mercoledì 23 maggio 2018

Salvini il playboy  (fallito) della politica
Purché respirino



L’ultima dichiarazione di Matteo Salvini è  tragicomica:  “O si cambia l'Italia, o si vota”.
È tragica, perché rivela, in un passaggio istituzionale delicatissimo,  tutta l’  insufficienza dell'uomo politico:  superficialità  e mancanza di visione;  comica, perché evoca un  “qui si fa l’Italia o si muore”  garibaldino, che, probabilmente, Salvini,  più che dalle Noterelle  dell’Abba, ha rubato all'orecchiabile  “Cuoco di Salò”  del cantautore De Gregori. 
Votare, senza una legge maggioritaria, non serve a nulla.  Possibile che Salvini non capisca? Si dirà che siamo dinanzi  soltanto alla solita  minaccia  politica.  Certo, ma  per andare dove? A fare l'Italia, come nel 1860.  No,  al  governo, per sfasciarla, l'Italia.  E  con i populisti di Casaleggio e  Di Maio.
Salvini nella sua vita politica ha avuto una sola  grande intuizione:  quella di trasformare la Lega in partito nazionale. Però, ecco il punto, troppo spostato a destra.  La fotografia della situazione italiana l’ha ben fotografata ieri il quotidiano “Libération”, che parla  di un’alleanza tra estrema destra e populisti. Un mix  antisistema da esplosione atomica. Dell’Italia.

Purtroppo, la deriva inevitabile, perché, come si usa dire oggi, la narrazione politica di  Salvini  è quella degli spostati di estrema destra: lotta al sistema,  abbasso il capitalismo e gli americani, prima gli Italiani, fuori tutti gli altri.
Salvini, invece di comportarsi in modo responsabile, da leader di una destra, liberale e moderata,  capace di guardare lontano alla costruzione di un destra sul modello del Partito Popolare spagnolo, si è tramutato nel primo  propagandista di una visione  totalmente falsa della situazione italiana, pauperista e piagnona,  vellicando,  quel che  è peggio, gli istinti razzisti degli italiani.
Un vero lazzarone politico, consacratosi alla cattiva arte del tanto peggio tanto meglio,  pur di  conquistare - stupidamente -  il potere a qualsiasi costo.  Ecco  il suo punto debole: la smania di  andare a Palazzo Chigi, o comunque di arraffare per sé  un dicastero politico importante ( e di riflesso per i suoi sodali).  Il che spiega la proposta indecente  di allearsi con Di Maio.
“Purché respirino”, insomma.   Come si suppone,  ragionino,  certi playboy  non proprio di alto bordo, quasi falliti,  a caccia di ottantenni. Possibilmente ricche.  Perché l’importante è  “piazzarsi”. Tradotto:  agguantare il potere, anche in condominio, poi si vedrà...
Si dirà che è scorretto,  ridurre complesse dinamiche politiche alla pura e semplice sete di potere individuale.  Non sempre. Perché nel caso di Salvini, un uomo che professionalmente ha sempre vissuto di politica, diventare Ministro a quarant’anni,  è  il conseguimento  di un risultato professionale agognato fin dall’inizio della carriera. Il trionfo e l'estasi di uno che  ha cominciato attaccando manifesti. 
Non ci si lasci incantare dal suo atteggiarsi, davanti alle telecamere,  a purissimo  e nobile  difensore degli italiani. Recita.  Li usa.  Come ha usato la Lega, Bossi, e tutti quelli che ha incontrato sulla sua strada, compreso il  patetico Silvio  Berlusconi.  
Se si ama veramente l’Italia non ci si allea con chi la vuole distruggere, come i pentastellati.  E soprattutto, si guarda lontano: a buone leggi elettorali (maggioritarie),  nonché  a un partito, liberale nei programmi, capace di parlare a tutti gli italiani, soprattutto ai moderati, che sono tanti e non votano,  perché diffidano dei venditori di pop-corn  politici. 
Proprio come Salvini. 

Carlo Gambescia