sabato 26 maggio 2018

Paolo Savona conosce la vicenda di  Hjalmar Schacht?




In questi giorni  Paolo Savona (nella foto) sembra essere diventato il beniamino dei neo-nazionalisti italiani.  La sua figura, in qualche modo,  ricorda quella di Hjalmar Schacht,   economista e  banchiere tedesco,  che appoggiò Hitler.  La tipologia, fortunatamente rara, è quella  dello specialista in economia, che, incredibilmente, pur conoscendo la complessità e inesorabilità  dei meccanismi economici,  sposa una causa politica, che inevitabilmente, conduce  il  paese alla rovina. 
Come si è già  detto,  Schacht,  rappresenta   l’eccezione che conferma la regola.  Il lettore si chiederà di quale regola stiamo parlando.  Del rispetto delle leggi o costanti economiche. Gli economisti, tutti, sanno benissimo,  che una volta usciti dal seminato della legge della domanda e dell’offerta, la parola inevitabilmente finisce per passare alle armi. Ci spieghiamo meglio.
La legge della domanda e dell’offerta  rinvia a una  società fondata sul libero scambio,  che, ovviamente,  non è mai tra soggetti uguali, altrimenti non ci sarebbe scambio, dal momento che  ogni attore  economico  porta sul mercato le sue specificità, tradotte in beni economici  e prezzi. Si chiama anche divisione  internazionale del lavoro. Quindi si parla di un dato reale, non astratto. Nella sua esperienza storica il mercato (ovvero il meccanismo economico fondato sulla legge della domanda e dell’offerta) ha determinato un innalzamento del tenore di vita di tutti i popoli del pianeta. Quindi il meccanismo funziona. O comunque funziona meglio di altri.
Ora,  Paolo Savona, come la  stragrande maggioranza degli economisti,  queste le cose le conosce bene,  come sa altrettanto bene che il denaro  essendo una merce come un’altra  è sottoposto alla legge della domanda e dell’offerta.  Pertanto, l’uscita dell’Italia dall’Euro,  comporterebbe una valutazione, sulle basi della legge della domanda e dell’offerta,  della Lira italiana,  giudizio legato  alla necessità reale  che di essa avrebbero gli operatori economici italiani  e internazionali (soprattutto questi ultimi). Sicché, la Lira italiana  per  entrare in concorrenza con le altre monete dovrebbe sfidarle. Come? Rendendosi  appetibile.  E come si rende appetibile una moneta?  Con la forza della propria economia.  Ora, altra cosa che il professor  Savona conosce molto bene  è che l’economia italiana ha precisi limiti storici,  materiali  e strutturali: capitalismo con  tratti ancora arcaici, scarse risorse naturali, bassa etica del lavoro.  Di forza  ne ha poca. 
In queste condizioni,  si anche può stampare tutta la moneta di questo mondo, ma poi sono  gli altri attori economici a determinarne il valore. Sulla base, ripetiamo, della legge della domanda e dell'offerta. 
Perciò il problema non è l’Euro, che anzi mette l’Italia in condizione  di godere di una moneta forte e abbastanza stabile, ma le condizioni strutturali dell’economia italiana, che seguono un trend secolare, che  non si può cambiare a colpi di bacchetta magica, “creando denaro dal nulla”. E che a crearlo sia la Banca d’Italia, privata e semiprivata o la  mitica  Banca di Stato, non significa e non cambia nulla.
Naturalmente, esistono dei modi extra-economici per rafforzare la propria moneta. Il primo è quello delle conquiste militari, sconfiggendo e sfruttando i paesi sottomessi. Questa fu la strada di Hitler. Il secondo è quello dell’autarchia, ci si chiude al mondo e all’interno si sostituisce  il denaro, con il baratto o con lo scambio di  merci (più o meno sublimato) tra i diversi  settori dell'economia nazionale. Anche questa strada fu  tentata all’inizio  da Hitler, ma poi abbandonata,  perché implicava un  isolamento che non aiutava lo sviluppo dell’economia tedesca. E così Hitler, decise di prendersi con la forza  ciò che riteneva spettasse al popolo tedesco.
Come si può capire,  la moneta è una cosa seria. Il suo meccanismo dal punto di vista  sociologico riflette un concetto di giustizia retributiva reale:  ogni moneta riceve, come  valore, ciò che merita, secondo una scala di forze reali.  Insomma,  quel che essa merita  rinvia alla posizione di una  nazione nella divisione internazionale del lavoro. C’è chi è arrivato prima, chi è arrivato dopo. Chi ha più risorse naturali, umane, morali.  Chi meno. E così via. Il che, naturalmente,  determina monopoli e oligopoli economici e all'occorrenza fenomeni speculativi.  L’uguaglianza non è di questo mondo. Come del resto l'imperativo etico kantiano. E il mercato inevitabilmente assorbe, come una spugna. Ma, ecco il punto, a decidere, in ultima istanza, è sempre la legge della domanda e dell'offerta. Insomma, un principio retributivo, reale.
Certo, si può forzare il meccanismo, fino a distruggerlo,  puntando sulla guerra e/o l’autarchia, evocando principi morali di giustizia redistributiva astratta. Ma se non si hanno le risorse militari  e materiali  si rischia di ritrovarsi più poveri di prima.  Mussolini, docet.  
Schacht a un certo punto capì che a Hitler non bastava più l’autarchia e che avrebbe portato la Germania alla rovina, e  fece un passo indietro. Di conseguenza   venne emarginato dal regime.
E anche questa  è una lezione  che il professor  Savona dovrebbe conoscere bene. O no? 

Carlo Gambescia