martedì 10 gennaio 2023

Piero Ignazi e la destra nemica dell’Illuminismo

 


Ieri scrivevamo a proposito di Bolsonaro dell’errore della sinistra (*). Oggi arriva puntuale la conferma della nostra tesi dalla lettura dell’ editoriale di Piero Ignazi, politologo mai banale, che tuttavia risente di un imprinting radical-democratico (semplifichiamo) (**). Per carità, ognuno di noi ha il suo demone al quale rispondere. Ci mancherebbe altro.

Qual è la tesi di Ignazi? Che “la lezione brasiliana è che a minacciare la democrazia” sia “la destra eversiva, non il populismo”.

E per quale ragione? Perché il populismo, nonostante punti, in chiave illiberale e infantile, a una “impossibile democrazia perfetta e assoluta”, che può causare disastri, appartiene comunque alla famiglia della democrazia, diciamo compagni democratici che sbagliano. Per contro, i tentativi eversivi di Trump e Bolsonaro, provano “che il pericolo per la democrazia non viene dall’altrove populista bensì da destra, dalla estrema destra, perché in quell’area politica l’ostilità al liberalismo si coniuga con lo svilimento della democrazia”.

Ignazi teme, e giustamente,  possibili derive italiane e tedesche, tra l’altro a suo avviso già in atto.

Ora, è verissimo che l’estrema destra critica la democrazia, ma ne critica la versione liberale: quella che promuove le istituzioni rappresentative. Questa destra si riconosce, come prova la sua passione per il presidenzialismo, nella democrazia plebiscitaria. Qui il trait d’union – antiparlamentarista – con il democraticismo populista che punta alla democrazia diretta.

Diciamo allora che l’estrema destra e il populismo condividono la stessa idea di democrazia totalitaria, che nel giacobinismo di sinistra sfocia nella dittatura dei comitati e nel giacobinismo di destra nella dittatura tout court.

Questa, la teoria. Quanto alla pratica, anche la dittatura dei comitati, come prova la storia istituzionale della rivoluzione francese (solo per fare un esempio) culmina nella dittatura di un uomo solo al comando.

Cosa vogliamo dire? Che Ignazi – per carità anche a fin di bene – sbaglia. Perché sminuisce, come tanti altri radical-democratici, anche illustri, il liberalismo. Che è innanzitutto scienza della paziente mediazione: opera che deve svolgersi in parlamento. La più grande innovazione politica del moderno Occidente – diremmo quasi un miracolo – è rappresentata dalla nascita delle istituzioni parlamentari. Parliamo della fondamentale scoperta del principio di rappresentanza politica.

Il liberalismo, istituzionalmente parlando, insomma in senso concreto, è parlamentarismo. Una cosa che la sinistra non ha mai compreso bene, fino al punto di sposare la causa della democrazia totalitaria, culminata nella giustificazione delle peggiori dittature, purché in nome dell’uguaglianza. Attenzione: uguaglianza sostanziale, di risultati, quindi non solo formale, di partenza, davanti alla legge. Tutti promossi cavalieri, insomma. 

Non contestiamo la tesi della pericolosità di questa destra, ma non basta. Serve un mea culpa, ragionato ovviamente. Sui guasti procurati in Italia dal populismo democraticista in tutte le sue forme (politiche, culturali, sociali, penali, eccetera). Un terremoto che ha preparato la strada al ritorno di una destra giacobina. E qui, come atto primo, rinviamo all’opera sulle origini del fascismo (come impasto di populismo e socialismo massimalista, nutritosi di violenza giacobina) di un storico troppo in fretta dimenticato come Roberto Vivarelli.

La sinistra, e da ultimo come pare lo stesso Ignazi, non ha mai fatto i conti con il giacobinismo. Perché è vero che questa destra è anti-illuminista, però esiste l’Illuminismo scozzese, pragmatico e anticostruttivista, quindi buono, come pure certo Illuminismo francese, cattivo, della tabula rasa, costruttivista, che credeva prima nel dispotismo illuminato, poi in quello repubblicano dei giacobini, e infine nel razionalismo politico, in apparenza neutrale, degli ideologi napoleonici.

Il punto fondamentale risiede nel comprendere, al di là delle regole scritte (che pure sono importanti), il valore fondamentale della cultura della mediazione, del rispetto e della tolleranza dell’altro. Che non va mai dipinto come un capro espiatorio. Insomma, nell’evitare, fin quando possibile, il muro contro muro.

Ignazi è proprio sicuro che una sinistra che ha accettato, anche con entusiasmo, una volta al governo con i populisti di Cinque Stelle, la demagogica riduzione del numero dei parlamentari sia illuminista? E, cosa fondamentale, nel senso di quella tradizione liberale che si raccoglie intorno a David Hume e Adam Smith?

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://cargambesciametapolitics.altervista.org/bolsonaro-e-lerrore-della-sinistra/.
(**) Qui: https://www.editorialedomani.it/idee/commenti/la-lezione-brasiliana-e-che-a-minacciare-la-democrazia-e-la-destra-eversiva-non-il-populismo-sm8306s2 .

Nessun commento: