Ieri la Court of International Trade degli Stati Uniti ha bloccato temporaneamente le tariffe introdotte da Trump definendole illegali. La Court è intervenuta a seguito dei ricorsi presentati da imprese americane e governi statali contrari alla legittimità delle tariffe.
Si tratta di un organo giurisdizionale, sorto alla fine dell’Ottocento, ma rivitalizzato nel 1980, con apposita legge: si occupa di dogane e dazi, per porre, diciamo così, su un piede di parità imprese straniere, americane, governi. Celebre il caso della Nippon Steel Corporation (2003), una storica azienda giapponese, accusata dal Dipartimento del Commercio americano di vendere acciaio negli Stati Uniti a prezzi inferiori a quelli praticati nel proprio mercato interno, portato davanti alla Court. Alla fine i giapponesi ebbero riconosciute almeno in parte le loro ragioni (*).
In sintesi gli scopi principali della Court sono i seguenti: 1) Rafforzare l’imparzialità e la competenza tecnica nelle dispute commerciali internazionali; 2) Gestire l’aumento dei casi complessi legati a accordi multilaterali, dazi, dumping e commercio globale (**).
Ovviamente, come nel caso dei giapponesi, è possibile appellarsi alle sue decisioni, ricorrendo a un’apposita Corte di appello sempre in materia. Che ieri sera – colpo di scena – ha sospeso la sentenza accogliendo il ricorso di Trump. Ora, probabilmente, l’ultima parola spetterà alla Corte Suprema.
Siamo davanti a un piccolo gioiello di ciò che si può chiamare il diritto liberale dei mercati. Una specie di miracolo istituzionale che rinvia ai concetti, apparentemente opposti di equity e common law: di giustizia sostanziale, che prende atto della differenze caso per caso, e di decisioni giudiziarie valevoli per tutti, privati, istituzioni, governi. Un miracolo americano, capace di coniugare libertà di commercio, diritti individuali e bene comune. Magnifico.
Naturalmente, una formula del genere non può non risultare indigesta a chiunque condivida una visione pre-liberale o anti-liberale della politica. Il che spiega la reazione sdegnata di Trump, noto per il suo spirito diplomatico, che ha subito gridato al colpo di stato dei giudici. Tuttavia le parole più gravi sono state pronunciate dai suoi consiglieri. Si legga quanto segue.
“ ‘Non spetta ai non eletti decidere come affrontare adeguatamente un’emergenza nazionale’. [Così] Kevin Hasset e Peter Navarro, due dei più importanti consiglieri del presidente, [che] hanno cercato di minimizzare la portata della decisione e assicurato che Trump ha varie opzioni a disposizione” (***).
Affermare – perché questa è la terribile sostanza della dottrina Hasset-Navarro – che l’ultima parola spetti sempre agli eletti dal popolo, quindi al potere politico, significa consegnare il potere a qualsiasi potere, anche il più tirannico, purché eletto dal popolo.
Il che implica, come accade nello stato totalitario, l’azzeramento del principio della separazione dei poteri, principio liberale per eccellenza. Dal momento che il potere giudiziario è ricondotto nello stretto alveo del potere esecutivo.
Pertanto qui non sono in gioco solo i dazi, ma qualcosa di molto più importante. La libertà di rivolgersi al giudice per ottenere giustizia.
Che poi i magistrati, in quando esseri umani, siano imperfetti, come del resto ogni altra istituzione umana, non significa che debba essere negata la libertà dei singoli di adire a tribunali indipendenti. Trump invece ragiona come un capo tribù, tutto è dentro la tribù, nulla è fuori della tribù. E i suoi consiglieri non sono da meno.
Sono meccanismi politici pre-liberali, che in ultima istanza rinviano a un arcaico principio che dalla tribù è stato trasposto allo stato. Cioè che lo stato è tutto, l’individuo nulla. Un assioma politico che di liberale non ha proprio nulla. Anzi, ne è l’esatto contrario. E di conseguenza viene sempre invocato dai nemici dello stato di diritto liberale. Come Trump.
Resta vero, come talvolta si nota, che per un attimo vi si scorge una scintilla di modernità. In particolare quando si fa appello alla sovranità dell’elettore. Ma solo per un attimo, perché una volta eletto sarà il capo a decidere tutto.
O se si preferisce il capotribù. Nel nostro caso Trump.
Carlo Gambescia
(*) Qui tutti i particolari: https://caselaw.findlaw.com/court/us-federal-circuit/1293305.html .
(**) Qui: https://www.cit.uscourts.gov/ .
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