergenza senza che vi sia la presenza di un reale pericolo.  Così recita la legge:

«Chiunque, annunziando disastri, infortuni o pericoli inesistenti, suscita allarme presso l'Autorità, o presso enti e persone che esercitano un pubblico servizio, è punito con l' arresto  fino a sei mesi o con l’ammenda  da euro 10 a euro 516». 



Ed è ciò che è  accaduto nei giorni scorsi  in Italia. Chi pagherà?  Riteniamo  che il Presidente del Consiglio, pur essendo Pubblica Autorità, il che a nostro avviso risulta  un' aggravante,  sia colpevole di procurato allarme.   E che quindi debba essere  perseguito. Una sua condanna avrebbe perciò  un grande valore simbolico.
Ovviamente, non è detto che sarà Conte a pagare. L’Italia è una gabbia di matti e di voltagabbana. Questa mattina, come detto,  i giornali, hanno iniziato a smorzare i toni, sperando così di salvare la faccia davanti ai lettori, magari attaccando pure i politici. Che ovviamente se lo meritano. Ma  che a loro volta se la prenderanno con i mass media, vecchi e nuovi. Poi arriveranno i comici, i talk show, le piazze pulite, i complottisti, le confessioni, le scuse, i casi umani. E così via, tutti insieme appassionatamente, populisteggiando e bombardando di fregnacce (pardon) il rintronato medio italiano...


Naturalmente chi ci legge, sa benissimo che fin dall’inizio, “noi”   abbiamo consigliato un atteggiamento di grande prudenza.  I dati italiani sull’epidemia,  che ora le facce di bronzo della politica  e del giornalismo, iniziano a mettere in discussione, facendo finta di nulla, anzi fischiettando come Pippo per la città,  erano semplicemente  ridicoli.  Altro che pandemia… Era pura questione di buonsenso. E invece dagli all'untore...  Ma questa  è un’altra storia.  


Carlo Gambescia