venerdì 31 maggio 2024

Giorgia Meloni e la sindrome Dumini

 


Quando è in gioco la mentalità culturale, cioè qualcosa che plasma un ambiente sociale e politico, certe dichiarazioni individuali, soprattutto di un leader politico, andrebbero soppesate attentamente. Non amplificate per far piacere ai potenti di turno.

Di che parliamo? Il lettore avrà intuito. Di Giorgia Meloni, che su Matteotti non dice nulla di nuovo, se non per i telegiornali di stato e una stampa fin troppo benevola.

Che ha detto la Meloni? Che Giacomo Matteotti fu ucciso dagli squadristi fascisti. Che novità… All’epoca lo riconobbero perfino Mussolini, che sapeva tutto fin dall’inizio, e gli stessi giudici, filofascisti, che condannarono Amerigo Dumini, insieme ad altri due quadristi, a cinque anni ritenendolo colpevole di “omicidio preterintenzionale”, poi condonati, eccetera.

Dopo di che Mussolini e il fascismo continuarono, e con protervia, sulla stessa strada, fino al sacrosanto capitombolo finale. Ci vollero vent’anni di aspersorio e manganello e una catastrofica guerra mondiale, causata dall’Asse, per liberarsi dalla maschera di ferro del fascismo.

Di questo deve parlare Giorgia Meloni. E soprattutto dei Dumini culturali che popolano tuttora la cultura della destra. E che riflettono una mentalità fascista, quindi intollerante, rissosa, sopraffattrice.

Si legga oggi il fondo di Veneziani su “La Verità”: è di un disprezzo e di una violenza verbale senza pari nei riguardi degli intellettuali di sinistra che Mazza, Sangiuliano, Meloni, nonostante i solti giri di parole, hanno escluso da Francoforte.

Li si sequestra e li si picchia idealmente come se la Ceka fascista, ora culturale, non fosse mai andata in pensione. Si dice che fanno le vittime. Come si diceva di Matteotti, prima di massacrarlo di botte. 

Si rifletta. La stessa Ceka alla quale apparteneva Dumini. Che però preferiva la vie di fatto col beneplacito del duce. Mai dimenticare che Mussolini, come Sorel (uno dei suoi pensatori preferiti), era affascinato dai metodi violentissimi di Lenin.

Attenzione, Veneziani (che pecca, tra l’altro, di assoluta mancanza di fair play: lui a differenza di Saviano va a Berlino), Mazza, Sangiuliano, sono satolli. Veneziani, che fa tanto il duro e  il puro, è un ex Consigliere di Amministrazione Rai, Mazza, già giornalista Rai ai massimi livelli, come del resto Sangiuliano, ora Ministro, prima direttore del Tg2. Si noti l’incrocio, non casuale crediamo, tra carriere ascensionali e televisione di stato.

Quindi, per dirla alla buona, potrebbero pure godersi le posizioni raggiunte ed essere magnanimi con gli antichi avversari della sinistra. No. Invece infieriscono. Che bassezza morale. Sono cekisti nell’anima. Altro che “nobilità della sconfitta”, come scriveva  Veneziani al tempo delle vacche magre. Diciamo che il principio valeva solo per la destra.

Di questo dovrebbe parlare Giorgia Meloni. Di come liberarsi della sindrome Dumini. Che, prima che materiale, è culturale. Quindi più profonda, cattiva e pericolosa per la nostra libertà.

Carlo Gambescia

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