lunedì 9 gennaio 2023

Bolsonaro e l’errore della sinistra

 


Bolsonaro si presentò come un liberale. Invece la sinistra intuì subito che si trattava del classico politico sofferente di autoritarismo con rischioso corollario fascista dell’appello al popolo contro le istituzioni rappresentative. Che, insomma, di liberale, non aveva e non ha nulla. E quanto sta accadendo ora ne è la riprova: un assalto al parlamento è roba da manuale del perfetto fascista.

Però intuire non significa capire.

Lula – uomo politico che giustifica la Russia – non è un perfetto liberal-democratico. Però non ha mai evocato assalti al parlamento. Lo si potrebbe definire un socialdemocratico di sinistra. Cosa tuttavia da non prendere a cuor leggero.Anche perché il fatto che molti brasiliani lo abbiano votato indica che il paese è profondamente diviso, non tra conservatori e progressisti ma tra una destra che sogna i militari e una sinistra socialista e populista. Insomma, il quadro politico e sociale non promette nulla di buono.

Come finirà? Difficile dire. La società brasiliana ha già precedenti al riguardo. Molto dipenderà dalla posizione dei militari. Sembra incredibile, ma dopo più di duecento anni semplifichiamo – dalle lotte per l’indipendenza,  l’America del Sud – i vari stati – non è ancora entrata nell’era della democrazia rappresentativa consolidata. Si attende ancora cosa farà “the man on horseback”: l’uomo a cavallo, il militare per dirla con Samuel Finer.

Siamo davanti a una specie di campo di battaglia sociale che mostra conflitti di classe, etnici, politici e culturali  di tipo ottocentesco. L’America del Sud sembra aver perduto – almeno per il momento – la sua occasione per modernizzarsi socialmente e culturalmente.

Sul punto la sinistra accusa l’ interventismo geopolitico degli Stati Uniti. Un fenomeno, che a dire il vero, soprattutto dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica si è ridotto e di molto.

In realtà, se una nazione come il Brasile è scossa da conflitti politici e sociali che vanno oltre il fisiologico – come prova l’assalto al parlamento – la questione è culturale: al di là degli aspetti congiunturali legati all’oscillazione dei prezzi delle materie prime e alla gestione del fenomeno epidemico, resta la questione di fondo: quella della mancata, diciamo così, antropologizzazione liberale, che rimanda all’interiorizzazione di una cultura dell’attesa, della pazienza, della tolleranza, nei riguardi delle crisi di sviluppo istituzionale ed economico.

Il fatto che un bizzarro personaggio, come Bolsonaro, che come figura rimanda a una tradizione di duro interventismo militare, si sia presentato come un liberale la dice lunga sul sottosviluppo liberale del Brasile.

E qui sbaglia la sinistra che pur di difendersi, confonde liberalismo e autoritarismo, se non addirittura liberalismo e fascismo: Bolsonaro è tutto eccetto che un liberale. Discorso che vale anche per personaggi come Trump, Orbán, Meloni, che, pur presentandosi come tali, non hanno nulla a che fare con il liberalismo. Anzi simboleggiano un vero regresso politico-culturale.

Ciò significa che la sinistra, Lula incluso,  non ha capito, e da sempre purtroppo, l’importanza di portare avanti quelle istanze liberali, o per meglio dire quel processo di antropologizzazione sociale che rappresenta la migliore difesa culturale contro personaggi pericolosi come Bolsonaro.

Se il Brasile non fuoriuscirà dal circolo vizioso fascismo-socialismo, continuerà a cedere il passo. Non sarà mai una democrazia liberale consolidata. Tra altri vent’anni saremo ancora qui a discutere, eccetera, eccetera.

Perché è vero che di fascismo si muore, ma è altrettanto vero che si muore anche di socialismo.

Carlo Gambescia

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