venerdì 21 giugno 2024

“Autonomia differenziata”: una buffonata statalista

 


Il lettore avrà notato che sulle nostre pagine finora non si è parlato della  legge sull’ “autonomia differenziata”. Perché? Per la semplice ragione che si tratta di una questione tutta interna a una visione statalista della realtà. Roba da mandarini del welfare state.

Si rifletta sul punto: lo stato, anzi il macrostato, trasferisce alle regioni alcuni poteri ad esempio in ambito sanitario e fiscale, poteri che le regioni, come micro-stati, gestiranno in proprio, all’interno però di livelli minimi di prestazioni, uguali per tutti, si dice, stabiliti dal macrostato.

Sono virtuosismi redistributivi.  Giochi di prestigio welfaristi.  Dal  momento che in pratica per il cittadino non cambierà nulla. Il concetto base resta quello di prima. Uno sportello continuerà a dividere chi è dietro da chi è davanti. Anzi, probabilmente (basta farsi un giro nel Nord Est), i poteri pubblici, regionali, ad esempio nell’ambito del fisco, si faranno più occhiuti, perché più vicini, troppo diciamo, al cittadino. Insomma ci saranno maggiori controlli, altro che crescita della libertà… " Ho visto  il figlio della Rosa, con l'auto nuova,  manda un vigile...".

In realtà, la vera riforma, sarebbe quella di ridurre i poteri del macrostato, con effetto liberatorio a cascata, non sul microstato, ma sull’individuo, puro e semplice. La vera riforma è quella di fare a pezzi la gabbia di ferro del welfare. Per capirsi, meno o zero potere allo stato, più al cittadino. Altirmenti detto: lo stato ( e neppure la regione ovviamente) non è la soluzione ma è il problema. Concetto totalmente estraneo – purtroppo – alla ratio della legge sull’autonomia differenziata.

E infatti cosa accade? Che destra e sinistra, sul tenersi stretti i poteri pubblici, sono d’accordo. Vivono sulla gabbia di ferro.

E di che discutono allora? Di eguaglianza distributiva. 

La sinistra sostiene che questa legge dividerà le regioni ricche da quella povere. La destra  il contrario. 

Come se la qualità delle prestazioni dipendesse dal passaggio di poteri dalla burocrazia dello stato a quella della regioni. Sempre di burocrazia si tratterà. Criteri e mentalità saranno gli stessi di prima. 

Ripetiamo, il vero problema viene invece eluso. Dal momento che l'unica vera cosa da fare  sarebbe  quella di   privatizzare la sanità,  come altri settori ovviamente.  Partendo dal centro, e così via.  E non puntando sulla spartizione del bottino tra stato e regioni.

Insomma una buffonata statalista. Che barba, che noia.

Carlo Gambescia

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