Di Churchill molti storici sottolineano il tratto caratteriale deciso, fin troppo: l’andare subito alle conclusioni, da uomo che conosce profondamente il mondo e che non ama troppo nutrire i dubbi amletici degli intellettuali. Si può parlare di una sana ostinazione.
Si pensi a uomini politici che hanno grande fiducia in se stessi e che riescono a infonderla, senza che esecutori e interlocutori debbano farsi troppe domande sul perché obbediscono. Dietro però non c’è la paura, come nel caso dei grandi dittatori, c’è l’autorità: si obbedisce perché si ritiene che il leader ne abbia a volontà.
Autorità in che senso? Non si pensi all ’autorità costituita, quella che appartiene a chiunque eserciti un potere riconosciuto e sanzionato dalla legge. Ma al potere morale che deriva dalla stima, credito di cui un uomo politico gode (per età, virtù, scienza, ingegno o per altre competenze).
Insomma Auctoritas, nel senso latino del “far crescere” (augere), il cui significato deriva da Auctor, colui che crea: il maestro che rende credibile ciò che dice perché ha già dimostrato, con successo, il valore, la veridicità delle proprie affermazioni e iniziative. Diciamo che si tratta di un potere che resta legato a un fattore psicologico-morale. Inoltre autorità non è sinonimo di governabilità. La governabilità è attributo sia dei dittatori, sia dei leader democratici. Invece l’autorità è qualcosa che viene prima della governabilità.
Churchill e Hitler governavano, praticavano la "governabilità", però Churchill deteneva l’ Auctoritas, ed era obbedito per la sua credibilità. A Hitler invece si obbediva perché si aveva paura di lui.
Qui la differenza tra un leader politico con o senza autorità.
Benjamin Netanyahu ha l’autorità psicologico-morale per governare Israele? Gode di credibilità? Churchill vinse la guerra, ma perse le successive elezioni nel luglio del 1945. I britannici ai conservatori preferirono i laburisti guidati da Attlee. E Churchill, diligentemente, si dimise.
Non crediamo che Netanyahu tornato a governare dal 2009, con maggioranze politiche sempre più a destra e divise, goda di autorità. Né che si possa paragonare a Churchill. Non che sia un'intelligenza politica di secondo piano, ma un vero statista deve sapere quando fermarsi. Abbiamo a lungo riflettuto su questo aspetto, su ciò che sembre essere il lato debole di Netanyahu. Forse lo abbiamo sopravvalutato. Seguono le nostre conclusioni.
Attualmente Netanyahu è ancora Primo Ministro, ma lo stato di Israele è attraversato da crisi istituzionali (per le riforme giudiziarie ad esempio) e da forti tensioni interne e regionali, soprattutto dopo il conflitto generato dall’incursione terroristica di Hamas nell’ottobre 2023.
Conflitto gestito in modo durissimo da Netanyahu. Una conduzione, per così dire, che divide gli elettori israeliani e l’opinione pubblica mondiale. Qui la differenza: Churchill era sostenuto anche dalle opposizioni, Netanyahu no. Per essere più precisi: l'opposizione israeliana ha in parte sostenuto la repressione a Gaza, soprattutto nei mesi iniziali del conflitto, per ragioni di sicurezza nazionale e unità. Tuttavia, col progredire della guerra, sono aumentate le critiche sia sulla conduzione militare sia sulla mancanza di visione politica, portando a un graduale allontanamento dalle posizioni del governo.
Il che spiega perché la macchina repressiva israeliana sembra aver assunto forza propria. Una trottola impazzita. Qualcosa di inarrestabile. Quando manca l’ autorità non resta che il perseguimento del successo a ogni costo, proprio perché la credibilità è fine e non mezzo. E come noto, a ogni azione politica segue una reazione. Di questo passo, secondo un classico meccanismo a spirale, si rischia il peggio sul piano politico-militare.
Del resto le opposizioni israeliane sono molto divise. La crisi e la sparizione del partito laburista negli ultimi venticinque anni sono due eventi che hanno favorito l' ascesa di Netanyahu. Quindi uomo politico anche fortunato.
A nostro avviso Netanyahu dovrebbe farsi da parte. Ma, a parte l’ostinazione dell’uomo (che associata alla autorità può essere cosa buona, come in Churchill), chi potrebbe sostituirlo? Perché l’opposizione, molto frammentata, non ha l’autorità che aveva il partito laburista israeliano, come quello britannico che vinse le prime elezioni politiche dopo la guerra.
Concludendo, la crisi israeliana è, innanzitutto, una crisi d’autorità.
Tutto il resto è secondario.
Carlo Gambescia
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