domenica 25 marzo 2018

Dopo l’elezione dei Presidenti delle Camere
La parola ora  torna al Colle, ed è decisiva



Cominciamo con una battuta (fino a un certo punto). Il prossimo libro di Marcello Veneziani sarà una nuova edizione, forse la quarta, la quinta (non sapremmo) dell’evergreen per post-esiliati in patria,  La rivoluzione conservatrice in Italia. Stavolta  però con il M5S al  posto  di Forza Italia. Insomma, da Evola e  Gentile fino a Fico e  Salvini,  passando sul cadavere di Berlusconi. Proprio lo stesso  Cavaliere  che  mise l'intellettuale di Bisceglie dentro il CdA  Rai, cambiandogli  vita e casa (nel senso domiciliare…). 
Venendo alle cose meno tragicomiche, la stampa di destra (centrodestra, ormai è una parola grossa), già guarda con puttanesca (pardon) curiosità  a  un governo Salvini-Di Maio.  Più prudente, ovviamente il “Giornale”,  meno i fascio-grillini  della “Verità” e di  “Libero”. Attendisti, ma con occhio benevolo, “Tempo” e “Quotidiano Nazionale”. A battersi invece sulle barricate europeiste, liberali e moderate, per ora è  rimasto solo “il Foglio”.  Anche  il "Dubbio", piccolo-grande giornale garantista, cerca di fare la sua parte. Coraggiosamente.
La stampa di centrosinistra, o finto indipendente a grande tiratura (“Repubblica”, “Stampa”,“Corriere della Sera)  non vede di cattivo occhio il tandem Salvini-Di Maio,  escluso, ovviamente il livoroso  “ Fatto Quotidiano” (dalla tiratura mediocre però, ma più del "Manifesto", quotidiano per pensionati ed esodati del marxismo-leninismo, che invece non conta più nulla).  E  “ Il Sole 24 Ore” e  “Avvenire”? Da tempo sulla stessa linea socialdemocratica,  sono, anche se non lo ammettono, per Salvini e Di Maio “santi subito”.
Questo ai piani alti. Scendendo più in basso, quasi  4  italiani su 10, guarderebbero  con favore a un governo Lega-M5S.  Gli altri o non sanno (2 su dieci), o puntano (3 su dieci) su un governo di centrodestra  e/o, semplificando,  del presidente (1 su dieci). E i Social confermano.  
Cosa pensare ? Facile. I sondaggi (da ultimo, quello del Corrierone, però quasi di una settimana fa), confermano che   l’opinione pubblica si è spostata, come prevedibile verso i vincitori, Di Maio e Salvini (effetto bandwagon). Probabilmente, i prossimi sondaggi, soprattutto dopo il pienone a Camera e Senato di ieri, saranno ancora più sbilanciati verso la “strana coppia”, che tanto strana non sembra più essere, almeno agli occhi degli italiani.
Restano sempre alcuni però. Renzi ( e i renziani) continueranno la ricreazione? Favorendo, indirettamente,  quella parte del Pd, che sogna di  allearsi con Cinque  Stelle?  Però, attenzione, come alternativa a Salvini  ma senza avere i numeri necessari…  Berlusconi,  continuerà, zitto e buono ( o quasi) a prendere schiaffi da Salvini e Di Maio?  Anche qui però, non ci sono i voti per un ipotetico governo senza la "strana coppia"…  Certo, sarebbe interessante scoprire a chi appartengano i sessanta voti contrari a Fico.  A dire il vero,  resta aperto  il discorso   sui  “responsabili” da strappare - eventualmente -  a Lega  e (chissà)  Cinque Stelle.  Anche  Giorgia Meloni non sembra del tutto  convinta della linea abbracciata da Salvini. Quindi, forse, ecco qui,   un  altro pugno di voti da gettare nella fornace.
Proviamo a fare qualche conto. 
Al Senato si possono enumerare 30-35 voti, i renziani, 56 voti FI, 18 (?) FdI:  109 in tutto. Pochi. Anche a sommare tutti i voti  degli  Altri  (7) e di tutti i Senatori a Vita (6), quota 161 resta un sogno. 
Alla Camera ai 107 voti di FI, si possono sommare grosso modo gli  80 dei  renziani, forse 90, i 32 (?) di  FdI. Anche aggiungendo  60 “traditori” e  gli Altri  (10), quota 316 resta un miraggio.
Come si può  capire è praticamente impossibile varare qualsiasi governo senza  Lega (58 senatori, 121 deputati)   o Cinque Stelle (112 senatori, 227 deputati). Mentre, messi  insieme, Salvini e Di Maio avrebbero i numeri sufficienti.
Riassumendo,  si sta delineando, nei numeri e nella pubblica opinione (alta e bassa per così dire), l’ipotesi non più così remota di un governo Cinque Stelle-Lega.  Questo nuovo orientamento,  non potrà non pesare sulle Consultazioni e sulle decisioni del Colle.
Come però  dicevano i nonni,  tra il dire il fare c’è di mezzo il mare. Pertanto - ecco la controindicazione -  già nelle prossime fasi delle trattative  i due partiti  potrebbero  spaccarsi, se non proprio a metà, perdere almeno quel tanto di  duri e puri, capace di far traballare i numeri. Tutti senatori e deputati  che potrebbero confluire in altre maggioranze, ovviamene abborracciate sia  a destra che a sinistra.
Cosa significa tutto questo? Che Mattarella, prima di decidere in favore di un governo Salvini-Di Maio, non potrà non accertare la solidità della sua maggioranza. E quindi la  fedeltà delle truppe parlamentari. Altre soluzioni dipendono sempre dal Colle. Ma con numeri risicati. Come però  si sa, in politica, due più  due talvolta fa  cinque.
Pertanto il vero punto della questione  è rappresentato da quanto Mattarella  sia  convinto della capacità democratica e di governo della Lega e del M5S messi insieme. Il suo è un ruolo chiave, diremmo determinante.  
Ritiene il Colle che Salvini e Di Maio (ma sarebbe più corretto dire Grillo e soprattutto Casaleggio jr), se ci si passa la battuta, siano in possesso  della patente democratica, liberale ed europea per “guidare” l’Italia?  
Chi scrive, come sanno gli amici lettori, ritiene di no.   Ma non ha alcun potere decisionale. Mattarella invece sì.

Carlo Gambescia