venerdì 3 marzo 2023

Inchiesta di Bergamo, un popolo di Tafazzi

 


A differenza del mondo anglofono, dove si giudica in base ai precedenti e al principio di equità ( inteso come il fare giustizia nel caso singolo), il magistrato nell’ordinamento italiano deve limitarsi ad applicare la legge. I margini decisionali, seppure di fatto non manchino come vedremo, rinviano, soprattutto quando inizia un’indagine, alle norme di legge  violate. Insomma ai codici,  al diritto positivo.

Qui però, per dirla alla buona, cade l’asino, perché a differenza del magistrato anglofono (soprattutto statunitense), che gode, addirittura istituzionalmente, di una discrezionalità superiore (legata al principio di equità), in Italia, l’obbligatorietà dell’azione penale, si risolve in un’obbligatorietà formale, perché, la discrezionalità del magistrato nel gestire la cosiddetta notitia criminis è addirittura superiore a quella di un magistrato nordamericano. Pertanto, in Italia, l’obbligatorietà dell’azione penale resta legata a criteri ideologici, se non addirittura partitici, o se si preferisce alle simpatie politiche del giudice.

In sintesi: negli Stati Uniti, le simpatie politiche di un giudice sono portate alle luce del sole e giudicate per tali, in Italia, invece le si nasconde dietro un’obbligatorietà da burletta, se ci si perdona l’espressione irrispettosa.

Il lettore, ora prenda fiato, perché siamo finalmente giunti al punto: l’inchiesta di Bergamo sull’ epidemia di Covid, pardon pandemia. Qual è la tesi accusatoria dei pm? Che, come si legge,

«nonostante l’impennata dei contagi tra la fine di febbraio e i primi giorni di marzo e lo scenario “catastrofico” acclarato, non fu istituita alcuna zona rossa ad Alzano Lombardo e Nembro, per altro già pronti a ‘isolarsi’ per evitare di dover contare oltre 4 mila morti di Covid. E non fu applicato il piano influenzale pandemico, pur risalente al 2006: mancanza che ha comportato una catena di ritardi e omissioni che avrebbero poi determinato la “diffusione incontrollata” del virus» (*).

Come anticipato, si è violata una norma: “non fu applicato il piano influenzale pandemico del 2006”. Insomma, secondo la magistratura bergamasca si doveva chiudere tutto, a colpi di zone rosse, almeno dieci giorni prima.

Desideriamo sommessamente ricordare che, il 9 marzo, quando il governo giallo-rosso, presieduto da Giuseppe Conte, decise il black out , estendendo misure locali, gravemente lesive della libertà personale dei cittadini, contenute nel DPCM dell’8 marzo, a tutto il territorio nazionale, i positivi assommavamo a 7.895 unità e i decessi a 463. Venti giorni dopo, il 29 marzo, nonostante le misure di contenimento, i positivi ammontavano a 73.880 unità, i decessi a 10.779 unità (*).

Come mostrano, le statistiche, l’epidemia, pardon la pandemia, ha poi seguito il suo naturale corso nel biennio successivo, con alti e bassi, tipici del contagio influenzale. Nell’ottobre del 2022, quasi tre anni dopo, al momento della sospensione della pubblicazione dei bollettini giornalieri (28 ottobre) – parliamo sempre, come sopra, di totali – i positivi assommavamo a 475.906 unità, i decessi a 179.025.

Ovviamente, come tutti i dati statistici, anche questi possono essere interpretati. I giudici di Bergamo hanno dato un’ interpretazione restrittiva: se si fosse intervenuti dieci giorni prima, eccetera, eccetera. Per contro  il governo dell’epoca  risponderà di aver fatto tutto il possibile, e che gli stessi dati vanno interpretati, in chiave estensiva, come una battaglia vittoriosa, contro il “morbo” eccetera, eccetera.

Prima osservazione. La ragione del contendere, tra magistratura e politica, non è rappresentata dalle gravissime lesioni inferte alle libertà degli italiani, a causa di un approccio isterico e statalista all’epidemia, pardon pandemia, ma dal fatto che il giro di vite doveva essere ancora più duro.

Seconda osservazione. Perché proprio ora “questa” obbligatorietà dell’azione penale? Per alcuni osservatori si vogliono colpire personalità “apicali”, come si dice, del governo giallo-rosso di allora. Quindi dietro l’inchiesta si nasconderebbero simpatie politiche per la destra oggi al governo. Per altri osservatori l’obiettivo, neppure tanto nascosto, sarebbe quello della Sanità lombarda, tuttora nelle mani delle destra. Pertanto dietro l’inchiesta si celerebbero simpatie per la sinistra.

Comunque sia, così vanno le cose in Italia. I giudici invece di preoccuparsi delle libertà calpestate durante l’epidemia, pardon pandemia, giocano a monopoli con la libertà degli italiani. E cosa, ancora più grave – stando almeno ai giornali e ai dibattiti in rete – gli italiani sono in larga misura dalla parte dei giudici: il giro di vite doveva essere ancora più duro.

Un popolo di Tafazzi. Che malinconia

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2023/03/02/inchiesta-covid-i-pm-di-bergamo-la-zona-rossa-avrebbe-evitato-morte-di-4mila-persone_38f0f08a-92a7-422c-86c5-676da572d406.html .
(**) Sul punto “statistico”, oltre ai dati ufficiali, consultabili qui:  https://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/archivioMonitoraggiNuovoCoronavirus.jsp , rinviamo al nostro Metapolitica del Coronavirus: https://www.lafeltrinelli.it/metapolitica-del-coronavirus-diario-pubblico-libro-carlo-gambescia/e/9788876068287 .

Nessun commento: