sabato 14 dicembre 2019

Dalla crisi della Repubblica romana alla crisi dell'Unione europea
Corsi e ricorsi?


La crisi europea impone alcune riflessioni  di tipo storico-sociologico.  Corsi e ricorsi? Giudichi il lettore.
Partiamo dai fatti.  Boris Johnson ha vinto. Ma  in fondo la Gran Bretagna, storicamente parlando, si è sempre tenuta fuori dall’Europa. Non è una novità, errori politici di Cameron a parte (come il famoso referendum), mentre  Johnson, con il suo stile privo o scrupoli  politici lo è, perché, rispetto alla democrazia liberale, rappresenta un fatto nuovo, o quasi. Ma andiamo avanti.
Negli  Stati Uniti, forse riusciranno a liberarsi di Trump, portandolo davanti ai giudici, ma non del trumpismo.  In Francia, Macron è in sofferenza, e le prossime presidenziali potrebbero incoronare Marine Le Pen, dietro la quale si agitano  tutti i fantasmi del fascismo  e del razzismo.  In Germania, dove la  Merkel  probabilmente passerà la  mano, crescono i piccoli mostri neonazisti. La Spagna sembra come  paralizzata dinanzi    all'avanzata  di   una   destra dura e pura  che rischia di fare un solo boccone dei Corbyn castigliani.   L’Italia corre   dietro a un populismo che sembra contagiare tutti i partiti, dimentichi -. pare - che  il  Bel Paese inventò il fascismo.
Ecco il quadro politico.  E gli  elettori? Sognano il liberalismo  inteso però  in modo contraddittorio: come farsi i fatti propri non rinunciando a nessuna conquista welfarista.  Per dirla brutalmente:  gli elettori, soprattutto in Europa occidentale,  vogliono pensioni e  stipendi alti senza sforzo, senza competizione. La lancetta della sicurezza sociale si è spostata verso l’alto. E qui si può proporre un  raffronto storico.  
Se nella Roma repubblicana,  fino a quando le legioni  riuscirono vincitrici nelle guerre politiche (guerre guerre), si redistribuì,  depredando gli sconfitti (largheggiando  in  terre e denari con i  reduci  e in  grano e giochi con le plebi),  oggi, nell'Europa dell'Unione europea,  si chiede la sicurezza totale dalla culla alla tomba senza curarsi della provenienza dei denari. Insomma, senza interrogarsi sull'importanza  delle battaglie economiche: dell'unica formula capace di garantire attraverso la libera concorrenza  la crescita economica:  unica fonte per poter redistribuire, senza ricorrere a una pressione fiscale asfissiante. Detto altrimenti:  siamo dinanzi a un fondamentale principio welfarista, quello redistributivo. 
La Repubblica romana non scherzava, la pressione fiscale durante le guerre puniche fu  altissima, ma furono altrettanto  elevati i successivi  dividendi politici. Il cittadino romano sapeva e appoggiava. E quelle erano guerre politiche, guerre vere, come le  grandi guerre novecentesche.
Invece,  il cittadino  europeo-occidentale  finge di non sapere.  E non vuole  sentir  parlare di  guerre, non solo politiche ed economiche, ma neppure di normalissima meritocrazia e altrettanto normale e pacifica competizione sociale ed economica.
Di qui,  l’ascesa  dei nuovi tribuni della plebe, dei  nuovi Tiberio e Caio  Gracco:   Trump,  Johnson, Le Pen, Salvini,  eccetera,  Che però  non possono evocare  alcun passato tributo di sangue, ma solo presunti diritti sociali, ovviamente circoscritti in chiave etnica. Perciò, senza neppure mostrare  la furbizia politica  dell’ aristocrazia senatoria  romana,  la parte più moderata,  capace di  usare in modo elastico l’estensione della cittadinanza.
Ecco la situazione di oggi. Il lettore  si diverta a sostituire e aggiornare i nomi...
Una plebe senza principi,  solo diritti e niente doveri, capeggiata, da tribuni privi di scrupoli, abilissimi nel suscitare i lati oscuri e peggiori delle folle. Un mix sociale di demagogia e violenza  al quale inevitabilmente finirà per opporsi  qualche nuovo Silla, presunto difensore dei diritti del Senato. Ne  potrebbe seguire una guerra civile tra generali economico-sociali.  Fino all’arrivo,  di un nuovo Cesare.  Che potrebbe durare più a lungo… Anche perché tra l' Europa di Roma e l'Europa di  Bruxelles c'è di mezzo, come punto di discrimine politico, il Novecento totalitario.
Altro che  le riforme, pur incisive, di  Augusto...        


Carlo Gambescia