Se i giudici vogliono governare si candidino”, così ieri Giorgia Meloni.
Giorni fa si era espresso così anche un “tassinaro”, acuto politologo, evidentemente: “A Dotto’, qui ce vole ordine, basta co’ tutti ‘sti stranieri che rubbbano e ammazzano. E i giudici che li assorvono? So’ de sinistra, un partito”.
Non c’è da ridere. Perché Giorgia Meloni, esprimendosi così intercetta tutto l’odio popolare, misto a timore, che non risale solo alle interessate campagne politiche di Berlusconi contro i giudici. Ma rinvia a un radicato rapporto di sfiducia, non sempre ingiustificato, nei riguardi della giustizia.
Un clima, che serpeggia, e non da oggi, nelle aule dei tribunali, contagiando uscieri, cancellieri e avvocati. E che spiega lo sviluppo, soprattutto dopo l’Unità, nel Sud, più arretrato ed estraneo alla cultura del moderno stato di diritto, di organizzazioni parallele, una sorta di corti di giustizia criminali “fai da te”, come la mafia e la camorra.
Non potendo farsi giustizia, né ottenendola, ci si rivolge al crimine: la società è auto-organizzazione. Legge degli sbocchi: ogni offerta trova la sua domanda, anche di giustizia. Ovviamente evolvendo e specializzandosi, al passo con i tempi. Gli storici della mafia hanno ricostruito, la sua evoluzione nel secondo dopoguerra: da fenomeno contadino a fenomeno industriale e post-industriale.
Nel resto d’Italia dove è mancata la reazione mafiosa si è invece registrata la prevalenza della rassegnazione e (quando e se possibile) della corruzione. Un disastro (*).
Insomma questo per dire che il rapporto degli italiani con i giudici è governato dalla sfiducia (**). Si considerano i magistrati – regalino politico di Berlusconi, ma non solo... – come un partito di sinistra. Curiosamente, durante il fascismo si scorgeva nel giudice un alleato del potere, dopo di che, soprattutto all’indomani del Sessantotto, una specie di contropotere.
Il che conduce direttamente al “si candidino” evocato da Giorgia Meloni, militante di un partito, il Movimento Sociale, che ha sempre visto nei giudici, anticipando il Cavaliere, dei persecutori di sinistra, se non addirittura, come si legge tuttora sul “Secolo d’Italia”, fiancheggiatori dell' "eversione rossa".
Il combinato disposto tra il complottismo della destra e la
sfiducia della gente comune spiega perché il tassista si trovi in
perfetta sintonia con l’analfabetismo istituzionale di Giorgia Meloni (
e viceversa), di derivazione antiliberale, quindi nemico dello
stato di diritto e della divisione dei poteri. Per il “popolo” il
liberalismo è tuttora un lusso. E Giorgia Meloni, “facilita” l'idea che la giustizia non debba mai essere neutrale, indipendente, autonoma (si scelga il termine che più piace) come nello stato liberale, ma di partito. Cioè attacca un'idea regolativa. All'insegna di una specie di panpartitismo getta via il bambino liberale con l'acqua sporca dei burocratismi, degli errori, e magari anche dei casi di corruzione.
E con il tassista concordano tanti altri elettori della Meloni. Non ci si rende conto che il “partito dei giudici” è un' invenzione della destra per favorire la vittimizzazione politica che porta voti. E asservire il sistema giudiziario ai voleri del governo. Come durante il fascismo.
Si noti, come in questi giorni, per evitare di essere messa con le spalle al muro, per aver favorito la fuga di un torturatore di migranti, Giorgia Meloni ha pilotato la discussione, senza che l’opposizione se ne accorgesse più di tanto, sul “partito” dei giudici. Che, come asserisce, da analfabeta istituzionale, proprio perché partito, deve sottoporsi al voto del popolo.
Si dirà che è solo un battuta polemica. Bah… La cultura della destra è per Dna contraria allo stato di diritto. Dietro il "si candidino" c'è una visione del mondo. E comunque sia, si tratta di una colossale presa in giro dell’elettore.
Nel 1992-1993, il Movimento Sociale, di cui allora la Meloni era militante, difese i giudici milanesi, perché, si diceva, che erano dalla parte del popolo. All’epoca si trattava di distruggere l’odiato sistema dei partiti. Oggi è sotto tiro quello giudiziario, tramutato in nemico del popolo, perché disturba gli stessi manovratori che trent'anni fa, come si diceva, dovevano invece essere messi in prigione, evocando addirittura la presunzione di colpevolezza per ogni uomo politico appena chiacchierato.
Ecco, pensando a quel tassista, sarebbe bello, oltre che utile, che il “popolo” capisse che Giorgia Meloni lo mena per il naso.
Però la vediamo dura.
Carlo Gambescia
(*) Sullo stato della giustizia in Italia rinviamo al Report annuale del World Justice Projet – Rule of Law index. La “culla del diritto” è al 32 posto (su 142), Costarica, Malta e Cipro sono prima dell’Italia: https://worldjusticeproject.org/rule-of-law-index/global .
(**) Si veda qui (2021, p. 3): https://www.istat.it/it/files/2022/05/Fiducia-cittadini-istituzioni2021.pdf. In pratica un italiano su due non si fida della magistratura.