domenica 20 maggio 2018

Anche l’Ansa  è diventata amica  del popolo
Vietato sorridere




L’Ansa è la prima agenzia di stampa italiana e la quinta nel mondo. Nata nel 1945, la sua storia si identifica con quella delle Due o Tre Repubbliche italiane. Per usare un luogo comune  è una specie  di biglietto da visita all’estero. Quindi l’equilibrio  dovrebbe essere il suo forte. 
Non è sede questa -  anche per ragioni di competenza  - per dare un giudizio  al riguardo, però non possiamo non esprimere  la nostra sorpresa  per una non notizia pubblicata in  home page (taglio laterale):

Primo Piano/Maria Elena Boschi dopo l’Assemblea Pd agli internazionali di tennis (Fotoracconto)


Segue una “galleria” fotografica  (sette istantanee),  con la Boschi, che gesticola,  ride, chiacchiera, insomma  si diverte.
Domandona.  Dov’è  la notizia?   la Boschi ha “marinato” l’Assemblea del Pd, per andare  a divertirsi? No.  Al Foro Italico è andata dopo. Allora?    Diciamo che la notizia c’è, ma nella miserabile ottica - che non dovrebbe essere quella dell’ Ansa  - del virtuismo  grillin-travagliesco.  
Dobbiamo spiegarci  meglio?  Benissimo.   Testo del testo:  il Pd è a pezzi e  “questa” si diverte. Sottotesto: siamo davanti a una sporca professionista politica, nemica del popolo,  che divide il lavoro (politico) dal divertimento. Insomma, “una” che quando torna a casa, stacca la spina.  E invece - ci sembra di sentirli -  "mia cognata  che lavora in un call center, finito il turno, deve  accudire figli, marito e nonna allettata, che vergogna".
Certo,  nel  Ventennio, le finestre di Palazzo Venezia erano illuminate fino a tarda notte.  Il Duce, lavorava sodo.  Togliatti, si alzava presto, Berlinguer non dormiva proprio, Moro andava a messa all’alba.  Di Maio, infine,  come il coniglietto  delle batterie duracell,  non si ferma mai. 
Insomma, per dirla con un grande della sociologia,  Mussolini, Togliatti, Berlinguer, Moro, Di Maio vivevano e vivono  per la politica, Maria Elena Boschi invece vive di politica… Nel senso,  dicono, che ci campi benino, solo per godersi il tennis.
Questo è il contorto ragionamento degli amici del popolo.
Ora, al di là del fatto che  la Boschi,  Renzi,  Berlusconi (che, a proposito, continua a dormire tre ore per notte),  siano più o meno “professionisti” in senso negativo  (una cosa, tra l’altro da provare e non negativa, perché è il sale della democrazia liberale),  resta la pericolosità di ragionamenti del genere  che  trasformano  in nemico del popolo  il politico che ami seguire il tennis.   Cosa che fanno milioni di italiani, e che invece, per il mattoide virtuista,   la Boschi non può fare, perché -  e questo è il sottotesto del sottotesto -   anche il privato è politico.
E qui viene il bello (anzi il brutto), perché  si tratta della stessa  forma mentis che ha avvelenato il Novecento,  mescolando insieme ideologia,  gulag, confino e campi di concentramento e sterminio.  E che ora torna ad affacciarsi, rivestendo gli abiti, apparentemente più  leggeri,  del virtuismo:  di una specie di demenza sociale,  propugnata dai cosiddetti amici del popolo,   che vogliono imporre  a tutti  un  moralismo dolente da rompicoglioni (pardon), tipico dei vecchi comunisti e dei democristiani casa e chiesa. Semplificando:  divieto di  ridere.  Solo per  il politico  "di professione",  ovviamente. Che deve stare eternamente ingrugnato. Perché  da "lui"  - si legga con enfasi  fantozziana -   "servitore del popolo, dipende il destino del popolo".
Ora, che certe cose catto-comuniste le scriva, alla luce del sole, Travaglio sul “Fatto”,  ci può anche stare, visto  il tipo di lettore demenziale che compra quel giornale,  ma che l’Ansa, in modo surrettizio, con la scusa del glamour, getti schizzi  di merda (aripardon), additandola alla furia popolare,  sulla Boschi, solo perché appassionata di tennis, è un’operazione degna dell’Agenzia Stefani, fascistizzata e poi disciolta  nel 1945. La mamma dell'Ansa di oggi per capirsi, moralizzata e  moralizzante.
Il suo direttore, Manlio Morgagni, alla caduta del fascismo però si suicidò.  Auguri.

Carlo Gambescia