mercoledì 25 gennaio 2023

La lezioncina pacifista del “Bulletin of the Atomic Scientists”

 


Il principale errore dei pacifisti, per usare un parolone, è nell’unilateralità antropologica. L’uomo non è un agnello né un lupo, per usare un metafora antica quanto il genere umano.

In realtà l’uomo è un animale imprevedibile, e in questo senso pericoloso.

Sotto tale aspetto giunge a proposito l’appello del “Bullettin of the Atomic Scientists” (*).

Secondo questa organizzazione, che si presenta come apolitica, ma che in realtà è di orientamento pacifista e socialista, con l’invio in Ucraina dei carri armati tedeschi e americani a gittata più lunga, saremmo, secondo l’Orologio dell’Apocalisse, creazione del Bulletin, a un minuto e mezzo dall’Armageddon. Alla nascita nel 1947 l’Orologio segnava sette minuti alla mezzanotte atomica.

In realtà, è tutto fittizio: i parametri sono fissati dal “Bulletin” stesso, e perciò sono autoreferenziali e vincolati alle tesi pacifiste e socialiste. Semplificando: “Meglio russi che morti”.

Parliamo di un’organizzazione che perciò si muove alla stregua di tanti altri gruppi di pressione, enfatizzando, strumentalizzando, eccetera. Si badi, la logica del gruppo di pressione è quella del successo, tutti gli altri valori, ad esempio libertà e dignità, sono sempre in subordine.

Allora qual è il problema? Che al momento non esistono né organizzazioni belliciste (meglio così), né diciamo “centriste” , in grado di analizzare obiettivamente la situazione e quindi controbilanciare con realismo e saggezza le tesi pacifiste.

Purtroppo siamo tutti immersi – piaccia o meno – in una situazione paradossale.

L’Occidente è in guerra con la Russia però non se ne deve parlare. Pertanto viene dato largo spazio a tutte le tematiche pacifiste, oscurando chiunque professi idee differenti. Però la guerra – guerra di aggressione russa non si dimentichi mai – è in atto. E gli ucraini, che da soli non possono farcela, devono essere armati per difendersi dall’aggressione russa che ne lede  libertà e dignità e ferisce i valori che sono a fondamento di una società aperta e liberale.

Sicché, dal momento che il clima, soprattutto in Occidente, è pacifista, i governi fanno del loro meglio per non scontentare la pubblica opinione, congelare i consensi e restare al potere.

Di qui le armi all’Ucraina con il contagocce e l’inevitabile prolungamento del conflitto. Una stasi addirittura, dietro la quale si nasconde la “speranzella” che la Russia prima o poi si stanchi, oppure – ma non si dice – che l’Ucraina crolli all’improvviso e tutto vada a posto da sè, a spese – altra cosa che vigliaccamente si tace – della dignità e libertà del popolo ucraino. Che di riflesso  è  anche quella dell’Occidente.

È triste ma è così. E, nel caso, non sarebbe neppure la prima né l’ultima volta nella storia umana.

In questo quadro di guerra-non-guerra l’evocazione del conflitto atomico viene usata dai russi, che non hanno problemi di gestione della pubblica opinione, per guadagnare tempo nella speranza che prima o poi l’Ucraina venga a miti consigli. Di conseguenza, le tesi pacifiste di organizzazioni come il “Bulletin” favoriscono, oggettivamente, la vittoria russa o comunque un pericoloso prolungamento del conflitto. Perché l’evocazione della guerra non convenzionale lega le mani all’ Occidente sul piano della fornitura di armi convenzionali. Perché le liberal-democrazie, a differenza delle dittature, hanno problemi di gestione della pubblica opinione. Perciò i russi nelle organizzazioni pacifiste, come il “Bulletin”, piaccia o meno, trovano un alleato. Qui – ammesso che sia in buona fede – il paradosso del pacifismo: persegue la pace, vista come un bene ma favorisce la guerra, il male. Classica riprova dell’effetto perverso delle azioni sociali. E soprattutto del fatto che nella dinamica sociale e politica, le intenzioni, anche buone, non bastano.

Perché siamo giunti a questo punto? Perché la Nato avrebbe dovuto reagire, o anche solo minacciare di reagire, in chiave convenzionale schierando le sue truppe (di tempo ne aveva avuto…), dichiarando però – cosa fondamentale – di non avere altro proposito che quello di respingere le armate russe oltre i confini dell’Ucraina, lasciando così ai russi la responsabilità storica di ricorrere agli strumenti di una guerra non convenzionale. Davanti alla fermezza della Nato , corroborata sul campo, i russi probabilmente avrebbero fatto un passo indietro. Il principale errore di Biden e dell’Allenza Atlantica resta quello di prestarsi fin dall’inizio all’evocazione russa della guerra atomica, addirittura rilanciando.

In questo modo, ripetiamo, si è scelto di giocare sul terreno della guerra non convenzionale, lasciando però ai russi l’iniziativa sul piano convenzionale. Occasione, che i russi non sono ancora riusciti a sfruttare data l’impreparazione militare dimostrata. Ciò significa che, a causa di bluff russo, non intuito subito, la guerra è destinata da durare. Per capirsi la Nato, come al poker, doveva andare a vedere le carte.

Un conflitto che andava subito chiuso, minacciando di far intervenire la Nato sul piano convenzionale fino all’espulsione dei russi dai confini ucraini, si è invece trasformato in una specie di piaga purulenta.

Dicevamo all’inizio che l ’uomo è un essere imprevedibile, e perciò pericoloso. Il che vuole dire che più si allungano i tempi del conflitto più il cresce rischio di una imprevedibile reazione russa. Perciò, alla fin fine, il “Bulletin” non ha tutti i torti. Il rischio c’è. Però, se ci si passa la metafora, ci troviamo in questa situazione perché la terapia da prescrivere non era quella della tachipirina delle trattativa di pace ad ogni costo con i russi (apparentemente) vittoriosi nei pressi di Kiev. Ma di amputare subito, minacciando, come detto, una reazione convenzionale, favorendo l’autodifesa ai confini dell’Ucraina. Lasciando alla Russia, la responsabilità, eccetera, eccetera.

Servivano ( e servono) realismo politico, ma anche valori morali come il senso dell’onore, l’ amore per la libertà, da difendere anche con la spada quando è impossibile ricorrere al tribunale. Nonché coraggio e gusto del rischio. Doti, purtroppo, alle quali l’Occidente, non più fiero delle sue tradizioni liberali, sembra aver rinunciato da tempo in  nome di un dolciastro welfarismo da casa di riposo.

Sicché, ora, dobbiamo sorbirci la lezioncina pacifista del “Bulletin”. Che amarezza.

Carlo Gambescia

(*) Qui per il testo (in inglese): https://thebulletin.org/doomsday-clock/timeline/ . E qui per la notizia (in italiano): https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2023/01/24/lorologio-dellapocalisse-a-soli-90-secondi-dalla-mezzanotte_9ca27053-a729-490b-9e61-c90dcce224ce.html .

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