A proposito del mio post di ieri su
Renzi
Aquile, polli e dintorni
A proposito del
mio post di ieri su Renzi, il lettore Angelo Ciccarella, fa notare che,
come tanti altri italiani post-1945, io continuerei ad accontentarmi, in mancanza
di aquile, di polli. Questo, credo, il succo del suo commento.
La
battuta è simpatica. Però vorrei capire meglio, cosa si intende per aquila: Mussolini, Hitler, Stalin? E quanto ai “potentati
economici e tecnocratici che governano il mondo”, attraverso i polli come
Renzi, ricordo all’amico Ciccarella che
l’Italia non è più ( o forse non è mai stata) una grande potenza da un
pezzo… E che la dialettica di un’economia
di mercato mondiale aperta a tutti è
quella del continuo confronto, sulla base dei prezzi,
tra grandi, medi, piccoli aggregati economici. E che di conseguenza, non c’è alcun disegno segreto, ma solo il costante perseguimento, da parte di tutti gli attori coinvolti nel processo economico di margini possibilmente sempre più elevati di
profitto. Margini, che poi possono essere
redistribuiti, più o meno bene, all'interno - ecco il ruolo
della politica - sulla base
delle tendenze prevalenti (da destra a sinistra). Tutto qui.
In un quadro del genere, e considerate le nostre dimensioni, anche se avessimo Napoleone, come Presidente
del Consiglio, potremmo, al massimo,
trasformarci in una specie di Corea del Nord e dividere la triplice fame e la triplice miseria. Di qui, in prospettiva, l'importanza dell'Europa e della possibilità di costruire, in un mondo di blocchi di blocchi geopolitici, un blocco europeo, liberale e aperto ai mercati, ma, come dire, su basi politicamente più consistenti. E qui convengo che servirebbero "aquilotti" democratici come Churchill e De Gaulle... Ma questa è un'altra storia.
Naturalmente, in ogni società c’è un nucleo di individui eroici,
sognatori o addirittura visionari che
immagina romantici destini. Tutto molto bello. E talvolta, quando le condizioni storiche lo
consentono, essi possono svolgere un ruolo, anche importante. Il punto è che resta
difficile, capire - oggettivamente - quando come e perché sia giunto il loro momento. Certo, lo si può intuire soggettivamente. E , semplificando, l’individuo
eroico crede sempre di essere in sincronia con il famoso orologio della storia. L’ultima
volta, da noi, fu nel giugno del 1940. E
finì come tutti sappiamo. Mussolini si
riteneva un' aquila. Renzi è considerato
un pollo. Purtroppo, per il momento, ripetiamo, sembrano mancare vie di mezzo: gli aquilotti di cui sopra.
Ai lettori la scelta.
Carlo Gambescia
Carissimo Carlo, non mi sogno nemmeno di considerare Mussolini l'aquila di cui avremmo tanto bisogno. Per carità, di danni al nostro Paese ne ha procurati a iosa (leggi razziali, alleanza col satanasso caporale, autarchia debilitante). E' vero che si attende spesso l'uomo della provvidenza, ma checché ne dicano i nostalgici di Salò, non credo che ci sia bisogno di un uomo forte per l'Italia. Non sono un neofascista con la sindrome dell'orfano, ma che ci vogliano i padri ad un Italia asfittica, stitica, progressista, a me pare sacrosanto (cfr. Risè). Vedi, il comunismo italiano (eterodiretto da Mosca) ha distrutto il senso della Patria (il termine stesso era tabù), il senso dell'onore, dell'attaccamento a dei valori non negoziabili, alla dimensione religiosa e soprattutto spirituale della vita. Opera di distruzione che ha portato dietro di sé milioni di italiani disorientati dalla storia, afflitti dal dubbio, e ingannati dal relativismo etico. L'Italia è anarchica conservatrice, e in questa perenne contraddizione vive da secoli, fino a quando si è imposta l'ideologia del materialismo in ogni aspetto dell'esistenza, del primato dell'economia, della centralità del partitismo. La Chiesa stessa ha fatto aperture mortali col mondo, perdendo la sua ragion d'essere verso forme spurie di umanitarismo. Ciò che è originario si è confuso con l'originale, i mezzi son diventati fini, la tecnica ha assunto connotazioni titaniche fino a diventare la pietra filosofale del popolo bue. Aquile? Carlo Magno e Federico II° non li vedo all'orizzonte, né vedo gente di fede e di passione, non c'è più una comunità legata da una terra, da una religione, da una memoria. Rovine, popoli in disarmo schiacciati dall'anomia e dall'inquietitudine, nichilismo galoppante. Non so se il mondo è alla fine di un ciclo, sicuramente è lontanissimo dall'inizio.
RispondiEliminaCaro Angelo, purtroppo non scorgo grandi possibilità di comunicazione. Ci divide credo il differente giudizio sulla modernità: per te è il nemico morale, per me è un fenomeno cognitivo da studiare come un altro.... Certo, voli alto e con cognizione di causa - ma dal tuo punto di vista. Anche a me piace cavalcare per i secoli, ma in cerca di regolarità. E le regolarità ci dicono che sia Carlo Magno che Federico II non seppero creare classi dirigenti durature e strutture di continuità: non governa mai uno solo, governa una élite... (regolarità)... E, a dire il vero, è lo stesso problema che affligge il repubblicanesimo dei moderni... Quindi,come vedi non faccio sconti. Forse Roma può essere un esempio più rappresentativo di continuità sociologica, ma anche qui bisogna distinguere tra il periodo repubblicano e il periodo imperiale ( e relativi sotto-periodi)... tra Cavalieri e Senatori, tra esercito professionale e no, tra periodi di guerra (esterna e civile), molti, e periodi di pace pochi ( forse uno tra il I e il II sec. d.C.) Insomma, le cose sono complicate. Quanto alla questione dei padri: o ci sono o non ci sono. I padri putativi sono pericolosi... E Risè riflette una cultura archetipica, affascinante, ma sincronica. E sincronico per sincronico meglio Jung... E poi scusami ma se uno è un materialista e relativista, che fai lo fucili o lo inchiodi all'archetipo positivo? Il popolo, da che mondo è mondo, per dirla con Stefano Accorsi di "1992", va dove gli tira il pisello... Rassegnarsi. Gli uomini sono come sono. Tu, quando parli di padri, educazione eccetera, proietti un mentalità pedagogica moderna, su un risvolto antico, tradizionale (i sacri valori , eccetera, eccetera): sei un illuminista, o se preferisci un costruttivista, che guarda indietro... Libero di farlo e auguri, per carità. A mio avviso invece, dovremmo imparare ad accettare i cicli storici per quello che sono (altra regolarità: il ciclo politico), cercando di cavarne - ma questo sarebbe compito dei politici non degli studiosi (altrimenti si pecca di costruttivismo) - fuori il meglio possibile nella libertà. P.S. La Chiesa avrà quello che merita: ha una struttura istituzionale sottoposta alle regolarità della politica (cicli, formazioni delle élites, principi di legittimazione)...
RispondiElimina