Il mandato di arresto internazionale per Netanyahu, Gallant e Deif per crimini di guerra rappresenta l’ennesima cattiva prova di un assurdo pacifismo che rifiuta la guerra per principio, e che di conseguenza la tratta alla stregua di una lotta tra bande criminali, prescindendo da ragioni e torti. Quindi Israele e Hamas pari sono.
La guerra per il pacifista non è neppure un eccesso di legittima difesa. L’aggredito deve sempre porgere l’altra guancia. Punto. Però non desideriamo tornare su un argomento già affrontato in precedenza (*).
Veniamo invece al vero argomento del giorno. La paura di Putin. Sulle cui spalle, detto per inciso, grava il peso di un mandato di cattura internazionale per “presunti crimini di guerra di deportazione di bambini dai territori ucraini occupati nella Federazione Russa”. Un mandato al quale Putin, ben protetto tra le mura del Cremlino, circondato dalle sue guardie del corpo, avrà fatto come Pinocchio milioni di marameo.
Dicevamo la paura di Putin. La nostra tesi è decisivamente controcorrente. Putin ha alzato il livello dello scontro, minacciando di attacco missilistico Gran Bretagna e Stati Uniti, perché, teme che i missili di Kiev, forniti da americani e britannici, colpendo il territorio russo, e coinvolgendo civili, gli facciano perdere la guerra, e soprattutto il potere. Perché in caso di sconfitta, cioè di marcia indietro dai territori ucraini occupati, rischia di fare la fine di Nicola II.
Perciò, minaccia. Non c’è una precisa strategia dietro le minacce a
Stati Uniti e Gran Bretagna. Si scorge solo la paura delle
defenestrazione. Putin come ogni autocrate teme le sommosse popolari,
le rivolte militari, il colpo di stato di possibili traditori al
momento al suo fianco e in apparenza fedeli.
L’autocrate vive nella paura, la trasmette, la usa come strumento di
governo e tortura. Ecco perché ogni cedimento pacifista dell’Occidente
rischia di rafforza la posizione del dittatore russo.
Pertanto non è vero come si legge che Putin è un pazzo al quale bisogna dire sempre di sì. Diciamo invece che si finge pazzo, lascia che lo si creda pazzo per godere dello statuto dell’imprevedibilità dei pazzi.
In realtà, se l’Occidente invece di bersi fin dall’inizio la storia di Putin privo di qualche rotella, avesse risposto in modo deciso alle sue provocazioni, ora non saremmo qui a discutere di questioni psico-patologiche,
Si dirà che la paura può giocare brutti scherzi. Dipende dal tipo di paura. La paura di perdere il potere, che è quella che anima i dittatori come Putin, implica il non ricorso all’ uso di strumenti che, per effetto di ricaduta colpiscono vinti e vincitori. Per fare un esempio concreto, si pensi ai gas che sui campi di battaglia della “grande guerra” il vento spesso riportava indietro, uccidendo chi li aveva usati per primo.
D’altra parte di guerra atomica, al di là delle bombe sul Giappone, sappiamo poco, se non ciò che è entrato nel circuito mediatico e politico sulle basi delle presuntive e millenariste ipotesi pacifiste.
Pertanto Putin, pur di restare al potere , continuerebbe e scegliere il certo di una guerra convenzionale rispetto all’incerto di una guerra non convenzionale. Però gli piace atteggiarsi a duro come tutti gli insicuri.
Tutttavia potremmo sbagliare sulla salute mentale di Putin. Cioè potrebbe essere veramente del tutto pazzo, eccetera, eccetera. Resta l’esempio classico di Hitler. E del resto non pochi imperatori romani e bizantini, e alcuni Zar, forzarono le cose, in modo folle, da ultimo Nicola II, presero le decisioni sbagliate e così persero il potere e furono anche uccisi.
Il potere, come ha ben mostrato Shakespeare nei suoi drammi, si pensi solo al Macbeth e al Re Lear, quanto più è autocratico tanto più rischia di autodistruggersi. La regola dell’autoconservazione, che prevede la minaccia calcolata, non sempre vale.
Resta però il fatto che se si fosse imposto fin dall’inizio a Putin di mostrare le sue carte, avremmo evitato due anni di guerra. Ovvamente avremmo anche rischiato la guerra atomica. Ma chi non vuole correre rischi non ottiene nulla. E soprattutto lascia l’iniziativa all’avversario. E infatti, come per le dichiarazioni di ieri, l’iniziativa è ancora saldamente nelle mani di Putin.
Carlo Gambescia
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