domenica 7 agosto 2022

Battere le destre o costruire una sinistra riformista?

 


Si dirà che se non si punta a vincere è inutile partecipare alle elezioni. In politica, come alcuni sostengono, a differenza dello sport, l’importante è vincere non partecipare. Sebbene, la libera possibilità di partecipare sia il presupposto della democrazia liberale.

Cosa vogliamo dire? Che l’accordo, sui collegi uninominali, siglato da Letta, con tutte le forze della sinistra, da quella radicale a quella più spostata verso il centro, alimenta qualche timidissima speranza di vittoria, o comunque di contenimento del successo, preannunciato dai sondaggi, delle destre. Che – qui Letta ha ragione – con una vittoria travolgente, potrebbero, da sole, mutare in senso presidenzialista la Costituzione. Cosa molto pericolosa, soprattutto nel paese che ha inventato il fascismo, e che ne ha comunque nostalgia: parliamo di frange non proprio minoritarie di elettori, tra il 10 e il 20 per cento (**). Altro che salvare le “poltrone”, come osserva biecamente il demagogo Salvini. Qui è in gioco la libertà…

Detto questo però, non possiamo non chiederci, in termini di una possibile alleanza di governo, cosa c’entrino con il riformismo, Bonelli e Fratoianni, come pure con la tradizione socialista riformista personaggi come Luigi Di Maio. Per non parlare dei rottami politici di Cinque Stelle e del postcomunismo, fortunatamente tenuti fuori dagli accordi.

Letta, purtroppo soffre della sindrome Prodi, personaggio politico, che imbevuto intellettualmente di statalismo catto-socialista (o catto-comunista, secondo le preferenze dei lettori), non ha mai favorito la nascita di una sinistra riformista. O se si preferisce di  una sinistra nemica dell’assistenzialismo e amica del mercato, capace di anteporre il merito all’ugualitarismo. E che quindi “fa riforme” per uscire dal circolo vizioso dello statalismo.

Si dirà che una sinistra così, non è più sinistra. Può darsi. Però ci si lasci fare alcuni esempi.

Una sinistra riformista, nemica dell’assistenzialismo, privatizzerebbe senza pensarci due volte un baraccone inutile come Alitalia. Una sinistra assistenzialista, continuerebbe invece a iniettarvi denaro pubblico. Una sinistra riformista, ridurrebbe il numero dei dipendenti statali, per contro una sinistra assistenzialista, oltre a non tagliare, assumerebbe. Una sinistra riformista giudicherebbe inutile, oltre un certo limite fisiologico, far crescere la pressione fiscale come pure tormentare i contribuenti.Una sinistra assistenzialista continuerebbe invece a spennare e colpevolizzare.

E così anche in altri ambiti: una sinistra riformista non è giustizialista, come pure non è pacifista, senza per questo essere contro la pace e per la guerra ad ogni costo. Inoltre, cosa tra l’altro fondamentale, una sinistra riformista si riconosce nel valori dell’Occidente euro-americano, una patrimonio culturale, imperniato sull’idea di società aperta, che può essere facilmente recepito a Bruxelles come a Washington, perché va al di là delle sempre provvisorie convergenze di interessi.

Ciò significa che una sinistra riformista non è anticapitalista né alleata di un ecologismo che non è altro che la continuazione del fascismo o del comunismo con altri mezzi. Una sinistra riformista, come anticipato, è per la società aperta, per i diritti civili, senza però imporre un’etica di stato. Una sinistra riformista lascia che le persone organizzino la propria vita privata in base principio che tutto quello che è non vietato dalla legge è permesso. Il che vuol dire che una sinistra riformista deve legiferare il meno possibile e depenalizzare il più possibile.

Quanto infine al mitico Pnrr,  una sinistra riformista deve essere consapevole del fatto che quasi i due terzi dei fondi ricevuti andranno restituiti (***).

Il che implica una oculatissima amministrazione, per dirla all’antica, “di denari che non sono frutto del nostro sudore”: sempre che, ma non è comportamento da sinistra riformista, non si creda ancora nella favolosa leggenda metropolitiana del “moltiplicatore keynesiano” della spesa pubblica in termini di  crescita dell'occupazione.

Alla quale però, sembra tuttora credere Draghi. Perciò anche il continuo riferirsi di Letta e dello stesso Calenda a Draghi, non è di buon auspicio per la nascita di una sinistra riformista. Ciò vale anche Renzi, autonominatosi riformista di sinistra, che vuole correre da solo. Come però? Evocando a sua volta Draghi. Per capirsi Renzi commette lo stesso errore, se ci si passa la battuta, di coloro che eleggono Dracula il Vampiro alla Presidenza dell’Avis.

Come si può capire, se all’accordo sui collegi, seguirà, in caso di vittoria, un’alleanza di governo, sulla base di un’ ammucchiata che va dalla Bonino e Calenda a Fratoianni e Bonelli, sarà difficile parlare di sinistra riformista. Si ripeteranno gli errori delle precedenti “gestioni Prodi”.

Comunque sia, il problema non dovrebbe porsi dal momento che le destre nei sondaggi sono in testa. Pertanto, al posto di Letta, ci concentreremmo, anche se la cosa non è facile per la pressione degli eventi, non tanto sulla vittoria quanto sulla costruzione di una sinistra riformista.

Altrimenti, per parafrasare Marx (una tantum), tutta la vecchia merda, massimalista rischia di tornare a galla. E tra dieci anni, saremo ancora qui a parlare, eccetera, eccetera.

Carlo Gambescia

(*) Questi i termini degli accordi: “Alla fine il Pd dovrebbe presentarsi nel 58% circa dei collegi uninominali, il 24% dovrebbe essere destinato a esponenti di Azione-+Europa, il 14 a Verdi e Sinistra italiana, il 4% a Impegno civico” ( https://www.agi.it/politica/news/2022-08-06/letta-sigla-accordo-con-ev-si-e-di-maio-uniti-contro-destre-17684178/ ) –

(**) Qui un nostro articolo al riguardo: https://cargambesciametapolitics.altervista.org/sul-fascismo-immaginario/ .

(***) Il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) rimanda al programma dell’Unione europea noto come Next Generation EU, un fondo da 750 miliardi di euro per la ripresa europea ( recovery fund). All’ Italia sono stati assegnati 191,5 miliardi (70 in sovvenzioni a fondo perduto e 121 in prestiti ( cfr. https://italiadomani.gov.it/it/home.html ).

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