giovedì 23 febbraio 2023

Ucraina. Berlusconi e Travaglio come due vecchi amici…

 


Quando politica e cultura prendono strade separate, ne accadono purtroppo di tutti i colori.

Facciamo subito un esempio. Berlusconi ha parlato male di Zelensky e il Presidente ucraino ha risposto per le rime.  Per quanto duro, si è trattato  di uno scambio di opinioni politiche. Subito in Italia, i filorussi, tra i quali molti avversari politici del Cavaliere come Travaglio, lo hanno difeso, pur di attaccare Zelensky.

Berlusconi, il nemico principale, culturalmente parlando, della sinistra giustizialista, oggi vicina a Mosca, è diventato un amico  politico.  Anzi un vecchio amico…

Si è di colpo passati dalla critica culturale (l’odiato berlusconismo) alla difesa politica ( contro il guerrafondaio Zelensky). Come se nulla fosse. Perché?

Presto detto. Se in Italia, tutti condividessero (anche a grandi linee e con sfumature per carità) una cultura di tipo liberale, certe cose non accadrebbero. Perché Berlusconi resterebbe zitto (come può un liberale stare dalla parte dell’autocrazia moscovita?), e Travaglio pure (come può un liberale attaccare Zelensky, aggredito da un reazionario come Putin?).

Perciò l’assenza di una cultura liberale conduce a questo tipo di divisioni. Che, ovviamente, hanno conseguenze sociali. Dal momento che l’uomo comune, privo di saldi esempi liberali, sul piano del discorso pubblico, finisce, culturalmente parlando, per concentrarsi, come scrisse profeticamente il grande Guicciardini, sul “particulare”. Avendo pure a portata di mano, come ben sapeva anche Machiavelli, quell’antica cultura sociale del “Franza o Spagna, purché se magna!”.

Non diciamo nulla di nuovo. Esiste in argomento una nutrita letteratura. Insomma, senza un cambio di marcia culturale, nel senso di una socializzazione diffusa (per parlare difficile) della cultura liberale, un episodio, come quello che vede Travaglio e Berlusconi darsi la mano, selfandosi idealmente, sotto la gigantografia di Putin, non può che ripetersi nel tempo. Provocando ogni volta scompiglio tra la pubblica opinione e soprattutto tra la gente comune: quella che ogni tanto butta un occhio distratto sulla politica, prontissima però a credere, perché conviene dal punto di vista del “particulare”, al primo arruffapopoli pacifista.

Ciò purtroppo accade perché non esistono posizioni culturali condivise. E di conseguenza il liberalismo viene considerato una specie di ideologia a singhiozzo.

Per fare un esempio, la cultura dello stato di diritto, tipicamente liberale, non va vista come un risorsa occasionale da impiegare in base alle circostanze contro i nemici del momento: sicché ciò che vale per Tizio, non vale per Caio, e così via, contraddicendosi. Come pure, altro esempio, quando si fa parte, per storia e tradizioni, di una Comunità Atlantica, che condivide valori liberali, non si può sposare la causa di una autocrazia come quella russa.

Insomma esistono confini, dettati da convinzioni culturali condivise, in questo caso di natura liberale, che non possono essere superati. Altrimenti non esiste più alcuna differenza, per l’appunto culturale, tra dittatura e liberal-democrazia. Un confine che una volta venuto meno non può non favorire quel “Franza o Spagna” di cui sopra. Che, a sua volta, sorregge quel pacifismo, del “Perché morire per Kiev?”, che, chiusura del cerchio, fa il gioco di Mosca.

Non ci si dica che è anche colpa di Kiev e che la Russia non ha tutti i torti, eccetera, eccetera. Quando il saggio indica la luna, lo sciocco guarda il dito. Perciò, fuor di metafora, non si guardi il dito del doppiopesismo politico, ma la luna della cultura liberale. Lì è il nostro problema.

Carlo Gambescia

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