lunedì 2 gennaio 2023

Benedetto XVI e il regime di “Palazzo”

 


È divertente come destra e sinistra tirino per la giacchetta (diciamo così) il Papa Emerito, scomparso due giorni fa. Conservatore, moderato, cauto progressista o addirittura innovatore… Queste le varie categorie politiche applicate a Benedetto XVI dai principali organi di stampa. Per non parlare della Rete, che naviga a vista. Insomma se ne sentono di tutti i colori.

In realtà qualsiasi analisi politica seria, anzi metapolitica (come studio delle regolarità politiche e sociali), non può che andare oltre l’uomo, per indagare il “sistema politico chiesa cattolica” nel mondo di oggi (diciamo a far tempo dalla Rivoluzione Francese), che può essere ricondotto nell’ alveo dei regimi di “Palazzo” , e non più dei regimi di “Chiesa”, per usare due categorie individuate da Samuel E. Finer grande studioso di politica comparata (*).

Il regime di “Palazzo” non è più teocratico come il tipo “Chiesa”, perché pur aderendo all’idea di tradizione, la riconosce ed esercita in termini di autorità non di potere (di consigli non di ordini, quindi non modella più la società).

Di qui la routinizzazione dei dogmi (che da imperativi diventano opzioni personali e argomenti di discussione: ad esempio la vita è sacra o meno? ). Come pure lo sviluppo del ruolo se non predominante, molto attivo della corte (ad esempio la cosiddetta curia).

Perciò il regime di “Palazzo” (che non è un insulto ma una categoria di analisi) vive di rapporti personali, fedeltà più o meno sincere, di contrasti tra fazioni, quindi anche intrighi.

In genere i regimi di “Palazzo” , rinviano alle monarchie assolute ma anche costituzionalizzate ( con il famoso “partito di corte”). La Chiesa Cattolica è una monarchia elettiva, a sfondo aristocratico. Il Papa infatti è eletto dai “migliori”, istituzionalmente parlando i cardinali. I quali esercitano un controllo informale, non codificato, sul papa (al momento, perché storia della chiesa registra un conflitto rapsodico sulla supremazia del concilio, organo policratico sulla monocrazia papale).

Di conseguenza, ripetiamo, la dinamica politica della chiesa rinvia alle caratteristiche del regime di “Palazzo” il cui scopo principale, come quello di ogni altro regime, è di autoalimentarsi. Insomma di durare il più a lungo possibile sulle base delle caratteristiche tipiche del regime di Palazzo: tradizione, routinizzazione dei dogmi, contrasti di corte.

Pertanto il ruolo di Benedetto XVI va indagato rispetto alla logica di regime. Come e quanto ha contribuito alla conservazione del regime di “Palazzo”? Diciamo subito che il suo pontificato è stato troppo breve e per giunta nelle mani – parliamo ovviamente di Benedetto XVI – di un papa, probabilmente coltissimo, ma irresoluto e malato, come prova la sua abdicazione, probabilmente imposta dallo stesso “partito di palazzo”, o di corte, che ne aveva voluto l’elezione. Tutto qui.

Inutile fantasticare, come si legge, su una chiesa cattolica,  per usare un’altra categoria del Finer, capace di tramutarsi in un regime tipo "Forum" ( semplificando progresso + democrazia + mercato), né di tornare indietro verso un regime tipo "Chiesa" ( teocratico o ierocratico ).

Detto questo, non può però neppure essere sottovalutato il ruolo specifico giocato dalla personalità del papa all’interno del regime di "Palazzo": papi dalla personalità spiccata, come Giovanni Paolo II, riescono a contenere le forze eversive rispetto al regime di “Palazzo”, altri come Francesco, le favoriscono addirittura.

Che poi ciò sia un male o un bene per la chiesa, è cosa che non riguarda l’analisi metapolitica, che, come detto, è studio delle costanti o regolarità politiche sociali: di ciò che è, e non di ciò dovrebbe essere sotto il profilo teologico o morale.

Carlo Gambescia

Sul punto si veda S.E. Finer, History of Government, Oxford University Press 2003, vol. I, pp. 1-96, in particolare pp. 37-50 (sui tipi regime).

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