giovedì 19 dicembre 2019

Trump e Salvini contro lo stato di diritto
Governo dei prepotenti o delle leggi?

Il Congresso, a maggioranza democratica,  ha votato per l’impeachment di Trump, accusato di   aver brigato con una potenza straniera e intralciato in patria  le indagini al riguardo, abusando  dei suoi poteri.  Il Senato, a maggioranza repubblicana probabilmente lo respingerà. Però l’ultima parola deve essere ancora detta 
In Italia si vuole invece processare Salvini, sempre  per abuso di potere nella vicenda  delle nave Gregoretti: una brutta storia  che vide,  secondo il Tribunale dei Ministri di Catania,  il sequestro per alcuni giorni  dei 131 migranti a bordo. La Giunta  per le immunità del Senato dovrà decidere la “processabilità” di Salvini.  L'esito dipenderà dalla maggioranza salviniana o antisaliviniana che  si formerà al  momento del voto.

Trump e Salvini  sono  due estremisti privi di qualsiasi senso delle istituzioni e quel che è peggio  sempre  pronti a trasformarle in “mazze ferrate” per  colpire i  nemici politici.  Di qui, l’importanza  - e la fortuna -    di  una magistratura, come  negli Stati Uniti e in Italia,  capace di indagare  liberamente per  evitare che al governo delle leggi si sostituisca il governo degli uomini, per giunta prepotenti.  
Certo, anche i giudici hanno  idee politiche. Ma non sono politici di professione. Esiste perciò nei magistrati  una riserva mentale, oltre che legale,  di neutralità.  Riserva che deriva dall’appartenenza a un corpo sociale che fa della propria indipendenza un dovere istituzionale ( e costituzionale, almeno nel diritto liberale).    
Ciò significa che se la magistratura fosse completamente sottomessa alla politica, e in particolare al potere di un capo prepotente, come pretendono Trump e Salvini, e prima ancora Hitler e Mussolini,  non esisterebbero più ostacoli all'amministrazione  autocratica di una giustizia ridotta a tentacolo del potere politico.
Pertanto il voto politico sulla “processabilità”  di Trump e Salvini può essere visto, in chiave realistica,  come l’ultima parola del potere politico nei riguardi del potere giudiziario: del governo degli uomini rispetto al governo delle leggi.  
Si rifletta però su un punto.  Sotto l'aspetto obiettivo,  ci troviamo davanti a due corpi sociali - politica e magistratura  -   in  conflitto.  E di quale conflitto si tratta?  Di  quello fisiologico  tra  logica  politica del diritto e  logica giuridica della politica.  Ovviamente  con manipolazioni, sull’uno e l’altro lato, di tipo criptopolitico. Purtroppo  gli scivolamenti nel  patologico della dinamica  sociale non vanno mai esclusi.  
Però la vera questione è che personaggi come Salvini e Trump aspirano addirittura all’eliminazione della dialettica in quanto tale, insomma del conflitto fisiologico.  A che scopo?  Ricondurre il diritto nell’alveo esclusivo  della ragione politica.    

In realtà,  tra le due possibilità "logiche"  (ragione politica e ragione giuridica)   resta  sempre preferibile la seconda:  quella della riconduzione, per quanto sempre tendenziale e conflittuale( fisiologicamente conflittuale), della politica nell’alveo del diritto. E  per un semplice motivo: la ragione giuridica,  pur avendo nei suoi aspetti esecutivi necessità  della forza, in ultima istanza, non è mai costitutivamente solo forza, come invece  nel caso della ragione  politica.
Si dirà che quanto fin qui esposto   è solo teoria sociologica, e che nei fatti i giudici si comportano politicamente, anzi criptopoliticamente.  Il che può essere vero, sebbene solo  in parte.  Perché ripetiamo  sono differenti i presupposti delle due logiche, politica e  giuridica.
Il che significa, in parole povere, che dal governo di potenziali autocrati  politici come Trump e Salvini solo un giudice ci può salvare.   
Su questo dovrebbero riflettere i  politici chiamati a pronunciarsi  negli Stati Uniti e in Italia, non pro o contro Trump e Salvini,  ma pro o contro  il governo delle leggi.  O se si preferisce,  pro o contro lo stato di diritto. Che protegge tutti -  politici, giudici e cittadini -   dagli autocrati. Vecchi e nuovi.  

Carlo Gambescia