martedì 14 maggio 2024

Marcello Veneziani, Giovanni Sartori e l’avulsione conservatrice

 


Chi erano i magliari? Venditori porta a porta di abiti e tessuti che non sempre valevano il prezzo pagato.

Si può applicare il termine magliaro al mercato delle idee? Sì. E di quale merce parliamo? La “merce” Sartori, scienziato politico, che può essere tranquillamente affiancato a pensatori del calibro di Pareto, Mosca, Michels. nato giusto cento anni fa, nel maggio del 1924,  e scomparso nel 2017.

Perciò parliamo di una “merce” dal valore pregiatissimo, forse unica nel suo genere, che andrebbe trattata come tale. Minimo, con rispetto. E invece Marcello Veneziani che combina?

Dalla vasta produzione sartoriana, si pensi a un magazzino con ogni ben di dio,  estrae, non a caso, un volumetto del 2002 (*), sulla società multietnica che sembra tornare utile per giustificare le idee e le politiche retrive di un destra dalle radici fasciste sull’immigrazione. Per dirla (quasi) con Veneziani: avulsione conservatrice. O più prosaicamente roba da magliari delle idee…

Veneziani “vende” il tessuto Sartori – che purtroppo non può più difendersi – per ottimo orbace nazionale, non proprio quello nero dei gerarchi, ma comunque qualcosa che gli somiglia.

Naturalmente il ministro Sangiuliano, immaginiamolo abbigliato da casalinga disperata, però anni Cinquanta, con fazzolettone e aspirapolvere, dopo aver letto l’articolo, si metterà subito al lavoro per una nuova mostra su Giovanni Sartori profeta della società comunitaria.

Sartori comunitarista fa sorridere. Come pure Sartori teorico della società chiusa, o comunque con la porta socchiusa. Per non parlare della leggenda metropolitana sul Sartori liberal-conservatore.

In realtà, alla base della critica di Sartori al multiculturalismo, non si scorgono, come a destra, comunitarismo e tradizionalismo, cioè monismo identitario, ma si delinea invece la difesa del pluralismo, proprio contro il monismo.

E infatti Veneziani sorvola persino sulla parola pluralismo, che è alla base dell’idea di modernità politica, culturale, economica e sociale, oltre che, ovviamente, delle tesi di Sartori. Pluralismo che il giornalista di Bisceglie ha invece sempre rifiutato, perché formatosi alla scuola del monismo neofascista. O comunque della tentazione fascista, per usare la terminologia di Kunnas.

Di qui il suo scontato rifiuto dell’ idea di reciprocità e tolleranza che sono invece il portato dell’idea di pluralismo, come sottolinea Sartori: ci si rispetta, non perché si è separati in compartimenti stagni, imposti dalle istituzioni welfariste, come pretende la società multiculturale, ma perché si condivide l’idea di pluralismo, porro unum del liberalismo. E sul punto rinviamo alla parte prima del volume di Sartori. Che però Veneziani ha letto, se ha letto, inforcando gli occhiali del pensiero monista.

Sul nesso liberalismo-pluralismo, Sartori condivide, sviluppandole sul piano sociologico, le idee di Croce. Non quelle di Gentile, monista di ferro, che identificava, come ironizzava Croce, stato etico  e  arma dei carabinieri.

Sartori concepisce il liberalismo come pluralismo: una sorta di superpartito aperto (qui lo spunto crociano), capace di accomunare progressisti e conservatori, in quanto tutti, se veramente liberali, dalla parte del pluralismo.

Il che spiega i dubbi di Sartori sulla natura pluralista, quindi reciprocitaria, perciò tollerante e liberale, delle concezioni politiche e sociologiche islamiche. E di riflesso sulle concrete possibilità di transizione individuale, di chi non “reciproca”, da una società chiusa a una società aperta.

I dubbi di Sartori non sono né di destra né di sinistra. E dal punto di vista cognitivo vanno oltre l’Islam, perché scaturiscono dalla consapevolezza del conflitto insanabile fra società chiuse e società aperte. Sono i dubbi di un liberale senza aggettivi che scorge le inevitabili difficoltà di inserimento del monismo, fenomeno tipico di una società chiusa, in una società pluralista o aperta. Sono difficoltà che poi, per ricaduta, si trasmettono a uomini e cose. 

Ma per discutere di questo bisogna aver letto i classici del liberalismo: da Locke a von Hayek. In particolare sul pluralismo resta fondamentale la lezione filosofico-politica di Constant e Tocqueville, e quella storica e pratica (perché fu un buon politico) di Guizot.

Che cosa ci si può aspettare da Veneziani, cresciuto a pane, Evola, Gentile e Mussolini? Sa tutto su Plotino e Vico – così dice – ma, come sembra, non ha letto una riga di Tocqueville e Croce.

Ripetiamo: che cosa ci si può aspettare da un giornalista che si atteggia a teorico di fantasmatiche rivoluzioni conservatrici, insoddisfatte del fascismo, perché, come si diceva negli anni Venti e Trenta del secolo scorso, poco fascista?

La vendita porta a porta di Giovanni Sartori.  Oppure, come detto,  l’avulsione conservatrice.

Carlo Gambescia

(*) Qui l’articolo: https://www.marcelloveneziani.com/articoli/sartori-contro-la-societa-multietnica-2/ , La Verità – 12 maggio 2024. Il testo di Sartori è Pluralismo Multiculticulturalismo e Estranei. Saggio sulla società multietnica, Bur, Milano 2002, Nuova edizione aggiornata. Lo scritto di Sartori, meno di duecento pagine, si divide in tre parti: la prima su “pluralismo e società libera”, seminale per la definizione del concetto di pluralismo, la seconda su “multiculturalismo e società smembrata”, in cui si sviluppa l’opposizione pluralismo-multiculturalismo,  più un' appendice, datata 30 settembre 2001, su “ Estranei e islamici”,  quindi scritta sull’onda emotiva, per così dire, dell’attentato alle Torri Gemelle.  Veneziani ha sorvolato sulla prima parte, quella concettualmente più importante per capire il resto, soffermandosi invece sulla seconda e sull’appendice, più stuzzicanti per i suoi lettori e  per  le casalinghe disperate di Fratelli d’Italia.

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