giovedì 12 gennaio 2023

Una boccata d’aria fresca: il grande discorso di Margaret Thatcher

 

Una boccata d’aria fresca in un’ Italia dove si discute di accise e altre scemenze a brevissimo termine, trascurando i reali compiti a lungo termine di un governo liberale.
Proponiamo agli amici lettori un grande discorso di Margaret Thatcher, in cui sono delineati in modo cristallino i veri compiti di ogni governo che si definisca liberale. Altro che Giorgia Meloni.
Buona lettura.
Carlo Gambescia

***

Margaret Thatcher 

Discorso alla conferenza dell’associazione delle donne conservatrici  (*)

Noi conservatori siamo orgogliosi della reputazione di saper parlare schietto e di non trascurare mai i fatti. Dove trovare così tante donne riunite insieme per festeggiare pubblicamente il cinquantesimo compleanno di questa associazione?
Sono passati due anni dall’ ultimo incontro, due anni produttivi. Il Comitato ha stilato documenti per le commissioni reali, ha pubblicato rapporti sulla delinquenza giovanile, sul diritto tributario, organizzato una conferenza sulla cura dei bambini. Dall’ ultima volta che ci siamo incontrati, sei donne del partito conservatore sono state elette al Parlamento europeo. E vi è stato anche dell’altro: le elezioni politiche.

UNA NUOVA PROSPETTIVA.
Le elezioni hanno prodotto un vero mutamento politico, non di facciata. Hanno segnato un cambiamento fondamentale nell’approccio ai problemi del paese nei termini di un mutamento di prospettiva.
Sotto i laburisti abbiamo dovuto sopportare cinque anni di soluzioni a breve termine e superflue discussioni sui dettagli. Certo, era più facile programmare bilanci in disavanzo che in equilibrio; più facile regalare sussidi che creare un clima favorevole alle imprese.
Probabilmente è nella natura umana svegliarsi la mattina e sentirsi incapaci di affrontare una giornata di intenso lavoro. Era più facile concedere un sussidio di 68 milioni di sterline alla cantieristica polacca (al 79% del prezzo contrattuale) che affrontare i problemi di questo settore.
Ciò che la Gran Bretagna non poteva permettersi più era un governo che si svegliava così ogni mattina.
Più difficili erano i compiti del momento, più venivano ignorati i problemi a lungo termine.
Facciamo solo un esempio: le attività industriali. L’industria non ha mai goduto di un clima di incoraggiamento. Per contro si sono registrate costanti interferenze. I controlli sui prezzi sono stati prima inaspriti, poi allentati, i sussidi sono saliti e scesi. Di conseguenza ogni volta che a livello manageriale si prendeva una decisione si scopriva subito che le basi economiche di quella decisione erano già mutate.
Inutile sottolineare che ciò che accade nell’ industria non riguarda soltanto gli imprenditori, gli azionisti, i dipendenti. Certo,  li riguarda: la loro paga, i loro risparmi, il loro lavoro. Ma in realtà concerne madri e figli, pensionati, tutti quanti noi. Se l’industria non può competere in modo efficace, non creerà la ricchezza su cui possiamo basare pensioni, scuole e ospedali migliori.
Questo esempio può essere esteso a tutte le sfere. Non pochi dei nostri problemi attuali derivano dal fatto che i laburisti si sottraevano ai compiti principali di ogni governo per rifugiarsi in una opportunistica politica del giorno per giorno.
Le elezioni hanno cambiato tutto questo.
Noi conservatori non esitiamo ad affrontare i problemi per quanto difficili. Né dimentichiamo le questioni a lungo termine. Sappiamo che è compito del governo assumersi la responsabilità di ciò che le persone non possono fare da sole: moneta, fisco, servizi sociali, ordine pubblico, difesa.
Però sappiamo pure che il governo deve fare un passo indietro in quei settori in cui le persone possono badare meglio a se stesse, Ad esempio, più piccoli proprietari, meno inquilini sovvenzionati. Ecco la nuova prospettiva: una visione basata sul buon senso di ciò che il governo dovrebbe fare e di ciò che le persone possono fare al meglio per se stesse.

IL GIUSTO TIPO DI GOVERNO
Quando il governo fa bene il suo lavoro, le persone sono libere di fare il proprio.
Il giusto tipo di governo deve permettere che le persone si godano i propri guadagni. Ecco perché abbiamo tagliato le imposte sul reddito a tutti i livelli. Il singolo spende i suoi soldi in modo più saggio dei governi. In questo modo si riesce a interessare i dipendenti a ciò che fanno e al futuro delle aziende in cui lavorano, soprattutto quando si possono condividerne i profitti.
Sotto il giusto tipo di governo, le persone sono libere e disposte ad accettare la responsabilità personale. Questo è ciò che aiuta le persone a crescere e maturare; rafforza la famiglia, conduce a una società tollerante e generosa.
Una società generosa incoraggia il talento e sa come giustamente ricompensarlo. Ad esempio, l’ eccellenza degli studi, non riguarda solo le élite. Si tratta di elevare gli standard di insegnamento in modo da avvantaggiare ogni bambino. Il successo aziendale non è soltanto un obiettivo egoistico. I profitti si diffondono oltre coloro che li realizzano e portano lavoro e prosperità.
La Gran Bretagna deve smettere di penalizzare il successo economico individuale. Ecco, perciò, un altro motivo per tagliare le tasse. Quando sono troppo alte, minano i talenti migliori e scoraggiano il duro lavoro. Il che è un danno per tutti. Invece dovremmo onorare il successo in tutti i campi; nella scienza, nel commercio, nelle arti, nello sport. Dobbiamo incoraggiarlo e aiutare le persone a trarne profitto. Perché invidiare chi ha successo? Dobbiamo essere orgogliosi dell’altrui successo . Arricchisce la vita di tutta la nostra gente.

IL DOVERE ECONOMICO
Ho detto che il governo deve assumersi la responsabilità di intervenire dove le persone non possono farlo.
Uno dei suoi compiti principali è quello di salvaguardare il valore delle moneta.
Diversi fattori influenzano gli ultimi dati sull’inflazione. I prezzi del petrolio sono raddoppiati in un anno. E questo fattore da solo ha aggiunto cinque punti percentuali all’ RPI ( Retail Price Index; Indice dei prezzi al dettaglio, N.d.T.). Le cifre RPI includono anche l’aumento una tantum dell’ IVA della scorsa estate, che però decadrà in luglio. La vena d’oro delle promesse elettorali su stipendi e spesa pubblica colpisce tuttora duramente la nostra economia. Il che spiega perché al momento l’Indice è così alto.
Ma va anche ravvisato un altro fattore inflazionistico: si guadagna, in termini di salari e stipendi, più di quanto il sistema economico produca. I salari nel settore pubblico sono ancora più alti di quanto il paese possa permettersi e la spesa pubblica è ancora troppo alta. Ecco perché i guadagni dovranno aumentare molto più lentamente se vogliamo evitare ancora più disoccupazione e se vogliamo abbassare l’inflazione. Troppo spesso si dimentica che negli ultimi due anni si è registrato un notevole aumento del tenore di vita medio. Per contro, la produzione cresce molto più lentamente.
Dobbiamo bilanciare produttività e redditi. Quel che dico non è molto popolare. Tuttavia la nostra proposta è fondamentalmente giusta. Per questa ragione ritengo che la gente sia in grado di capire come non vi sia una vera alternativa. E il governo deve dare l’esempio. Non permettiamo e non permetteremo che sia il settore pubblico a dare impulso all’inflazione.
Elevata pressione fiscale e inflazione riducono la libertà. Negano alle persone la dignità di progettare la propria vita. Come si può programmare il futuro quando non si conosce quale sarà il valore dei risparmi e delle pensioni l’anno prossimo, per non dire tra cinque anni? La pianificazione diventa difficile. Soprattutto per una giovane famiglia, sia per acquistare una casa di proprietà, sia per contare un giorno sulla pensione. E quando le persone non possono pianificare da sole, sono costrette a guardare allo stato.
Quale sarà il livello dei sussidi statali l’anno prossimo? E quello successivo? Sicché le prospettive non dipendono più dallo sforzo personale ma dall’ incerto operato dello stato. Si reclama una crescente spesa pubblica, che in realtà viene divorata da un’inflazione, ormai incorporatasi nel sistema.
Il reddito diventa qualcosa per cui votare o per cui scioperare. Insomma per non lavorare. Ecco il circolo vizioso che dobbiamo spezzare.
L’inflazione è pericolosa anche per coloro che sembrano esserne al riparo. Un potente sindacato e una pensione indicizzata non sono la risposta giusta. Entrambi contribuiscono alle pressioni inflazionistiche e a redistribuire più di quanto si guadagni. Entrambi implicano una specie di patronato. Il patronato di un gruppo di potere o di un gruppo di pressione che promette ai suoi clienti un trattamento speciale. In questo modo le persone diventano dipendenti. Non possono più permettersi di uscire dal sindacato o di cambiare lavoro. Per gli iscritti e per le loro famiglie il futuro finisce così per dipendere dall’appartenenza al patronato o al gruppo di potere piuttosto che al lavoro e alla produzione. Il denaro guadagnato diventa così una questione di pressione politica piuttosto che di impegno personale.

LO STATO CLIENTELARE
Negli anni passati  ci si avvicinava pericolosamente allo stato clientelare; a una società in cui ciò che guadagni e quindi il tenore di vita non è più il risultato della prudenza o dello sforzo, ma di ciò che i gruppi di pressione ottengono o che lo stato concede.
Lo stato clientelare è uno stato arrogante. Presuppone l’idea che sappia spendere i soldi meglio degli individui stessi. Inoltre pretende che l’individuo innanzitutto lavori per lo stato.
Lo stato clientelare è uno stato che crea povertà. Invece di concentrarsi sulla creazione di ricchezza e sull’impresa, si concentra sulla politica. Governi, sindacati e leader industriali passano il loro tempo a discutere su come allocare le risorse piuttosto che crearle. Le persone scoprono che manipolare il sistema paga meglio del lavoro onesto. Tutto ciò porta solo a guadagnare di più a patto di produrre di meno. E quando la spesa statale supera la produzione, il risultato è un tenore di vita più basso.
Lo stato clientelare priva le persone della dignità. La spesa pubblica e l’ inflazione distruggono ciò che le persone realizzano per se stesse. Si negano ricompense e responsabilità a una maggioranza di persone che vuole lavorare sodo e prendersi cura della propria famiglia. Non c’è alcuna moralità nel tassare la capacità di un uomo che vuole lavorare per offrirgli in cambio una specie di elemosina statale. Se togli il diritto alla responsabilità, in realtà si indebolisce la famiglia invece di sostenerla.
Ma la vera tragedia dello stato clientelare è che non ha i mezzi per essere compassionevole. Non può prendersi cura dei più bisognosi. Non può creare la ricchezza per dare un tenore di vita dignitoso a coloro che davvero non possono badare a se stessi.

LA VIA VERSO IL SOCIALISMO
Esistono poi i politici di sinistra, ai quali lo stato clientelare conviene. Socialisti che ritengono che tutti gli aspetti della vita rientrino nelle competenze del governo. Che lo stato sappia meglio come accogliere, trovare un lavoro, provvedere alla vecchiaia della gente. Che ritengono che se non si sposerà  volentieri la causa del socialismo, allora sarà l’inflazione a spingere la gente nella braccia del socialismo.
Ma questa deriva verso lo stato clientelare scaturisce da un’idea di compassione malriposta. Nulla di più facile che esigere aiuti di stato invece di affrontare i problemi che li generano.  Nulla di più semplice  che  sostenere le industrie di ieri, piuttosto che incoraggiare la creazione di quelle di domani. Più facile spendere di più  per poi tassare di più e stampare più denaro, invece di creare  ricchezza  puntando sul senso di responsabilità delle persone.

L’ ONESTÀ ECONOMICA
Ora però, le cose sono cambiate, si registra un nuovo senso della realtà, dell’onestà economica, perché noi conservatori siamo più disposti ad affrontare i fatti. È ampiamente riconosciuto che il problema della Gran Bretagna è quello di una rapida inflazione alla quale si accompagna una crescita industriale relativamente lenta. L’unico modo per risolvere questo problema è creare le condizioni che incoraggino l’industria a generare vera ricchezza.
Ciò significa che i sindacati non devono solo chiedere aumenti salariali, ma devono contribuire a permetterli.  In altre parole, il mondo del lavoro deve premere per una maggiore efficienza, richiedere i macchinari migliori e quindi utilizzarli correttamente. Deve  porre fine alle pratiche restrittive e all’ overmanning (esubero di personale, N.d.T.). La produttività non distrugge posti di lavoro, li crea. Genera profitti e salari più alti e ciò si ripercuote sulla crescita  della  domanda e dei  posti di lavoro.
Il governo sta facendo la sua parte. Abbiamo tagliato le tasse sul capitale per aiutare le piccole imprese. Ci stiamo sbarazzando della burocrazia e dei controlli. Ma anni di dipendenza e incertezza non possono essere curati dall’oggi al domani. Ecco perché abbiamo annunciato una strategia quadriennale per ridurre la spesa pubblica, proprio per mantenere il giusto equilibrio con le nostre priorità. Dobbiamo attenerci al nostro programma. In caso contrario tradiremmo tutti coloro che vogliono lavorare per assicurare un buon tenore di visat a  se stessi e alle proprie  famiglie.
Qual è l’alternativa? Continuare come prima? Perseverare in tutto ciò che fa crescere la spesa pubblica? Quindi più tasse, più prestiti, tassi di interesse più alti, più inflazione, più disoccupazione? L’ opposizione sa benissimo che l’industria deve generare ricchezza prima di ridistribuirla. E che ciò che viene speso dal governo esce dalle tasche della gente. Eppure si batte per una campagna contro i tagli.

LA CAMPAGNA CONTRO I TAGLI.
È una campagna di disinformazione.
Coloro che discutono seriamente di economia e priorità rischiano di finire sommersi dalla retorica di una protesta fine a se stessa.
Le economie di bilancio sono disprezzate. Ogni nuova proposta respinta è dipinta come un “taglio” . Non importa che ciò sia falso o immaginario . Quel conta è parlare delle “vittime dei tagli”. .
Non importa che il nostro governo si sia seriamente concentrato sullo stanziamento delle risorse che possiamo permetterci, come ad esempio  sulla salute  e sulla pianificazione di una crescita in termini reali, anno dopo anno. Si parla solo delle “vittime dei tagli”. In realtà se il budget del welfare è inferiore a quello auspicabile, la colpa va ascritta a anni e anni di relativo impoverimento e di trascuratezza delle vere priorità del paese. I “tagli” non c’entrano proprio nulla.
Tutto viene dipinto come “diabolico” e “divisivo”. Si parla addirittura di “un ritorno agli anni Trenta”.
Tutto ciò è assurdo e la maggior parte delle persone ne è a conoscenza. Il 14 maggio lo ha dimostrato (svista, probabilmente si tratta del 4 maggio 1979, data della grande vittoria elettorale del partito conservatore guidato dalla Thatcher, N.d.T.).  Ha provato che la maggior parte delle persone vuole semplicemente tornare a lavorare.

LA REALTÀ ECONOMICA
Sappiamo che esiste un limite a ciò che possiamo spendere in ogni settore. Un limite che non va mai ignorato. Se, entro il limite, si spende di più per un programma, allora bisogna risparmiare su un altro. Sappiamo che se in un’impresa i salari sono fuori budget il resto ne risente, ad esempio in termini di attrezzature, manutenzione e costruzioni  di edifici. I soldi devono pur  provenire da qualche parte.
Se ad esempio le spese vengono pagate prendendo in prestito o stampando denaro, si alimenta l’ inflazione. Sicché alla fine paghiamo tutti.
I tagli non dividono. E’ l'eccessiva spesa statale che crea le divisioni. Divide il risparmiatore onesto dallo spendaccione. Favorisce coloro che vivono alla giornata piuttosto che coloro che provvedono al domani. Quindi, ad esempio, sul piano locale, le tariffe salgono per pagare servizi troppo ramificati, oppure per una richiesta salariale eccessiva o per troppo personale. Non si ragiona in termini economici. Di conseguenza il settore privato viene sacrificato a spese di quello pubblico.
In modo simile ogni causa che il governo è chiamato a finanziare viene foraggiata con fondi sottratti al circuito produttivo. Quando il governo spende più di quanto guadagna il paese, concentra le risorse solo sui gruppi più favoriti e impoverisce tutti gli altri cittadini.

IL RUOLO DEL GOVERNO
Non è questo il ruolo del governo. Il governo esiste per garantire che i potenti monopoli – sia dell’industria che del lavoro – non tengano in ostaggio il resto del paese. Il governo deve creare le condizioni perché imprese e famiglie, sindacati e individui perseguano la prosperità senza danneggiare gli altri.
Non vi sarà mai un’ economia perfettamente bilanciata. Non esiste una sicurezza totale. Nessun lavoro e nessuna attività possono essere garantite per sempre. Nessun governo può liberare il popolo dalle preoccupazioni materiali. Ma il governo può impoverire le persone. Può sprecare quel che le persone creano. Oppure, al contrario, può creare le condizioni capaci di favorire gli sforzi dei privati che portano alla prosperità.
Questo è il compito più difficile del governo, il  dovere a lungo termine, la speranza per il futuro.

(traduzione di Carlo Gambescia ©)

(*) Thatcher Archive, Speeches, Festival Hall, Central London, 21 maggio 1980 (https://www.margaretthatcher.org/document/104368 ).

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