giovedì 28 novembre 2024

Canone Rai, il voto contrario di Forza Italia e l’ira della Meloni. Divagazioni metapolitiche

 


In politica esistono due tipi di logica: la logica della politica e la politica della logica.

Nel primo caso,  come ad  esempio nei  governi di coalizione, la logica della politica impone che tra alleati si debba andare d’accordo,  per il bene del governo ( come durata) e del  paese (come misure per il bene comune). Buon governo è il governo del "giusto mezzo" tra questi due obiettivi: durata e bene comune. Si chiama logica della politica, nel senso che  è logico durare, e che per durare si deve essere uniti, facendo anche il bene del paese. Altrimenti prima o poi si soccombe in quella  lotta evolutiva per il potere (che premia le  forze più  adeguate sotto l’aspetto della logica della politica),  lotta segnata da processi centripeti e centrifughi. Processo, quest'ultimo, che costituisce una regolarità metapolitica.   

Nel secondo caso, parliamo sempre di un governo di coalizione, la politica della logica si traduce  nello  sviluppo di un  pericoloso  contrasto tra bene proprio del governo (la durata)  e del paese ( misure di bene comune). Si chiama politica della logica, nel senso che  non è più la  logica  a  governare la politica, ma la politica a governare la logica, sicché, dal momento che la politica è anche conflitto,  si genera un contrasto  tra il bene proprio del governo e il bene del paese. In questo modo però  la lotta evolutiva per il potere, interna al governo, ne  rende  problematica l’esistenza.

Ora,  il voto di  Forza Italia, che da partito liberale (come si dice) avrebbe  dovuto votare per l’abolizione del canone Rai, e non per una semplice riduzione,  come primo passo verso la privatizzazione dell’ente pubblico,  rientra in pieno nella politica della logica. Cioè il bene del partito ( nel senso ad esempio di un  frainteso guadagno di visibilità) che  prevale sul bene del  governo. Una scelta che però   indebolisce la forza del governo  in quella che è la lotta evolutiva per la politica. Qualcosa di non logico, se si vuole incoerente, dal punto di vista della logica della politica.

Non stiamo difendendo il governo Meloni, ma semplicemente sottolineando come certe regolarità metapolitiche, travalichino le ideologie professate,  per culminare nell’autodistruzione politica.

La politica si fonda (anche)  sull’eterno contrasto  tra essere e apparire.  Si vuole apparire come animati  dalla logica della politica (si pensi ai  grandi discorsi di Giorgia Meloni, sulla diversità di “questo” governo), mentre in realtà  si  finisce per obbedire alla politica della logica
(il voto contrario di Forza Italia).

Siamo davanti a  una buona notizia per coloro che non simpatizzano con il governo Meloni? Certamente,  però il contrasto tra logica della politica e politica della logica è insopprimibile. Perché animerà anche una coalizione di sinistra o di centro-sinistra, come pure  le  forme di regime politico profondamente differenti dai regimi liberal-democratici. Con una sola differenza – fondamentale  - che questi contrasti in una liberal-democrazia avvengono alla luce del sole,  in un’autocrazia, ristagnano nel buio delle stanze del potere.

E qui è interessante fare un’osservazione a proposito dell’ira della Meloni.  Chi non ha radici liberal-democratiche, come ad esempio Fratelli d’Italia, tenderà a vedere nel  voto contrario di  Forza Italia,  non il portato di una  vittoria della politica della logica sulla logica della politica,  ma una inevitabile aberrazione  della democrazia parlamentare. Di qui l’idea cara alla destra dalle radici fasciste, di rafforzare i poteri del governo e di ridurre al minimo il potere coalizionale e di controllo dei parlamenti. Una posizione che si concretizza   nella scelta plebiscitaria.  Il cosiddetto premierato, che piace tanto alla destra, non è che un passo in questa direzione. 

Giorgia Meloni, gonfia di ira  verso gli alleati, crede che così facendo ingabbierà le pulsioni centrifughe. In realtà, dal punto di vista della pubblicità delle decisioni politiche è ininfluente che il primo ministro sia eletto direttamente dal popolo.   

Perché, in  realtà,  la tensione  tra  politica della logica e logica della politica è ineliminabile. Essere eletti o  nominati – semplifichiamo -  dal popolo o dal parlamento non cambia nulla.  Dal momento che  su  ogni questione,  per semplificare,  ci saranno sempre almeno due soluzioni, due modi di vedere le cose, eccetera.  Inoltre, quanto ai poteri, assoluti o meno,  neppure Luigi XIV governava da solo. Esiste un’amministrazione, con i suoi gradi alti e bassi. Implementare dall’alto non è mai facile. Due ministri, anche in un regime autocratico, possono  pensare  in modo opposto. E qui si pensi, con riguardo al Novecento, alle grandi fratture interne persino ai regimi totalitari.

Però, come detto, la tensione tra  politica della logica e logica della politica,  la si può portare alle luce del sole.   Come nelle liberal-democrazie.  E questa è una buona cosa.  Perché  è vero che un leader, democratico o autocratico, si troverà sempre a fare delle scelte tra i propri interessi e quelli del paese, però è altrettanto vero che  le cose cambiano, e in meglio,  quando avvengono alla luce del sole, ad esempio in parlamento.   

Qui, ripetiamo, la differenza tra una democrazia liberale e una autocrazia. Differenza che sembra sfuggire a Giorgia Meloni.

Carlo Gambescia

Nessun commento:

Posta un commento