lunedì 13 maggio 2024

La polemica sulla deriva illiberale

 


L’aspetto rilevante della polemica tra destra e sinistra sulla deriva illiberale, non è tanto nella sua negazione da parte della destra, quanto nello spirito statalista che sembra invece accomunare destra e sinistra.

Il nostro ragionamento è complesso, ma crediamo meriti. Quindi il lettore si armi di pazienza, perché solo una volta giunto in fondo all’articolo tutto apparirà più chiaro.

La sinistra, probabilmente, dipinge uno scenario a tinte a fosche. Però basta dare un’occhiata ai Tg Rai e alla violenza verbale che caratterizza il blocco dei quotidiani di destra, alle manganellate, alle gravi restrizioni sui migranti, al premierato, per capire che il clima è cambiato. Dallo spirito di inclusione si è passati a un volontà di esclusione di tutto ciò che non collimi con la visione Legge & Ordine del governo di destra.

Le stesse linee di tendenza dei social – anche qui basta fare un giro – confermano la prevalenza di una visione illiberale della politica, che scorge nell’avversario un nemico da abbattere.

Tra i due stereotipi, quello della destra che liquida la sinistra come snob, ricca e nemica del popolo e quella della sinistra che bolla la destra come neofascista, va onestamente ammesso che, sul piano “climatico”,  il secondo è più vicino alla verità.

Non che a sinistra non vi siano miliardari, ma la forma mentis della sinistra resta più aperta e moderna e soprattutto rivolta alla difesa dell’individuo. Per contro, la destra con il suo dio, patria e famiglia e la mania, non meno pericolosa, per la legge e l’ordine, si propone di schiacciare l’individuo sotto il peso di entità esterne, a cominciare dallo stato, muovendosi quindi in direzione contraria rispetto alla modernità, decisamente dalla parte dell’individuo.

Però, ecco il punto: se è vero che il clima è cambiato, è altrettanto vero che sul piano pratico, del governo quotidiano delle cose, destra e sinistra continuano ad essere stataliste, come prima, e più di prima soprattutto dopo il Covid.

Statalismo significa che stato e governo pretendono di sapere, e in modo infallibile, ciò che sia bene per l’individuo. Si chiama anche peccato di presunzione.

Pertanto esiste una deriva illiberale, diciamo storica – un mix di peloso assistenzialismo cattolico e socialista – consolidatasi nell’Italia repubblicana. Una deriva di fatto, nata dalla mancanza di un’ autentica rivoluzione liberale, a destra come a sinistra, ai vari livelli: politico, economico, culturale, eccetera.

Una rivoluzione che non poteva e non può non consistere nella consapevolezza che è l’individuo a sapere ciò che sia bene per se stesso, non lo stato o il governo.

Naturalmente con l’arrivo al potere di una destra dalle radici fasciste, la deriva illiberale di ieri (quella del Ventennio) ha incrociato la deriva illiberale di oggi ( particolarmente spiccata nel Trentennio berlusconianiano e antiberlusconiano, accentuatasi, come detto, durante il Covid)

Per contro, l’errore della sinistra resta quello di non aver mai fatto i conti con lo statalismo che porta dentro se stessa, addebitando la colpa di ogni malgoverno alla destra, o comunque alle forze moderate. Di qui il facile gioco della destra – perché la sinistra nell’ultimo decennio ha governato, e male – nel ritorcere le accuse contro la sinistra dei ricchi, che si disinteressa del popolo, eccetera, eccetera.

Sui giornali e sulla Rete, si commette l’errore, intenzionale o meno, se di sinistra, di respingere le accuse di malgoverno, che pure vi è stato, se di destra, di ribattere con il mantra dei ricchi e famosi. Di conseguenza non si affronta la questione dello statalismo. Perché destra e sinistra continuano a ritenere erroneamente che lo stato sia la soluzione non il problema.

Per fare solo un esempio,  destra e sinistra asseriscono di essere contro la corruzione e la concussione, però al tempo stesso sono contrarie, tutte e due, alle privatizzazioni, quindi all’eliminazione di quella zona grigia di economia mista, tra stato e mercato che è fonte di corruzione e concussione.

Lo stesso grande tema dell’antifascismo, agitato dalla sinistra, sul quale una destra sfuggente, preferisce nicchiare, finisce per perdere vigore, perché la sinistra si rifiuta di vedere nello statalismo il proseguimento del fascismo con altri mezzi. E per quale ragione? Perché se la sinistra condannasse lo statalismo condannerebbe se stessa. Diciamo che la sinistra, pur difendendo l’individuo, crede nello stato, mentre la destra, crede nello stato e basta, quindi è contro l’individuo.

Sicché la deriva illiberale, che comunque è in atto, viene dipinta dalla destra come
l’invenzione di una sinistra, che non vuole ammettere di aver governato male e che mescola le carte accusando la destra – si dice – di cose avvenute ottant’anni fa. Mentre in realtà – ecco l’accusa più grave formulata dalla destra – la sinistra vuole imporre la diversità per legge, sposando ad esempio la causa woke.

Come finirà? Male. Perché l’individualismo della sinistra non è liberale, quindi non è autentico. Per contro, per la destra, in particolare quella dalle radici fasciste, lo stato è tutto, l’individuo nulla.

Carlo Gambescia

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