domenica 23 giugno 2024

Satnam Singh e il posto del disordine

 


 

La morte del povero bracciante indiano, Satnam Singh, ha scatenato a destra e sinistra il solito teatrino politico sui giri di vite. La destra vuole più controlli, non solo in entrata, la sinistra più regole e sanzioni sul posto di lavoro. Più stato insomma. Sul punto, destra e sinistra sembrano essere d’accordo.

Due sole note.

Prima osservazione, Mediaset e Rai – a partire dal telegiornale regionale del Lazio – avrebbero dovuto intervistare l’unico in grado di poter fare il punto: il sociologo Marco Omizzolo, autore di non pochi studi e saggi sullo sfruttamento dei braccianti indiani, in particolare di origine Sikh, nell’Agro pontino (*). Analisi dei fatti così approfondite al punto che Omizzolo oggi vive sotto scorta. Con i suoi lavori ha dato fastidio ai famigerati caporali che reclutano mano d’opera in nero tra i migranti.

Però Omizzolo non è stato invitato. Perché di sinistra. Ad esempio, quando il tg regionale era a sinistra, Omizzolo, e giustamente, perché grande esperto, veniva sentito e intervistato. Ora che è cambiato il padrone politico, Omizzolo è stato messo alla porta, per così dire.

Purtroppo la destra è fatta così. Si dirà che ricambia il trattamento ricevuto dalla sinistra. Bah… Per dirla con il marchese del Grillo, Omizzolo è Omizzolo, gli pseudo-intellettuali di destra non sono un cazzo (pardon). La sinistra studia, la destra nella migliore delle ipotesi fa finta. Come l’impiegato pigro delle vignette di una volta: si mette gli occchiali con gli occhi dipinti. Pietoso.

Seconda osservazione. Diciamo di merito. Il povero Satnam Singh, dopo l’incidente, non è stato soccorso dal suo datore di lavoro. Per quale ragione? Ora, a parte l’atteggiamento inumano (sottolineato da tutti), esiste un’altra ragione che potrà apparire paradossale. I controlli sul lavoro nero, sono fin troppi. Come pure sono gravose le multe amministrative e le sanzioni penali. Ma su di tutto, pesa la questione della clandestinità.

Procediamo con un esempio: se l’Italia fosse un paese aperto e non chiuso all’immigrazione, diciamo un paese di laissez faire, immigrati, non più clandestini, come Satnam Singh, avrebbero maggiori possibilità di essere accompagnati al pronto soccorso e forse salvati. Perché nessuno potrebbe contestare al datore di lavoro il reato di sfruttamento di manodopera clandestina. Diciamo, statisticamente, almeno un caso su due. 

Si rifletta su un punto. Cause di morte: cinquanta per cento di inumanità, cinquanta per cento di paura da sanzioni. Pertanto se, sul piano delle cause, la paura da sanzioni fosse rimossa, le probabilità di sopravvivenza sarebbero del cinquanta per cento. Mentre allo stato attuale  sono   pari a  zero.

Insomma, meno stato più mercato. Non ragioniamo da dottor Stranamore della sociologia, ma semplicemente rinviamo a una legge empirica di sociologia delle organizzazioni che insegna che i sistemi sociali quanto più sono complessi e vessatori (incluso quindi un sistema sanzionatorio), tanto più favoriscono comportamenti irresponsabili da parte degli attori sociali. Detto altrimenti, lo statalismo fa solo danni.

Pertanto, evocare l’implementazione (per dirla in sociologhese) di controlli sempre più estesi, insomma più stato, significa solo moltiplicare le evasioni. E altre morti, legate al combinato disposto “inumanità-paura di sanzioni”, come nel caso del povero Satnam Singh.

Ma allora lo sfruttamento, eccetera? Riguarda l’aspetto morale della questione, non quello sociologico. La sociologia ci dice, a partire ad esempio dalle ricerche di Boudon, che nel disordine c’è sempre un ordine. E che è proprio l’ordine a causare il disordine.

Omizzolo, ovviamente non sarà d’accordo con noi. La sua impostazione è “sanzionista” e umanitaria, però conosce la materia. E per tale ragione, ripetiamo, andava invitato e ascoltato.

Ma si sa, a destra, come diceva mio nonno, sono ciucci e presuntuosi.

Carlo Gambescia

 

(*) Qui per i suoi libri: https://www.ibs.it/libri/autori/marco-omizzolo .

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