lunedì 10 giugno 2024

Meloni vince ma non stravince. E neppure convince

 



Oggi ci occuperemo dei risultati italiani. Nei prossimi giorni torneremo su quelli europei.

Intanto una notizia che non si trova sui giornali. Quale? Che Giorgia Meloni vince ma non stravince. E neppure convince

Si lascino da parte le dichiarazioni ufficiali. Fratelli d’Italia, da due anni  al governo, e con il controllo di Rai e Mediaset, racimola un 3 per cento di voti in più. Stesso discorso per gli alleati:  l’1 per cento in più di Forza Italia è ingiudicabile. La stasi della Lega, indica una prossima involuzione elettorale di voti in uscita verso Fratelli d’Italia. Un futuro travaso. O se si preferisce un' autotrasfusione di sangue. Infetto.

Anche l’elevata astensione, nonostante la capillare campagna elettorale della Meloni, indica, tra le altre cose ovviamente, che gli italiani non si fidano di Fratelli d’Italia. C’è una tendenza alla crescita, però non galoppante. Il sospetto nostalgia prevale. La maggioranza degli italiani non si fida di quella brutta fiamma tricolore, missina e neofascista, che accompagna, dal fondo della scena televisiva o meno, gli sguaiati interventi meloniani

Penalizzati invece dalle divisioni, Bonino, Calenda e Renzi, un blocco liberale di centro-sinistra, quindi sicuramente antifascista, che, presentandosi unito, avrebbe superato il 7 per cento.

Significativi invece i quasi sei punti in più del Partito Democratico e il crollo del Movimento Cinque Stelle. Nonostante la barcollante linea Schelin siamo davanti ai veri vincitori delle europee. Che c’è sotto? Probabilmente, lo stesso sospetto nostalgia di cui sopra. Diciamo che il richiamo antifascista ha funzionato nei riguardi di un elettore che tuttora non si fida – e fa bene – neppure delle nostalgie populiste del Movimento Cinque Stelle.

Una buona notizia insomma. Perché si tratta di una vittoria contro tutte le nostalgie, di destra e di sinistra. Il che spiega il successo dell’Alleanza Verdi e Sinistra, che ha più che raddoppiato i voti ( grosso modo dal 3 e mezzo a quasi il 7 per cento). Diciamo che sull’antifascismo l’elettore ha preferito l’usato sicuro della sinistra. Il che è un bene. Un voto che costituisce un “tesoretto” elettorale. Però da spendere con intelligenza politica.

Crediamo infatti che l’antifascismo paghi e che questa sia la strada giusta per mandare all'opposizione  Giorgia Meloni. O comunque metterla in crisi. Soprattutto sul premierato, autentica riprova di antiche tendenze fasciste e plebiscitarie. Ma anche   sul  tema  migranti. Razzismo e fascismo vanno a braccetto. I campi di concentramento vanno chiusi. Questa deve essere un’altra grande battaglia delle sinistra. Imparino da Riccardo Magi.

Ovviamente l’antifascismo da solo non basta. Servono i contenuti. L’alternativa di cui parla la Schlein deve consistere nell’isolare e respingere, sul piano dei contenuti (guerre, politiche economiche e sociali, questione ecologica), ogni forma di populismo di destra e di sinistra. L’antifascismo deve essere a 360 gradi, per usare la piatta terminologia di Giorgia Meloni. Quindi deve diventare anti-autoritarismo, soprattutto nei contenuti. Deve tramutarsi in difesa liberale della società aperta.

Qui, però, le cose si fanno più difficili, perché la linea della Schlein, come detto, è barcollante.

Che fare allora? Ripetiamo la lezioncina: antifascismo sì, in modo rigoroso, ma dai contenuti liberali: mercato, Occidente, diritti civili e accoglienza dei migranti.

La sinistra  deve capire che assistenzialismo e protezionismo sociali portano al fascismo non alla libertà. Sono i due orridi volti dello statalismo. La prosecuzione dello stato etico fascista con i mezzi dell'Inps. 

Pertanto, assecondare l’elettorato su questa strada verso la servitù, favorisce il gioco al rialzo di Giorgia Meloni. Che, dal momento che è al governo, tiene i cordoni della borsa e dell’informazione.  E perciò  è sempre pronta a evocare il mantra della sinistra comunista che non capisce i veri  bisogni del popolo, che "usa" male lo stato, mentre la destra sa quel che deve fare,  eccetera, eccetera.  Il solito giochino  per  "acchiappare" voti.  

La sinistra deve  invece rifiutare lo schema dei due statalismi in competizione. Come? Sposando la causa liberale. Rifiutando, in primis, lo statalismo che la destra ha ereditato dal fascismo. Non più stato ma meno stato. Ecco il programma di una sinistra liberale.

Gli italiani, come sembra, e fortunatamente, ancora non si fidano di Giorgia Meloni. La ritengono nostalgica. Quindi la battaglia antifascista va combattuta, senza esclusioni di colpi, però i programmi devono essere liberali. Altrimenti si rischia di fare politiche sociali di destra con la coccardina all’occhiello della sinistra.

Esageriamo? Wishful thinking, cioè pie illusioni? Può darsi. Diciamo che probabilmente tentiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno. Che male c’è?

La parola ai lettori.

Carlo Gambescia

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