domenica 29 dicembre 2019

Moltiplicazione delle poltrone
Magari si trattasse  solo di questo…


Sulla sostituzione del Ministro Fioramonti con due Ministri,  Azzolina e Manfredi,  la destra ha subito rinfacciato  l’incoerenza di chi vuole tagliare le  famigerate “poltrone”, e invece eccetera, eccetera.
Certo, il giochino delle poltrone è evidente. Al posto di  un Ministro in quota Cinque Stelle, se ne sono salomonicamente messi due  in quota Cinque Stelle e Partito democratico. La trovata è quella di dividere il Ministero della Pubblica Istruzione (o  Scuola)  da quello dell’Università. E così non scontentare nessuno, salvando il  precario equilibro politico del governo in carica.
In realtà  non ci sarebbe  nulla male, perché scuola  e ricerca sono mondi differenti con esigenze diverse.  Quindi l’idea in sé, dal punto di vista organizzativo (e non dei puri risparmi),  avrebbe un suo fondamento.  
Quindi tutto a posto?  No, perché  dietro l’idea organizzativa si nasconde  un’altra idea:  quella di credere nel valore di un sistema di istruzione e ricerca, accentrato e teleguidato dal  ministero (o  dai ministeri).  

C’è però dell’altro. La vera  questione  non è rappresentata dall’illusione dirigista,  ma soprattutto dalla credenza nel valore catartico dell’istruzione e dell’educazione. 
Insomma, il  problema è   nell’attribuzione di  un senso metafisico di redenzione politica e sociale  al possesso di diplomi e titoli. Detto altrimenti, nella falsa  credenza che il titolo  crei il cittadino.  Che istruzione  ed educazione siano la stessa cosa. Che razionalizzazione e libera scelta procedano insieme. 
Un popolo istruito e informato non voterebbe Salvini.  Né avrebbe idolatrato Togliatti, Stalin e  Mussolini. Evidentemente, c’è qualcosa che non funziona  sul piano dell'antropologia sociale:  della percezione delle nozioni e cognizioni collettive.  L’istruzione, che è  razionalizzazione,  si risolve in uno strato di vernice che non ricopre mai completamente la sostanza irrazionale  che cova nell’uomo. 
Sostanza che si può contrastare ( e mai chiave definitiva)  solo con l'autoeducazione che è sempre frutto di libere scelte individuali, legate a intelligenza, sensibilità, eccetera. Doti non comuni, di pochi.  Di qui, le distorsioni cognitive, l’idolatria, eccetera. Distorsioni che sembrano invece caratterizzare la maggioranza degli uomini. Che spesso l'istruzione, come mezza cultura imposta dall'alto e quindi mal digerita,  peggiora. 
Ciò non significa che l’istruzione  sia inutile. Una società aperta ha necessità di figure e qualifiche. Come del resto ricerca e studio sono fattori di progresso. Ci mancherebbe altro.  L’aspetto  pericoloso   è nell’idolatria  dell’istruzione e della ricerca. Idolatria - ecco il punto fondamentale -  che determina quel che può essere definito il circuito distorsivo della aspettative .  
Si ritiene che quanto più lo stato investirà in tale campo, tanto più ci si avvicinerà alla perfezione, al cittadino e al lavoratore perfetti.  Di conseguenza, ogni taglio agli investimenti sociali in tale ambito, viene vissuto dagli elettori come un taglio al proprio futuro. Di qui, da parte degli eletti,  promesse, deficit, tasse, accorpamenti, eccetera.  

Insomma, siamo davanti a un nodo  che può essere sciolto solo diminuendo le aspettative antropologiche e privatizzando i sistemi di istruzione e ricerca.  Ovviamente, senza sconvolgere il ciclo pubblico della scuola primaria.
Misure radicali.  Che i partiti di destra e sinistra difficilmente possono approvare, perché la politica, sembra ormai reggersi solo sullo scontro tra idolatrie contrapposte. O meglio,  come avrebbe detto Pareto, sembra fondarsi non sul massimo di utilità per una collettività, quindi sugli effetti riequilibranti  della  mano invisibile degli interessi individuali, ma sul  massimo di utilità  di  una collettività, concepito dall’alto, da uomini che si ritengono  illuminati, e perciò presuntuosamente convinti  di sapere  cosa sia bene per ogni singolo cittadino. Una mostruosità sociologica.
Di qui però, poiché le risorse sono  limitate proprio perché tali, l’illusoria  promessa di  moltiplicare  pani, pesci e  ministeri…


Carlo Gambescia